Nel cuore delle regioni di Bayanga e di Sangha Mbaeré, alcuni tratti di foreste impenetrabili sono abitate dai gruppi pigmei degli Aka, dei Bofi e dei Baka. Autoctoni della zona, unici depositari dei segreti della foresta primigenia, continuano oggi a perpetuare il proprio stile di vita ancestrale, a contatto con la natura più selvaggia.
Popolo di raccoglitori e cacciatori semi-nomadi, famosi per la loro piccola taglia, ma anche per le ricchissime tradizioni orali, le danze e i canti polifonici (nominati tra la lista immateriale dell’UNESCO), le loro origini rimangono abbastanza misteriose. Probabilmente migrarono ai tempi degli antichi Regni Egizi dalla Valle del Nilo, insediandosi su queste terre in età preistorica, o comunque molto prima dell’insediamento delle popolazioni bantu. La maggior parte di essi continua a praticare la vita itinerante all’interno della foresta vergine, in simbiosi con la natura e trovando in essa la sussistenza necessaria. Veri depositari millenari dei segreti legati alle proprietà delle piante e al perfetto controllo di un ambiente apparentemente ostile ai più, non di rado i guaritori pigmei vengono interpellati dalle altre popolazioni locali che non hanno accesso facile alle cure della medicina moderna.
Insediatesi in un paesaggio eccezionale per il suo valore ambientale, in un territorio ricoperto di foreste umide equatoriali, rimaste in gran parte vergini, le comunità pigmee praticano la caccia tradizionale di sostentamento, evitando le specie protette che abitano questi polmoni verdi, come gli scimpanzé, i gorilla e i branchi di elefanti. Una grande ricchezza di specie endemiche di piante, caratterizza l’ambiente, di cui i Pigmei conoscono le molteplici proprietà culinarie e medicamentose, compresi gli effetti alteranti di alcune di esse, usate nei riti iniziatici.
Se imprescindibile è quindi la loro guida per districarsi tra i fitti passaggi altrimenti impenetrabili delle foreste, avventurandosi sulle tracce degli animali selvatici e delle varietà ornitologiche, un’esperienza unica è partecipare in loro compagnia a una battuta di caccia tradizionale o ad un’iniziazione conoscitiva sulle piante. Completamente al margine, per tradizione, dal mondo agricolo, dall’allevamento e dalla lavorazione del ferro o dell’argilla, i loro strumenti di caccia sono quanto di più rudimentale possa esserci, fabbricati a base di cortecce, bastoni, pietre e corde di liane, mentre i loro piccoli accampamenti provvisori, sono formati di capanne di frasche intrecciate con grande maestria. Da qui deriva la loro grande abilità nel saper scovare e braccare con pochi mezzi le loro prede. Se gli uomini sono i depositari dei segreti della caccia, spesso sono invece le donne ad essere iniziate alle proprietà terapeutiche ed alimentari delle piante, mentre il componente più anziano del clan, fungerà da autorità superiore del clan e introdurrà alla storia e le leggende orali e cantate del popolo pigmeo.
Soggiornare in uno dei loro accampamenti, significa vivere un’esperienza di ecoturismo più unica che rara, a contatto con tradizioni senza tempo e un ambiente naturale primigenio. Emozionante è osservare i riti purificatori e propiziatori in caso di caccia infruttuosa, con danze e canti ipnotici, intorno ai filetti di liane che servono a colpire le prede. Incredibile è imparare a bere la linfa potabile che sgorga dalla corteccia delle liane umide. Indimenticabile assistere alle loro cerimonie con cori polifonici incantatori, o partecipare alla raccolta delle piante medicamentose e alla loro trasformazione, concludendo con una degustazione di vino di palma appena fermentato e un’arrostita di selvaggina appena cacciata, nel cuore più selvaggio della natura equatoriale.
Tutto questo con le sole risorse che la natura possa offrire e che il savoir-faire secolare di questi popoli sanno sapientemente trasformare in sostentamento alla vita.