Un itinerario ai margini del deserto, che si snoda tra il Grande Erg Occidentale, toccando le meravigliose Oasi di Taghit e Beni Abbes, nella regione del Oued Saoura, prosegue verso Timimoun e Adrar, nel Gourara, e risale verso nord fino a lambire il Grande Erg Orientale, tra le Oasi di Touggourt, El Oued e Biskra.
Paesaggi desertici incantevoli, a tratti aspri e rocciosi, ai margini orientali dell’Atlas Sahariano, addolciti da immense distese di sabbia e imponenti cordoni di dune che superano i 100 metri di altezza. Luoghi che tanto affascinarono l’esploratrice svizzera Isabelle Eberhardt, al punto che su queste piste desolate viaggiò travestita da uomo, qui si istallò, si convertì all’Islam e si sposò a El Oued, rapita dalla ricchezza primordiale della cultura locale e dalla vastità del mare di sabbia, dal quale venne infine tradita, morendo nel 1904 a Ain-Sefra a seguito di una piena del wadi che travolse la sua casa.
Città principaledella regione, Bechar è il punto di partenza verso la scoperta delle Oasi del Grande Erg Occidentale, tra le quali spicca uno dei suoi gioielli indiscussi, l’Oasi di Taghit. Dall’antica storia, testimoniata da numerosi reperti neolitici, incisioni e pitture rupestri, il suo ksar è quanto di più sublime possa offrire l’architettura tradizionale, in un agglomerato di costruzioni in argilla rossa (il toub) che contrastano con la sabbia dorata e con le rocce del Djebel Baroun, intorno all’abitato e al palmeto. La buona volontà degli abitanti ha fatto sì che il centro storico sia stato in parte restaurato, dopo essere stato abbandonato nel corso dei secoli scorsi, riconvertendo numerose delle sue abitazioni in strutture ricettive turistiche che ne preservano lo stile originario. Un dedalo di vicoli, tra bassi portici e stretti passaggi, in un’atmosfera magica e antica che raggiunge il suo apice durante i moussem tradizionali, la raccolta dei datteri e gli ipnotici raduni dei musicisti gnawa. A cornice, dune monumentali, foreste pietrificate, pozzi naturali, come quello di Titaouine, e siti archeologici, quali Barrebi e le sue pitture rupestri.
In direzione sud, una sosta immancabile è il verde palmeto dell’Oasi di Igli, prima di giungere alla bella Beni Abbes, adagiata sulle rive del Oued Saoura, il cui palmeto irrigato dalla rete di foggara, si snoda in una curiosa forma che ricorda uno scorpione. Le antiche origini del suo ksar risalgono al XV secolo, in parte preservate da recenti lavori di restauro e consolidamento delle sue mura in argilla e delle sue abitazioni principali. Il suo cuore è dominato da una piacevole piscina circondata dal verde dell’oasi, mentre poco distante da Beni Abbes è il famoso eremitaggio che fece costruire Charles de Foucauld nel 1901, prima di sposarsi a Tamanrasset. Una visita merita anche il piccolo ma interessante museo della geologia e dell’artigianato.
Ripiegando verso sud-ovest, nel cuore della colorata regione del Gourara, si raggiunge la mitica Oasi di Timimoun, antico centro carovaniero nella tratta transahariana degli schiavi heratin, provenienti in particolare dal Mali e dal Niger. Se la cittadina moderna venne edificata nel XX secolo in stile neosudanese, le rovine del suo ksar del XII secolo e i muri divisori del suo vasto palmeto, mantengono l’antico aspetto originario, di cui spicca l’intensa colorazione rossastra dell’argilla toub che contrasta con le dune circostanti e con il verde delle palme. Uno scenario incantato, per quella che viene chiamata la “Regina del Deserto”, circondata a sua volta da antichi ksour disseminati sulla falesia rocciosa, e adagiata non lontano da dove un tempo sorgeva un grande lago salato (sebkha), oggi zona ricca di “rose del deserto”. Dalla Porta del Sudan, al Marabout di Sidi Othmane, dall’ex albergo Oasis Rouge del 1912, oggi centro culturale, al pittoresco mercato, gli edifici del XX secolo fanno da cornice neosudanese allo ksar medievale, in stile almohade. Un brulicare di manufatti tipici artigianali, in particolare tessili, vengono fabbricati dalle maestranze locali, e fanno da contraltare alla pace che si respira nel verde palmeto, irrigato dalle foggara, regalando le due facce dell’economia di Timimoun.
Importante snodo commerciale tra il nord e il sud, Adrar divenne capitale del Gourara nel XVIII secolo, grazie alla sua fertile oasi che produce datteri, tabacco, grano, fragole e pomodori. Edificata nello stile tipico della regione con l’argilla rossa, anch’essa si anima durante i tradizionali moussem, invasa dalle sonorità della musica ahallilche accompagna le preghiere e le danze dei Zenetes e delle popolazioni berbere. Tappa obbligata prima di risalire verso nord-est, passando da In Salah e El Golea, è ad Adrar che ci si congeda dal Grande Erg Occidentale, per addentrarsi nel vastissimo Grande Erg Orientale, un magnifico oceano di sabbia, che custodisce le Oasi e i palmeti di Ouargla, Biskra, Hassi Messaud, Tolga, Touggourt e El Oued. Un mondo di datteri zuccherini e ksour puntellati di tronchi di palma, di cupole koubba, mausolei d’argilla e antiche moschee medievali, di fiumi fossili e wadi stagionali, ma anche un mondo di estrazione petrolifera che ha generato le estreme contraddizioni di questa antica e affascinante terra desertica.
Passando dall’immenso palmeto di Ouargla e dalle affascinanti rovine dello ksar di Touggourt, si giunge alle “1000 cupole” di El Oued, nel cuore della Regione del Souf, distesa sabbiosa che tanto affascinò Isabelle Eberhardt, che qui visse per qualche anno, tra le rotondità accecanti di luce delle cupole che sormontano le abitazioni tradizionale, i palmeti infossati nella sabbia per poter attingere l’acqua in profondità e il vivace mercato giornaliero.
Considerata la porta del Grande Sud algerino, ingresso settentrionale del Grande Erg Occidentale, Biskra è l’ultima tappa dell’affascinante itinerario tra le Oasi ai margini del Sahara. Città storica, importante centro nella produzione dei datteri, l’antica Vecera romana è adagiata ai piedi dei Monti dello Zab e degli Aurés, e raggiunse l’apice della sua importanza tra l’XI e il XIV secolo. Tra le sue vestigia stratificate, i suoi scenari, le sonorità diwane e le atmosfere esotiche, molti intellettuali e artisti europei del XIX e del XX secolo trovarono ispirazione alla propria arte, da André Gide, agli Orientalisti, da Matisse al compositore ungherese Bartok, contribuendo alla fama “romantica” che ancora oggi accompagna la città.