Siti UNESCO
In Guinea Bissau al momento non vi sono siti inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO, nonostante da svariati anni si tenti l’iscrizione dell’Arcipelago delle Bijagos, che compare tra la lista delle Riserve della Biosfera.
Architettura
Nel campo dell’architettura in Guinea Bissau, senz’altro merita un approfondimento la storia dell’architettura risalente al periodo coloniale e che abbraccia svariate epoche e influenze stilistiche diverse, in un excursus che si snoda dall’arrivo dei primi esploratori e commercianti portoghesi, fino all’epoca più recente, in cui la Guinea Bissau divenne provincia d’oltremare del Portogallo. Da Cacheu a Bissau, da Canchungo a Bafata, le testimonianze architettoniche sono lo specchio di complessi equilibri ed interessi economici portoghesi, che abbracciano quasi cinque secoli, ma non solo, a Bolama, anche altre potenze mondiali lasciarono una piccola traccia del proprio passaggio.
Il Forte di Cacheu, risalente al 1588 e la Fortezza d’Amura di Bissau del 1753, sono le prime testimonianze di presidi portoghesi, stabili e organizzati, nonché i simboli architettonici di un controllo militare delle rotte commerciali in epoca pre-coloniale.
Il Forte di Cacheu, doveva proteggere l’accesso all’omonimo fiume, contrastare le incursioni corsare che minacciavano la regione e mantenere il monopolio del commercio di schiavi, oro, avorio e spezie. Tipica architettura strategica portoghese, il forte è a pianta regolare, con bastioni simmetrici, mura difensive e 16 cannoni tra le brecce, ancora oggi conservati nella loro posizione originaria.
La Fortezza d’Amura soppiantò il Forte di Cacheu nel momento in cui si sentì l’esigenza di spostare il centro strategico dei commerci. Costruita in pietra da taglio, la fortezza è interamente circondata da un fossato e dispone di 38 cannoni schierati a protezione delle acqua dell’attuale Porto di Pidjiguiti. Con l’Indipendenza del 1974, le forze armate dello Stato Maggiore ne presero possesso e ancora oggi ne è il quartier generale. Recentemente restaurata e parzialmente trasformata in museo, accoglie al suo interno una collezione di vecchie fotografie e macchine d’epoca, tra cui quella appartenuta ad Amilcar Cabral, la cui tomba si trova nel cortile della fortezza, assieme ai mausolei dei suoi compagni, caduti in battaglia per l’Indipendenza.
Se queste due fortificazioni sono i più antichi simboli del controllo militare portoghese in terra africana, la piccola chiesa di Cacheu, Santuario di Nossa Senhora da Natividade, risalente al 1660, è il simbolo più antico del controllo religioso da parte del Portogallo, che inviò da subito dei padri missionari per la conversione delle popolazioni locali. Infine il simbolo più antico del monopolio commerciale portoghese è la prima Casa degli schiavi di Cacheu, cui ne seguirono tante altre un po’ in tutte le regioni costiere, dove venivano stoccati gli schiavi e le merci, in attesa di salpare il mare sulle navi.
Non appena le rotte commerciali portoghesi si ampliarono, prese importanza strategica la regione di Bissau, in particolare l’isola di Bolama, in posizione privilegiata per il controllo dell’estuario del Rio Geba, che per altro costituiva una preoccupazione per i portoghesi, vista l’ingerenza inglese sulla zona. La disputa si risolse con l’intervento degli Stati Uniti e Bolama divenne ufficialmente capitale della Guinea Bissau, indipendente da Capo Verde. Siamo negli anni tra il 1870 e il 1940, periodo in cui Bolama vide la costruzione delle sue più rappresentative opere architettoniche amministrative, civili e militari, su preesistenti edifici riconducibili all’antecedente occupazione inglese. La maggior parte di queste sono oggi in stato di totale abbandono e rischiano di crollare inesorabilmente. Dal telegrafo e l’ospedale inglesi, di cui rimangono gli scheletri in ferro, tipici materiali risalenti alla Rivoluzione Industriale anglosassone, alle prime case e magazzini portoghesi di fine ‘800 con i caratteristici ballatoi in legno; dall’antico Palazzo del Governatore al monumentale Palazzo Municipale in stile neoclassico del 1919, omaggio alla Casa Bianca di Washington; dalla Chiesa di Sao José edificata nel 1871, al Monumento ai Caduti della traversata aerea transatlantica, che partita da Roma e diretta a Rio de Janeiro, doveva fare scalo a Bolama nel gennaio del 1931, e in cui persero la vita a seguito di un incidente, alcuni aviatori italiani; dal cinema alle caserme militari e sedi diplomatiche di varie potenze europee. A Bolama tutto ci parla di storia, e la memoria, per quanto sia il più delle volte legata a tristi eventi, non andrebbe mai lasciata cadere nell’oblio.
