Terra di foreste impenetrabili, il verde Gabon venne abitato dalla notte dei tempi da popolazioni che riuscirono ad adattarsi a vivere in simbiosi con la natura circostante, potenzialmente ostile ed inospitale, ma che seppero trasformare in un’alleata per la loro stessa sopravvivenza e sussistenza, imparandone a conoscere i segreti più profondi, i pericoli e le potenzialità, in un perfetto equilibrio di integrazione, difesa, rispetto e sfruttamento delle risorse.
Tra i popoli più antichi che si spinsero a vivere all’interno delle zone più remote del Gabon furono i pigmei Babong e i gruppi di origine bantu dei Fang e dei Mitsogo.
Antichi popoli di cacciatori, pescatori e raccoglitori, hanno sviluppato una particolare spiritualità incentrata sulla natura, che ruota attorno alla padronanza delle proprietà alimentari e terapeutiche delle piante, in particolare del “legno sacro”, la pianta allucinogena endemica dell’iboga.
Oggi particolarmente diffuso tra i Fang, il cerimoniale chiamato Bwiti, origina dalle approfondite conoscenze di quello che è per antonomasia il popolo della foresta, i pigmei Babomgo, che molto probabilmente furono i primi a migrare nel Gabon centrale forestiero. Successivamente, l’utilizzo e le proprietà dell’iboga vennero condivise e trasmesse ai vicini popoli bantu.
Il Bwiti è una complessa ritualità iniziatica che affonda le sue radici nell’animismo, nella venerazione degli spiriti della foresta e del regno dei defunti, combinandosi in sincretismo, in tempi relativamente recenti, con elementi della liturgia cristiana.
Molto complessa è anche la suddivisione architettonica degli spazi interni del tempio tradizionale bwiti, così come lo sono le cerimonie che prevedono svariati livelli di conoscenza nell’utilizzo della pianta e diversi gradi di esperienza verso i suoi effetti.
Utilizzata nei riti di passaggio dall’età infantile all’età adulta, nelle pratiche di guarigione simili allo sciamanesimo e nell’investitura di chiunque voglia diventare un nganga (sacerdote/guaritore), il suo potere si incentra sugli effetti allucinogeni, quale chiave di accesso alle porte extra-sensoriali della psiche. Gli adepti iniziati o i malati, vengono letteralmente mandati in un’overdose controllata dai sacerdoti, con dosi più o meno massicce di iboga e per diversi giorni, a seconda dello scopo del bwiti. Una vera e propria trance da allucinazione, un pre-coma fisico, quale atto purificatore catartico e di comunicazione con il proprio inconscio, alla ricerca del “punto di rottura” che ha generato il malessere, o quale ascesi alla “luce”, alle verità ultraterrene del regno dell’invisibile.
Assistere a un bwiti, al limitare della foresta, in un villaggio tradizionale avvolto dall’oscurità e dai rumori della natura più selvaggia, alla sola luce del fuoco che illumina il piccolo convento e i volti dipinti di caolino bianco degli adepti, è una delle esperienze più suggestive che il Gabon possa offrire. Un incontro forte e particolarmente toccante, con antiche tradizioni ancestrali e ritualità “altre”, il cui fine ultimo è comune a tutta l’umanità, la ricerca del bene e della verità suprema.
Assolutamente da non perdere.