A nord della città di Djanet, lo scenario desertico è occupato dalla spettacolare parete rocciosa del Tassili N’Ajjer, un altipiano di arenaria, che sfila parallelo al cordone di dune dell’Erg Admer, dirigendosi verso sud-est fino al confine libico. La montagna dei Kel Ajjer, la tribù tuareg che abita la regione, nasconde tra i suoi inaccessibili meandri, uno dei tesori più incredibili che il deserto del Sahara abbia mai restituito.
Parco culturale, patrimonio Unesco e riserva della biosfera, il Tassili, lungo circa 500 km, si presenta come una compatta parete a strapiombo, valicabile solamente a piedi o a dorso d’asino, tramite alcuni sporadici passaggi naturali che si inerpicano e insinuano sui suoi fianchi. Raggiunta la sommità dell’altipiano, si apre un mondo di straordinari scenari lunari, caratterizzati da un dedalo vertiginoso di “foreste” di arenaria, deserti di pietra e canyon labirintici, monumentali conformazioni rocciose erose dagli agenti atmosferici, anfratti e grotte nascosti tra le quinte di pietra, scavate dai numerosi wadi ormai prosciugati. Un incredibile paesaggio geologico che accoglie a sua volta una straordinaria biodiversità desertica, con la sopravvivenza di alcune specie naturalistiche ormai estinte nel resto del Sahara, quali il mirto e il cipresso sahariano.
Ma come il più grande sito troglodita del mondo, la sua straordinarietà risiede soprattutto nelle testimonianze archeologiche di insediamenti umani e civilizzazioni che si sono susseguite nel corso di almeno 10.000 anni. Tra numerosi reperti litici, tumuli e sepolture concentriche di pietra, vasellame di svariate epoche, il Tassili N’Ajjer racchiude la più alta concentrazione, stratificazione e varietà iconografica di arte rupestre, mai rinvenuta, con circa 15.000 raffigurazioni, tra pitture ed incisioni, attualmente repertoriate. Un’immensa “Cappella Sistina” nel cuore del Sahara, come viene comunemente definita.
Henri Lhote, archeologo che diede uno dei primi fondamentali contributi su questo immenso patrimonio, ebbe a scrivere durante la sua spedizione negli anni ’50: “in effetti quello che abbiamo visto nel dedalo di rocce del Tassili supera ogni immaginazione”. In questa frase è racchiuso tutto lo stupore che si possa provare davanti ai più strabilianti esempi di quello che viene definito come il “periodo delle teste rotonde”. Si tratta di immagini straordinariamente moderne, sulle quali ancora oggi aleggiano molti misteri e ipotesi non confermate. Risalenti a un periodo compreso tra i 6.000 e gli 8.000 anni fa, ritraggono imponenti figure antropomorfe e animali dalle curiose fattezze “marziane”. Dalle congetture più astruse che hanno ipotizzato la presenza di alieni sulla terra migliaia di anni fa, o di riti sciamanici “allucinogeni” in voga all’epoca, oggi l’ipotesi più plausibile rimane quella legata a rappresentazioni tribali di maschere e paramenti, nel contesto di rituali ancestrali, oppure iconografie che rimandano a particolari tecniche di inumazione nel culto dei morti, tramite bende vegetali e vasi di terracotta ad avvolgere la testa del defunto, dando quindi l’impressione, ad esempio, che le figure dipinte a Jabbaren possano ricordare degli astronauti o dei palombari.
Altrettanto probabile quindi, la natura sacra di queste pareti, caverne, anfratti, utilizzati quali luoghi di culto, come dimostrerebbero le impressionanti figure adoranti del “Dio di Sefar”, dalle fattezze deformi, bizzarri paramenti e misteriose antenne sulla testa. Tante le ipotesi, una sola certezza: Picasso e Matisse seppero dove trarre ispirazione!
Il Tassili N’Ajjer è una delle più importanti pinacoteche a cielo aperto del mondo, serbatoio di iconografie preziose che raccontano la storia dell’evoluzione umana, della flora e della fauna, della geologia del Sahara. Ci parlano di quando il deserto era una vasta regione fertile abitata da animali selvatici, quali giraffe, leoni, bufali dalle corna giganti, rinoceronti, elefanti ed ippopotami, puntualmente ritratti nei graffiti e nelle pitture più antiche; ci informano sulle prime società organizzate, tramite scene rituali e di vita quotidiana, di allevamento, caccia e agricoltura; ci offrono le prime cronache di guerra, di uomini armati a cavallo e infine ci confermano dell’inesorabile e irreversibile avanzata del deserto, nelle raffigurazioni del solo animale in grado di sopportare l’aridità, il cammello.
Il Tassili ci parla di tutto questo, tra iconografie fantasiose, stili naif o immagini incredibilmente realistiche, in un arco di tempo che abbraccia circa 8.000/10.000 anni, susseguitisi in scenari naturalistici di indescrivibile bellezza e desolazione, il Sahara.