L’architettura di Bissau è invece testimonianza dell’ultima fase del processo di colonizzazione, quando la città, che era già un’importante base strategica da svariati secoli e brevemente capitale nella giurisdizione capoverdiana nel 1836 e nel 1915, divenne definitivamente il capoluogo della provincia d’oltremare della Guinea Portoghese, nel 1942.
E’ a questi anni che appartiene il piano regolatore della città, con gli ampi viali e gli edifici amministrativi principali, che si sovrapposero ad alcuni edifici portoghesi antecedenti, o ad alcuni agglomerati abitativi locali.
Tra il 1940 e il 1945 vennero edificati la Cattedrale Sé in stile neo-romanico, il Palazzo Presidenziale, il futurista monumento a Maria da Fonte, l’edificio attuale sede del partito PAIGC, la direzione generale della Posta, il neoclassico Ministero della Giustizia e uno dei primi edifici conosciuto oggi come Pensione di Dona Berta.
Al fianco all’architettura coloniale, in Guinea Bissau, è l’architettura tradizionale, con delle varianti da regione a regione, a seconda delle tradizioni di ciascun popolo, e che ha una caratteristica comune nell’utilizzo di materiali locali, quali l’argilla, il legno e la paglia, secondo antiche tecniche di costruzione.
Una particolarità delle abitazioni tradizionali bissau-guineane, che siano esse di forma rotonda o rettangolare, di argilla o di paglia intrecciata, è la copertura del tetto di frasche che deborda la cinta muraria e arriva quasi fino al suolo, per proteggerla dalle piogge intense stagionali e mantenere il fresco all’interno, durante la stagione secca.
Interessanti sono i luoghi sacri, le balobas, dedicati ai culti ancestrali, o i mausolei funebri dei notabili delle comunità.
Un esempio tra tutti sono le balobas nella regione di Quinamel, luoghi gestiti da uno o più feticheur dell’etnia pepel, ove la popolazione si reca per consulti medici o ottenere favori in cambio di offerte sacrificali. Queste piccole costruzioni mantengono una dimensione intima, con un piccolo zoccolo in argilla e strutture portanti in rami, sormontati da un ampio tetto di paglia che ne protegge interamente la superficie fino a digradare quasi al terreno, al punto da rendere difficoltoso l’accesso all’interno.
Al contrario un altro luogo sacro sull’Isola di Orango, dalle dimensioni ben più monumentali è il Mausoleo della Regina Okinka Pampa, mitica figura femminile che guidò la resistenza dei Bijagos contro i colonizzatori portoghesi. I muri in argilla sono alti e sormontati da un’ampia e capiente copertura di frasche. Il suo interno spazioso, custodisce oltre alle spoglie della regina morta nel 1923, anche quelle di altri membri della famiglia reale, interrate nel pavimento, cui si rende omaggio stagionalmente tramite cerimonie e sacrifici propiziatori.
Arte tradizionale
Quando si parla di arte tradizionale e artigianato in Guinea Bissau, si parla prevalentemente di manufatti che ruotano attorno al complesso universo della ritualità ancestrale.
Le maschere e le sculture votive si presentano come manufatti estremamente elaborati e dalle forme simboliche complesse, tanto quanto lo sono le credenze religiose animiste delle popolazioni.
Tra le opere più interessanti sono sicuramente le maschere rituali del popolo Bijagos, che riportano a forme antropomorfe riconducibili ai due habitat naturali in cui vivono le popolazioni insulari, quello marino e quello terrestre. Ed ecco maschere riccamente intagliate e dipinte, a forma di squalo o delfino, di ippopotamo o toro, tartarughe e scimmie, o piccole statuine antropomorfe su piroghe, che fungono da copricapo durante le danze tradizionali. Tra le interessanti pratiche animiste dei bijagos è l’interrogazione del fato sulle cause di un decesso. Una scultura/catafalco viene portata sulle spalle delle giovani adepte danzanti e a seconda dei movimenti che queste faranno, la sacerdotessa leggerà il responso alla famiglia del defunto.
Tra l’arte scultorea meritano menzione le statue votive dei pepel e dei mandjaka, alcune delle quali sono una vera e propria riproduzione in miniatura delle balobas, le case sacre.
