Arte tradizionale
La Mauritania rispetto ai paesi limitrofi non possiede una grandissima varietà di arte o artigianato, dal momento che tutta la produzione lignea e bronzea, legata al culto dei feticci, delle maschere e delle sculture totemiche, non esiste più in una terra musulmana e iconoclasta, ormai da troppi secoli. Se le uniche forme di pittura sono riscontrabili nei graffiti e pitture risalenti al paleolitico, ritrovate all’interno di alcune grotte nelle zone desertiche, o nelle colorate decorazioni delle porte di Oualata, l’artigianato si limita a oggetti, seppur di qualità unica, legati soprattutto all’utilitarismo e alla tradizione nomade, o alla cura e bellezza del corpo. Non esiste l’arte plastica o scultorea, al contrario dell’arte orafa e della produzione di tessuti e lavorazione del cuoio che vantano una lunghissima e raffinatissima produzione.
I tessuti, prevalentemente in cotone, sono anche essi legati al senso utilitaristico, pur possedendo un valore intrinseco estetico, che ne fanno una piccola opera d’arte applicata. Si spazia dai tessuti colorati e lavorati dalle donne, destinati alla copertura delle tende khaima, ai bellissimi cotoni cerati colorati con d’indaco, per i “boubou” tradizionali.
I Peulh hanno invece una casta di tessitori chiamata maboub, che producono coperte note con il nome di khasa, fatte di peli di cammello o cotone. Alcune vengono confezionate per i matrimoni e sono molto raffinate e costose. E per finire i bellissimi tappeti (di origine berbera), che assieme ai tessuti ricamati sono sicuramente tra gli esempi più raffinati.
L’arte orafa affidata alla casta dei mallemin consiste soprattutto nella lavorazione di metallo prezioso con la tecnica della filigrana, per ottenere bellissimi pugnali e sciabole, gioielli incastonati di ambra, decorazioni per forzieri o cofanetti porta-gioie.
Ancora oggi in Mauritania sopravvive l’arte delle perle di Kiffa (dal nome della città di cui sono originarie) in pasta di vetro, che le donne mauritane portano in grande quantità, unite a formare lunghe collane.
La lavorazione del cuoio è anch’essa radicata da secoli, non mancando la materia prima, e serviva in origine, oltre che per la fabbricazione di tappeti o coperte, cuscini e bisacce, utili alla vita nomade sotto le khaima, anche per il rivestimento dei bellissimi bauli da viaggio o per gli scrigni porta-gioie, di cui ancora oggi, ogni donna maura deve esser dotata.
Architettura
L’Architettura della Mauritania, essendo un paese di tradizione nomade, si concentra in alcuni esempi molto antichi, nei centri storici delle principali città carovaniere, come Ouadane, Chinguetti, Tichit e Oualata, oppure nei resti archeologici di antiche città berbere nella regione di Atâr. Per lo più costruite con le pietre autoctone della regione, Ouadane, Chinguetti e Tichit, risalgono al medioevo, quando si svilupparono i grandi traffici commerciali carovanieri, divenendo i più importanti centri di cultura islamica, al pari di Timbuktu. Una delle caratteristiche principali di queste antiche architetture almoravidi, è la tipica forma rettangolare dei minareti delle più antiche moschee mauritane, risalenti alla fine dell’XI e XII secolo, nonché l’incredibile articolazione degli spazi interni, con finestre molto basse per permettere all’aria di circolare all’altezza di una persona seduta (in Mauritania non è mai esistita la tradizione delle sedie) e per finire l’incredibile ingegneria militare delle fortezze difensive e del sistema dei pozzi piovani, il bene più prezioso da difendere e nascondere da possibili razzie nemiche. Oualata invece è costruita in argilla e le sue basse casette squadrate hanno la raffinata caratteristica di essere decorate con pitture geometriche o motivi arabeschi sulle facciate esterne e interne ad incorniciare la porta e le finestre.
