Antico centro tessile e porto di avorio e schiavi, Inhambane accoglie oggi le atmosfere di una tipica cittadina mozambicana, in cui riaffiora silenzioso il suo storico passato di scalo commerciale per i mercanti arabi e successivamente, avamposto strategico portoghese.
La sonnolenta cittadina è una delle più affascinanti del Mozambico, le cui molteplici influenze culturali riportano anche agli echi lontani della via delle Indie. Ma la sua fama odierna è legata soprattutto alla sua posizione geografica che domina una delle baie più spettacolari dell’Oceano Indiano, tra distese immense di spiagge bianche, grovigli acquatici di mangrovie, foreste di palme da cocco e uno dei fondali più variopinti del litorale mozambicano, che attira ogni anno migliaia di visitatori da tutto il mondo.
Se Inhambane rimane sospesa nella sua decadenza di antico insediamento coloniale, il villaggio di Tofo esplode di vita festosa, di strutture ricettive e di un viavai di gente pronta a scoprire, con maschera e boccaglio, le sorprendenti ricchezze sottomarine. I dhow e i motoscafi puntellano la baia che pullula di balene megattere, squali balena, dugonghi, delfini, mante e una varietà impressionante di pesci tropicali e uccelli marini, al largo della monumentale barriera corallina.
Risalendo la costa più a nord, fino al piccolo villaggio di Vilankulo, tra le bellissime spiagge dai colori accecanti e l’orizzonte azzurro, appare una delle perle indiscusse del Mozambico, l’Arcipelago e Parco Nazionale di Bazaruto.
Le cinque isole (Bazaruto, Benguerra, Magaruque, Santa Carolina e Bangwe), circondate da banchi di sabbia, proteggono la terraferma dalle correnti del mare aperto, creando un canale di acque cristalline che accoglie uno dei paesaggi marini più spettacolari del paese. L’omonima Isola di Bazaruto, la più grande, e quella di Benguerra, sono caratterizzate da un cordone di dune, simili ad un piccolo deserto in mezzo al mare, mentre la zona sottovento esplode di vegetazione che accoglie famiglie di primati, gazzelle, e colonie di coccodrilli che vivono nei piccoli laghi dell’entroterra, a testimoniare che migliaia di anni fa, queste isole erano unite alla terraferma. Più piccole sono l’Isola di Magaruque e quella di Santa Carolina, chiamata anche “Paradise Island” (un nome, una garanzia!), totalmente disabitata tra le sue rovine di edifici coloniali, mente Bangwe appare come uno sperduto atollo sabbioso in mezzo al mare.
La suggestione visiva principale di queste isole, si concentra nelle incredibili sfumature cromatiche in superficie e quelle dei fondali. Dal giallo dorato delle dune, al verde della fitta vegetazione e delle mangrovie, dal turchese cristallino del bagnasciuga, venato dal bianco candido dei banchi di sabbia che affiorano dai bassi fondali, all’azzurro del mare che sfuma nel blu cobalto all’orizzonte, puntellato dalle vele bianche dei dhow che navigano uno dei mari più pescosi e ricchi di vita di tutto l’Oceano Indiano. Delfini, balene, pesci tropicali, tartarughe, dugonghi, miriadi di fenicotteri e aquile pescatrici, barriere coralline (chiamate “Two Miles Reef”) nelle quali si nasconde una variopinta vita sottomarina.
Un paradiso terrestre e acquatico davanti al quale rimanere incantati e che vale un viaggio in Mozambico.