Nel 2021 la lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, si è arricchita di due nuovi siti africani, uno per il suo interesse naturalistico e l’altro per il suo valore culturale.
Si tratta del Parco Nazionale di Ivindo in Gabon, un’area di foresta pluviale, attraversata dall’Equatore e in gran parte ancora da esplorare, che accoglie numerose specie endemiche di flora e di fauna. Un paesaggio di straordinaria bellezza, solcato da una rete capillare di corsi fluviali spezzati da rapide e cascate, nel quale vivono animali sempre più rari, quali i mandrilli, e una grande varietà avifaunistica.
La scelta culturale si è invece orientata sulla Costa d’Avorio e le sue piccole moschee rurali del nord. Interamente costruite in banco, impasto di terra argillosa, rispecchiano l’antico stile sudanese del Sahel, di cui la Grande Moschea di Djenné in Mali, né è il capolavoro indiscusso. Nel XV e XVI secolo, sotto l’espansionismo dell’Impero del Mali, le carovane transahariane si spinsero sempre più a sud, esportando l’Islam. Nascono così le moschee di Tengréla, Kouto, Sorobango, Samatiguila, M’Bengué, Kong e Kaouara, in Costa d’Avorio.
L’ultimo paese africano che aveva visto il privilegio del prezioso riconoscimento UNESCO, prima dello stop forzato del comitato a causa del Covid, era stato il Burkina Faso nel 2019, con l’inserzione degli antichi siti della metallurgia per la riduzione del ferro, i più antichi dei quali risalenti all’VIII secolo.
Tre siti che vanno ad aggiungersi quindi ad una lunga lista di patrimoni ambientali e culturali africani.