Un’occasione da non perdere per vedere un concentrato unico di tradizioni locali e manufatti artigianali, in un incessante vortice di danze e pratiche rituali di tutte le popolazioni bissau-guineane che sfilano ognuna con i propri “strumenti” religiosi, è la parata del carnevale di Bissau, che si celebra ogni anno in febbraio.
L’occasione è imperdibile per vedere riuniti tutti i gruppi di danzatori di ciascuna regione, con i propri costumi tradizionali, le proprie maschere o copricapi, accompagnati dagli strumenti musicali della tradizione. Sempre delle Bijagos è una delle tenute più caratteristiche, costituita dalla saia, un gonnellino di paglia, con cavigliere intrecciate di foglie di palma e dei sonagli all’interno, e delle calebasse come copri-seno, ma anche a seno scoperto secondo le usanze originarie.
Nel campo delle arti grafiche contemporanee, la Guinea Bissau pur non avendo una vera e propria scuola nazionale, ha dato i natali a qualche artista interessante, tra i quali meritano menzione l’illustratore specializzato nella fumettistica Augusto Trigo, il pittore di ispirazione cubista Lemos Djata, o il pittore di batik Anselmo Godinho.
Cinema
In Guinea Bissau non esiste un’industria cinematografica, tuttavia la “settima arte” è degnamente rappresentata a livello internazionale dal regista Flora Gomes, il quale si formò negli anni ’70 tra Cuba e il Senegal e ottenne numerosi riconoscimenti durante la sua carriera.
Il suo film del 1987 Mortu nega ebbe due menzioni speciali della giuria al Festival di Venezia nel 1988 e il Tanit di bronzo a Cartagine nel 1990, palcoscenici che il regista frequenterà ripetutamente assieme a quello di Cannes, per presentare successive pellicole di successo.
Letteratura
Amilcar Cabral, il padre della Nazione e della rivoluzione per l’Indipendenza è stato anche un grande poeta. Questo ha fatto sì che per tradizione si sviluppasse nel paese una vera e propria scuola nazionale in questo genere letterario.
Tra gli esponenti principali fu il giornalista radiofonico e politico Agnelo Regalla, il quale pubblicò numerose poesie in antologie con altri coautori, tra cui una delle più famose è Mantenhas para quem Luta, che accoglie tra le tante anche le poesie di un altro grande esponente bissau-guineano, Tony Tcheka.
Personalità di spicco in campo letterario fu Abdulai Sila. Nato nel 1958 a Catìo, studiò ingegneria e a partire dagli anni ’80 cominciò a concretizzare la sua passione per la scrittura in alcune prime opere di poesia. Tuttavia è oggi considerato unanimemente il padre del romanzo bissau-guineano, genere nel quale ebbe notevole successo in campo internazionale. La sua opera prima, nonché considerato il primo romanzo nazionale, fu Eterna Paixão, pubblicata nel 1994. Mentre tra le sue ultime opere è Kangalutas, ispirata alla drammaturgia shakespeariana.
Musica
Se si parla di musica in Guinea Bissau, prima ancora di una produzione musicale contemporanea, bisogna aprire una parentesi sul ritmo e gli strumenti musicali tradizionali che fanno parte della vita quotidiana dalla notte dei tempi, accompagnando da sempre ogni attività lavorativa, di svago, manifestazione sociale, cerimonia religiosa o anche funebre.
É dalla tradizione che i nuovi artisti contemporanei traggono ispirazione, arricchendo e reinterpretando le sonorità ancestrali con l’inserzione di strumenti musicali moderni. Tra i generi principali in Guinea Bissau sono il gumbé e la morna, che si basano soprattutto sul ritmo delle percussioni e sono accompagnati da danze tradizionali molto acrobatiche e caratteristiche. Nelle contaminazioni contemporanee, questi generi tradizionali hanno preso ampiezza sotto gli influssi internazionali del reggae, del blues, o dei ritmi afro-cubani e delle Antille.
Al fianco di strumenti antichi quali, il tamburo tina, un recipiente cilindrico riempito di acqua sul quale è capovolta una piccola calebasse (zucca), la chitarra kora, di origine mandé e formata da una grande zucca e 21 corde, o il balafon, una sorta di xilofono in legno e bambù, sono oggi presenti la chitarra acustica e quella elettrica, sintetizzatori elettronici, bassi e pianoforti. Il risultato è del tutto originale e tra gli esponenti più ascoltati sono sicuramente José Carlos Schwartz, che spopolò durante gli anni dell’Indipendenza, le Super Mama Djombo, Tabanca Djaz, Atanasio Atchuen, Patche de Rima, o il giovane chitarrista e cantante Binhan che ha recentemente collaborato con Joss Stone.