Yorubaland, un termine che geo-politicamente non esisterebbe, ma che tuttavia individua una vasta regione culturale africana (inclusa Lagos), in cui un solo popolo, gli Yoruba, di circa 40 milioni di individui, vive tra il sud-ovest della Nigeria, ma anche in parte del Benin e del Togo, accomunati dalla stessa lingua, da una stessa storia ed origini, tramandandosi di generazione in generazione, usi, costumi e spiritualità ancestrali, più forti ed identitarie del progresso e delle separazioni geopolitiche, imposte dal colonialismo.
Basta percorrere pochi chilometri a nord e ad ovest dalla megalopoli di Lagos per lasciarsi alle spalle il caos cittadino ed entrare in un mondo di tradizioni antichissime, oasi tropicali impregnate di spiritualità e di divinità Orisha, garanti dell’ordine ancestrale e dell’identità comunitaria, nonché della salvaguardia di aree naturalistiche considerate sacre, altrimenti destinate a sparire.
Siamo nelle terre dell’antico Regno di Ifé, tra piane costiere e foreste tropicali, gallerie di mangrovie ed estuari fluviali, pianori e colline rocciose granitiche che puntellano le fertili vallate dell’interno. Qui si sviluppò l’evoluta civiltà agricola degli Yoruba nel X secolo, regolata politicamente dalla guida dei capi-clan Oba, ancora oggi attivi, oltre che da un variopinto e mistico universo di divinità vudù, talmente caratteristico che si parla di una vera e propria religione yoruba. Basti pensare che molti degli aspetti delle manifestazioni spirituali di questo popolo, sono oggi riconosciuti patrimonio intangibile dell’umanità dall’UNESCO, per rendersi conto di quanto sia ricca la cultura yoruba, i cui echi raggiunsero e si insediarono anche nelle Americhe, attraverso le deportazioni forzate della tratta negriera.
Badagry, Abekouta, Oyo, Osogbo, sono ancora oggi importanti centri, depositari di storia, cultura e tradizioni ancestrali, che si svilupparono nei secoli attorno alla antica città-stato di Ifé, facendo fortuna con la produzione di olio di palma, piantagioni di cacao, gomma arabica, cotone o igname e soprattutto con il commercio di schiavi. Fu Badagry il principale porto sull’Atlantico, che ancora oggi conserva i luoghi-simbolo della triste memoria della schiavitù. Tappe obbligate in una visita introspettiva e toccante di questo luogo storico, sono l’antico mercato degli schiavi, un museo che raccoglie le testimonianze e gli oggetti legati al triste commercio e la porta del non ritorno, che marca il punto esatto da cui vennero imbarcati milioni di individui verso le Americhe, sotto lo sguardo protettivo dell’Orisha Yemoja.
Tra l’Olimpo delle divinità yoruba, i riti ancestrali più suggestivi sono quelli riservati agli Egungun, che rappresentano gli spiriti degli antenati deportati, dalle vorticose movenze e i costumi riccamente decorati, quelli degli Epa legati alla fertilità, o le meravigliose processioni di danzatori Eyo. Un posto particolare è riservato alla dea protettrice e benevola Osun, a cui è dedicata l’ultima foresta primaria della Nigeria a Osogbo, dichiarata Patrimonio UNESCO. Qui, ogni anno in agosto, una cerimonia collettiva le viene consacrata, tra suggestive preghiere, sacrifici e riti vudù. Il Festival di Osun è uno degli eventi più sacri al popolo Yoruba, all’interno della foresta, dove la natura incantata e i numerosi santuari e luoghi di culto, impregnano l’atmosfera di una mistica devozione.
Ricca di storia e misticismo è anche la città di Abekouta, fondata nel XIX secolo dalle popolazioni yoruba del sottogruppo Egba, perseguitate dalle incursioni del Regno di Dahomey e da quelle della vicina Ibadan, oggi una delle metropoli più vaste dello Yorubaland. Circondata di fertili terre e suggestive rocce dalle quali deriva l’etimologia stessa del suo nome, Abekouta si raccolse attorno alla impressionante fortezza naturale e difensiva della Olumo Rock, una splendida roccia di granito che domina la città, investita ancora oggi di sacralità, che la rende meta di pellegrinaggi e sacrifici rituali. La magia che si respira negli anfratti, un tempo abitati, di questo luogo, è accentuata anche dalla magnifica vista sulla città, sull’antica cinta muraria di argilla, e sulle verdi piantagioni di cotone e palma da olio che circondano l’abitato.
Capitale dell’antico Regno Yoruba di Oyo, fu invece la cittadina omonima che venne fondata nel XIX secolo attorno alla corte dell’Alaafin, titolo riservato all’Imperatore locale che governava dall’ancestrale palazzo reale, costruito secondo le tecniche tradizionali e splendidamente decorato di motivi simbolici. Ma la culla storica dello Yorubaland è senza dubbio Ifé, o meglio Ilé-Ifé, la cui fondazione si perde nella notte dei tempi ed è legata alla creazione stessa dell’umanità, secondo la religione yoruba. Pur essendo stata conquistata dall’Oba di Benin City e inglobata nel XV secolo nel Regno Edo del Benin, Ifé rimase il centro spirituale e il luogo più sacro all’intero popolo Yoruba. Antichi santuari vengono qui ancora oggi venerati e sono meta di pellegrinaggi, tra un variopinto gotha di divinità Orisha antichissime, una ritualità ricca di tradizioni ancestrali e corredata da un universo artistico tra i più preziosi dello Yorubaland e dell’Africa intera. Un mondo fantastico di leggende, miti e storia reale, i cui resti tangibili sono riapparsi con i primi scavi archeologici nel corso del XX secolo, condotti dal tedesco Frobenius. Oggetti di estrema raffinatezza, in pietra e terracotta, ottone e rame. Feticci antropomorfi, sculture animali e busti a grandezza naturale, gioielli e maschere, tra cui quella in bronzo del re Obalufon II, capolavoro del XIV secolo, conservato nel museo cittadino. Un campionario artistico impressionante, plasmato con estremo realismo, e con una capacità tecnica come non si era mai visto prima nell’arte arcaica africana, che rendono il Regno di Ifé uno dei più evoluti e raffinati della storia del continente.