Bangui è una città affascinante, per lo scenario naturalistico in cui è inserita e per l’insieme variopinto di culture che accoglie nel suo abitato. Più che una città moderna, appare piuttosto come un agglomerato di quartieri amministrativi, commerciali, residenziali e periferici, questi ultimi più simili a villaggi rurali tradizionali, ciascuno abitato da uno dei numerosi gruppi etnici che compongono il colorato popolo centrafricano.
Incastonata a nord-est dai profili tropicali della verde collina di Gbazaganzi e a sud dalle rive del fiume Oubangui, affluente del Congo, Bangui sembra un orto cittadino, dove è possibile trovare, in pieno centro, campi di mais e appezzamenti coltivati a manioca. Se i popoli agricoli sono distribuiti nei quartieri dell’entroterra e in periferia, i popoli di pescatori hanno costruito i propri insediamenti sulle zone fluviali, mentre gli edifici amministrativi e i quartieri residenziali, moderni e coloniali, si concentrano ai piedi della collina e tra la fitta foresta che domina la cornice panoramica sulle sommità.
Una città che incuriosisce, dove si produce con grande successo la spirulina e le bibite industriali della MOCAF, ma anche dove una vecchia pista di atterraggio è diventata arteria stradale e dove i punti di riferimento (dell’interno paese) vengono siglati balisticamente, partendo dal “PK0” che equivale al centro-città, dove sorge la Piazza dell’Indipendenza. Pertanto, arrivando ad esempio al decentrato, ma caratteristico, mercato di Ouango a 5km da lì, questo viene semplicemente chiamato “PK5” o “5 Kilo”.
I colori e gli scenari caratteristici non mancano a Bangui “la coquette”. L’argenteo fiume con le sue piroghe di pescatori, le scenografiche rapide a est del suo corso cittadino, la collina equatoriale descritta poeticamente da André Gide agli inizi del XX secolo, i mercati movimentati, i venditori ambulanti, i giardini e gli orti, l’andirivieni di genti, piroghe e taxi, gli edifici amministrativi moderni e quelli coloniali, le case tradizionali in periferia; tutto dona alla città un’atmosfera tipicamente africana, più simile a un grande abitato rurale che a una capitale.
Immancabili sono il centro artigianale Beafrik’Art, con esposizioni di arte tradizionale e atelier d’artigianato locale, ma soprattutto il Museo d’Arte e Tradizioni Popolari, ricavato nella storica residenza di Barthelemy Boganda, amato padre della Nazione, che espone interessanti manufatti e oggetti delle tradizioni ancestrali centrafricane, tra cui quelle dei Pigmei Aka e dei Peulh Bororo.
Ma i dintorni di Bangui, regalano le emozioni più forti a contatto con la natura e la tradizione più profonda, dalle escursioni sul fiume, tra i villaggi di pescatori e le fabbriche artigianali di ngouli (distillato di manioca e mais), alle magnifiche cascate di Boali a nord-ovest della capitale, le più imponenti di tutto il paese, che precipitano in un turbinio di vapori e getti, da una cinquantina di metri, lungo il corso del fiume Mbali, tra uno scenario misto di foreste tropicali e savane arboree. Improntando la strada ad ovest che si dirige verso la regione pigmea di Lobaye e di Sangha-Mbaeré, al PK55, potrebbe meritare un alt la fabbrica di estrazione dell’olio di palma e del tradizionale vino artigianale fermentato, mentre, poco più avanti, è assolutamente da visitare il Mausoleo e la Corte Imperiale di Bokassa a Barengo, un luogo surreale, oggi semi-abbandonato e decadente, rimasto in mano ai militari, che svela, con un po’ di immaginazione, quelli che dovevano essere i fasti nel quale visse questa controversa figura dittatoriale, auto-incoronatasi Imperatore, tra lampadari di cristallo, sale d’udienza, stanze private delle mogli e piscine olimpioniche. Basti pensare che questo complesso imperiale, residenziale, militare e amministrativo, è dotato di passaggi segreti sotterranei, per i quali, gli architetti e ingegneri impiegati nella realizzazione, vennero in seguito fatti assassinare dallo stesso Bokassa, per evitare che ne divulgassero la planimetria ad eventuali nemici.