Parlando di artigianato algerino, la prima immagine che viene in mente è il variopinto mercato di Ghardaia.
Questa antica città mozabita vanta una rinomata tradizione di tappeti e tessuti dalle forme geometriche e stilizzate, tra i più raffinati e colorati di tutto il Maghreb e del savoir faire di origine berbera. I brulicanti mercati della Pentapoli, nella Valle dello M’zab, offrono una delle più ampie scelte per l’acquisto di souvenir in Algeria. Gli odori che si respirano gironzolando tra i banchetti e le boutique dei suq ci riportano ad antiche ed esotiche atmosfere. Infatti tra una moltitudine di utensili in ceramica e terraccotta, vetro soffiato, vassoi di rame, cesti di vimini e decorazioni in cuoio, tappeti e tessuti caratteristici, di cotone o lana, anche le spezie sono sicuramente tra le protagoniste indiscusse. Se volete portare con voi a casa un po’ di Algeria, lasciate che questi odori e colori trovino un piccolo angolo libero nel vostro bagaglio!
Un discorso a parte nel panorama dei souvenir algerini merita la Cabilia. I gioielli cabili assieme a quelli della tradizione touareg del sud, sono forse i più caratteristici ed eleborati di tutta la cultura di origine berbera. I monili cabili sono inconfondibili. Un tripudio di decorazioni, di colori e forme elaborate, applicate anche a oggetti in legno o utensili di uso comune, che vengono quindi nobilitati ed elevati essi stessi a gioiello prezioso. Tipici sono i gioielli raffinatissimi che accompagnano la dote e il corredo nuziale della sposa, in argento, che incastonano inserti di corallo del Mediterraneo, gemme e smalti dai colori simbolici: il verde della natura, il giallo del sole, il blu del cielo. Parure decorative per il capo, frange e fibbie, cinture e collane, bracciali e anelli, orecchini e spille, tutti finemente decorati e impreziositi. E’ questa un’arte secolare in Cabilia, che si tramanda di generazione in generazione in seno alla tribù dei Beni Yenni, ma che da una cinquantina di anni è stata trasmessa anche ad altri artigiani della regione, per poter preservarne e perpetuarne i segreti.
Se la capitale Algeri offre sicuramente dei buoni indirizzi per gli appassionati di arte contemporanea, non altrettanto si può dire per i souvenir artigianali. E’ possibile trovare alcune boutique e antiquari di livello (soprattutto per l’oreficeria e la gioielleria in genere), in cui vengono venduti manufatti provenienti da tutte le regioni algerine, tuttavia gli affari migliori si possono fare nei mercati del sud.
A Tamanrasset, una visita merita il mercato centrale, non tanto per l’acquisto di souvenir (più che altro oggetti insignificanti e cineserie varie), quanto per respirarne l’atmosfera.
Mentre nelle boutique del centro città la scelta è decisamente più di qualità, con un’ampia proposta di interessanti manufatti della cultura touareg e anche dell’Africa subshariana. Tra i cofanetti e bauli finemente rivestiti in cuoio lavorato a mano e decorati con inserti di metallo, tra l’oreficeria a filigrana in argento tipica dei touareg (collane, bracciali, anelli, ciondoli…), o ancora tra i tradizionali paramenti dei nomadi con cui venivano abbelliti i dromedari durante le traversate carovaniere (selle, briglie, pendagli di cuoio, portafortuna…), un oggetto occupa il posto d’onore. Si tratta del simbolo per eccellenza di questa cultura antichissima, la croce dei Kel Ahaggar (abitanti dei monti Hoggar). Altro non è che un raffinatissimo ciondolo di metallo (argento, rame o bronzo), finemente sbalzato, che riprende in maniera stilizzata la chiave delle antiche serrature della regione. Sicuramente un souvenir caratteristico da non lasciarsi scappare!
Per gli acquisti “solidali”, segnaliamo invece la piccola rivendita presso le suore missionarie dei Piccoli Fratelli di Gesù, che gestiscono l’antica dimora e cappella dove visse Padre Foucauld al suo arrivo a Tamanrasset. Piccoli oggetti fabbricati a mano dalle donne del posto più bisognose, le quali possono cosi avere un piccolo contributo economico dalla vendita dei loro manufatti. Deliziose le bamboline di pezza femminili e maschili, vestite con gli abiti tradizionali touareg, o i piccoli presepi concepiti come una tipica famiglia nomade con tanto di tenda e dromedari.
A Djanet un intero reparto del mercato centrale è riservato alle boutique di souvenir e merita una visita. Che dire, anche qui l’imbarazzo della scelta. Dalle larghe cappe di cotone cerato e i turbanti color indaco, tipici della “moda” touareg e dai quali deriva il loro soprannome di “uomini blu”, all’oreficeria, dalla lavorazione del cuoio ai manufatti di vimini, ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche, soprattutto se avete familiarità con l’arte della contrattazione.
Se volete comprare “solidale”, segnaliamo che è facile incontrare delle famiglie nomadi, accampate nel deserto del Teneré, in direzione Djanet, sulla via del ritorno dal Tadrart Rouge. Le donne confezionano con le loro mani dei piccoli souvenir di tessuti di lana colorata, cinture di cuoio e portachiavi o portafortuna (grisgris).
E mi raccomando, non dimenticate di mettere in valigia almeno un sacchetto di datteri