Musica
La musica tradizionale della Mauritania è per lo più di origine araba, sebbene lungo il suo confine meridionale vi siano influenze Wolof, Tukulor e Bambara. Uno dei musicisti più popolari è Malouma. É conosciuto per essere il fautore del “blues sahariano”. Uno dei pochi altri artisti di fama internazionale del Paese è stato Dimi Mint Abba, scomparso nel 2011. In Mauritania, come nel resto dell’Africa Occidentale, la musica trae origine dalla tradizione dei griots, i cantastorie, depositari della tradizione orale. Il loro mestiere era quello di cantare e recitare le lodi dei sovrani e tramandare le glorie degli Imperi, un lavoro che si è andato tramandando di generazione in generazione. Non è un caso che i più famosi musicisti dell’Africa Occidentale appartengano oggi alle più importanti e antiche famiglie di griots. Questa tradizione è comune a tutti quegli stati che hanno vissuto le medesime vicissitudini storiche, come il Mali, Senegal, Gambia, Guinea e Burkina Faso, il cui cuore batte al suono delle percussioni. Tuttavia in Mauritania, con l’avvento dell’Islam e in particolare del fondamentalismo almoravide prima, e dei Beni Hassan poi, la musica ha subito maggiormente gli influssi del mondo arabo, risultando oggi un mix del tutto originale di sonorità tribali subsahariane e cantilene di chiara discendenza religiosa coranica.
Gli strumenti tradizionali sono fatti di materiali autoctoni, quali legno e pelli di animali, zucche e fibre naturali e a differenza dei paesi limitrofi più a sud, invece delle percussioni, sono maggiormente diffusi gli strumenti a corda, come nel resto del mondo arabo. Tra questi, in Mauritania, gli uomini suonano un liuto a 4 corde, il tidinit, e le donne l’ardin, una sorta di kora al contrario.
Cinema
L’industria cinematografica mauritana praticamente non esiste, ma un autore degno di nota é il regista Abderrahmane Sissako, nato a Kiffa, ma con origini maliane, terra dalla quale ha ricevuto ispirazione e formazione e dove vive attualmente. Il suo film Timbuktu del 2014, ha vinto il Premio della Giuria Ecumenica al Festival di Cannes, nonché la nomination all’Oscar tra i film stranieri.
Quanto all’ambientazione, diversi film sono stati girati in Mauritania. I più celebri sono il già citato Timbuktu e Fort Saganne, del 1984, con protagonisti Gérard Depardieu, Philippe Noiret e Catherine Deneuve. Proprio in questa occasione, come set, è stato edificato un forte, il Fort Saganne appunto, presto divenuto uno dei simboli del Paese.
Letteratura
Se in Mauritania la fotografia e il cinema sono pressoché inesistenti, al contrario la letteratura vanta una lunghissima tradizione, che risale indietro nei secoli, di cui rimane testimonianza nei manoscritti delle biblioteche private delle città storiche carovaniere.
Quando al tempo delle predicazioni e conquiste almoravidi, le città carovaniere divennero oltre a floridi poli commerciali, anche importantissimi centri di erudizione arabo-islamica, vennero fondate le più grandi università coraniche del mondo sahelo-sahariano. A Chinguetti, Ouadane, Tichit e Oualata, arrivarono i più rinomati intellettuali dell’epoca e assieme al sale, l’oro e gli schiavi, le carovane cominciarono a far circolare un altro bene prezioso, i libri manoscritti. Le biblioteche private, conservano ancora oggi migliaia di manoscritti, sia frutto di trascrizione degli studenti delle scuole coraniche su originali mediorientali, sia opere letterarie autoctone in dialetto berbero e hassaniya, di eruditi in particolare nativi di Chinguetti. In Mauritania esiste anche una lunga tradizione nel genere della poesia popolare, tramandatasi fino ai giorni d’oggi, tanto da meritarle l’appellativo di «paese dei mille poeti». Come la musica, questo genere letterario affonda le sue radici nella tradizione orale dei cantastorie e ancora oggi, la poesia mauritana si recita, si canta e si scrive, spesso tramite improvvisazione.
Le lingue originarie erano l’arabo-hassaniya, il pular, il soninké e il wolof e a partire dagli anni sessanta, il francese. Tra i maggiori scrittori mauritani in lingua francese sono da citare Ousmane Moussa Diagana e Oumar Ba, il primo ad aver pubblicato un’opera francofona, nel 1966. Tutti appartengono a quella corrente di scrittori del sud che adottarono per primi la lingua francese per contestare la supremazia culturale degli ambienti colti mauri, i quali fortemente islamizzati, scrivevano solo in arabo-hassaniya.