Foto © L.F. Paoluzzi
Il fiume Niger con i suoi 4200 km è il terzo fiume più lungo di tutto il Continente Africano, che nasce in Guinea dai monti del Fouta Djalon, attraversa il Mali, il Niger, il Benin e la Nigeria e finisce la sua corsa nell’Oceano Atlantico. In Mali il Niger, è emblema di vita, unica fonte idrica del paese, senza la quale non vi sarebbe sopravvivenza.
L’importanza riservata al fiume, comincia dalla poetica toponimia a lui dedicata, che prevede nomi differenti a seconda delle zone che bagna. A Ségou diventa Djolibà, il “sangue che scorre nelle vene”; tra Mopti e Niafunké il suo corso si apre nel Lago Debo, che in lingua peulh significa “grembo materno”; a Gao viene chiamato Issabere, la “grande madre di tutte le acque”. Dispensatrice di vita, dunque, la sua lunga vena irrora il Mali per 1700 km, rendendo fertili delle terre altrimenti aride, fornendo energia idroelettrica, itticoltura e costituendo un’importante via commerciale. Lungo le sue rive si coltivano riso, miglio, canna da zucchero, mais, cotone, sorgo e ortaggi. Si pesca l’ottimo pesce capitaine o le carpe.
Si porta il bestiame all’abbeveraggio o si raccoglie l’acqua nelle giare. Si fabbricano i mattoni di argilla o si tingono i tessuti con la preziosa ocra del suo letto. E si trasportano le merci, in un continuo baratto di materie prime tra il nord e il sud del paese. È il fulcro attorno a cui ruota l’intera vita sociale, culturale ed economia del paese, nonché la sua storia. Bamako, Segou, Mopti, Niafounké, Timbuktu, Gao e anche Djenné che sorge su un’isola dell’affluente Bani, non sarebbero mai sorte se non fosse esistito il Niger ad innaffiarne le radici anche in pieno deserto, facendo germogliare importanti imperi, regni, civiltà che hanno fatto grande la storia del Mali, permettendo che si stanziasse l’attuale variopinto mosaico di culture maliane.
Anche quando il livello dell’acqua è molto basso, è possibile percorrerlo con delle piccole piroghe o con le caratteristiche pinasse, imbarcazione di legno particolarmente capienti, fabbricate nei cantieri dei principali porti fluviali del paese, da esperte maestranze che si tramandano il mestiere di generazione in generazione. Un’avventura unica è risalirlo con una di queste imbarcazioni, attraversando villaggi artigianali nei dintorni dell’alberata cittadina coloniale di Segou, patria dei manufatti in terracotta, lasciando placidamente sfilare i piccoli minareti di fango dei villaggi di pescatori Bozo che ne movimentano le argentee rive tra Mopti e Niafunké, osservando i silenziosi ippopotami che colonizzano le lingue di sabbia del Lago Debo, o sostando nei trafficati imbarcaderi di Korioume, che serve la leggendaria Timbuktu, e della suggestiva isola di Djenné, circondata dalle acque del Bani, giungendo fino al pittoresco porto mercantile di Mopti. Chiamata la “Venezia del Mali”, Mopti sorge nel punto di confluenza tra il Niger e il suo affluente Bani, dando luogo a uno snodo commerciale di vitale importanza. E’ l’incontro tra le vie navigabili che provengono da nord e quelle che arrivano dal sud, che dà luogo al porto più movimentato del Mali e al mercato fluviale più trafficato del paese. Circondato da verdi risaie, il suo agglomerato urbano è abitato in prevalenza da commercianti Songhai o Tuareg, agricoltori Bambara, pescatori Bozo e Somono, allevatori Peulh e naturopati Dogon. Un crocevia di genti che rende decisamente affascinante Mopti, tra mercanzie di tutti i tipi, dalle lastre di sale provenienti dal nord desertico, alle tonnellate di pesce essiccato, dai dromedari destinati ai mercati del sud, alla legna da ardere, il carbone e le verdure per le genti del nord. Ovunque un tripudio di tessuti colorati e di orecchini d’oro, chiamati kwoteani kanye, tipico ornamento delle belle donne Peulh, dalle labbra tatuate di nero.
Ma il Niger è anche la più grande fonte d’ispirazione per i musicisti maliani, del calibro di Ali Farka Touré, che compose le proprie sonorità blues, contemplando i paesaggi fluviali dalle sfumature argentee, ocra e verde smeraldo, fino alle macchie vivaci delle piroghe tradizionali e lo scintillio delle loro reti da pesca, mentre placide sfilano davanti a gruppi di donne che fanno il bucato cantando e lavando i propri bambini, tra il lento scorrere delle acque.