SITI UNESCO
Fino a questo momento è solo uno il sito UNESCO sul territorio angolano.
Numerosi altri sono invece i siti in attesa di essere inseriti nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Il sito UNESCO è:
- Mbanza-Kongo (precedentemente chiamata Nkumba a Ngudi, Mongo wa Kaila e Kongo dia Ngunga), sito UNESCO dal 2017, era la dimora del Manikongo, il sovrano del Regno di Kongo, uno dei grandi stati costituiti nel continente e che si estendeva dalla costa atlantica dell’ Africa meridionale al fiume Nkisi dal XIV al XIX secolo. L’area di interesse storico si sviluppò intorno alla residenza reale. Mbanza-Kongo è nota anche per la presenza delle rovine dalla Cattedrale del Santissimo Salvatore del Congo (edificata nel 1549), la più antica chiesa dell’Africa subsahariana che conteneva le sepolture di molti notabili Kongo. Si dice inoltre che l’attuale chiesa, chiamata São Salvador, conosciuta localmente come “nkulumbimbi”, sia stata costruita dagli angeli durante la notte. Implicito il rimando a Lalibela in Etiopia, le cui undici chiese monolitiche (XII-XIII sec.), collegate da un intricato sistema di tunnel sotterranei, si dice fossero state costruite grazie all’aiuto degli angeli venuti in soccorso agli uomini per accelerane la realizzazione.
Gli altri in attesa di diventarlo:
- Fortezza di Sao Miguel: prima costruzione difensiva costruita in Angola dai portoghesi (XVI secolo)
- Fortezza di Sao Pedro de Barra: fortezza costruita in un antico quartiere a Luanda.
- Fortezza di Sao Francisco do Penedo: esempio di fortezza difensiva per proteggere la tratta degli schiavi da possibili altri colonizzatori europei.
- Fortezza di Massangano: sempre con lo scopo di mantenere solida la tratta degli schiavi.
- Chiesa di Nossa Senhora da Victoria: centro religioso e al tempo stesso commerciale e sede di Governo ecclesiastico (1641-1648) durante l’occupazione olandese di Luanda.
- Fortezza di Kambambe: costruita nel 1604 fu un punto di appoggio alla penetrazione e conquista del territorio angolano attraverso il fiume Kwanza.
- Fortezza di Muxima: fondata nel 1599, fu la prima prigione del periodo di occupazione portoghese.
- Chiesa di Nossa Senhora da Conceicao de Muxima: contemporanea alla fortezza e luogo in cui gli schiavi venivano battezzati prima di essere deportati.
- Fortino di Kikimbo: simbolo della storia della dominazione olandese e della successiva riconquista portoghese.
- Chiesa di Nossa Senhora do Rosario: costruita nel 1603, è una delle più antiche del Paese.
- Corredor do Kwanza- paesaggio culturale: cuore del Regno di Ndongo (XVI secolo).
- Sito archeologico di Chitundoi-Hulu: sito rupestre che comprende pitture e incisioni.
- Cuito Cuanavale, sito simbolo di liberazione e indipendenza: luogo in cui si è consumata una delle battaglie più cruente del XX secolo e espressione di solidarietà e rinnovamento della patria.
ARTE RUPESTRE
La provincia di Namibe è ricca di siti di arte rupestre che riflettono un’intensa attività artistica risalente, probabilmente, al Paleolitico inferiore, come suggeriscono i resti attualmente conosciuti.
Tchitundu-Hulu è il nome generico di un gruppo composto da quattro siti di arte rupestre che si trovano nell’angolo sud-occidentale dell’Angola, ai margini del deserto del Namib e a un centinaio abbondante di chilometri dal mare.
Si tratta di una pianura semiarida caratterizzata dalla presenza di numerosi inselberg, ossia colline isolate che si innalzano improvvisamente nella pianura.
Il gruppo di siti di arte rupestre, circondato da diversi fiumi stagionali, fu documentato per la prima volta nel 1953. Da allora è diventato uno dei siti di arte rupestre più studiati in Angola.
Il sito è suddiviso in: Tchitundu-Hulu Mulume, Tchitundu-Hulu Mucai, Pedra das Zebras e Pedra da Lagoa. I primi due sono caratterizzati dalla presenza sia di dipinti che di incisioni, mentre gli altri presentano esclusivamente incisioni.
I dipinti spesso combinano due, tre o più colori, e sono costituiti principalmente da segni geometrici, anche se non mancano rappresentazioni antropomorfe e zoomorfe, in alcuni casi raggruppate in presunte scene di caccia.
Dei quattro siti, Tchitundu-Hulu Mulume è il più grande ed è situato in cima all’inselberg, a quasi ottocento metri di altezza. Le pendici dell’affioramento sono ricoperte da grandi incisioni, per la maggior parte costituite da forme circolari. Sono presenti anche alcune raffigurazioni di figure umane e animali. In un rifugio sulla sommità dello sperone si possono trovare circa duecento immagini dipinte in rosso o bianco. Le raffigurazioni presentano costituire abbondanti sovrapposizioni temporali e ricoprono le pareti, il tetto e la base del rifugio.
ARCHITETTURA
Uno degli aspetti interessanti di questo Paese è rappresentato dalla varietà dei suoi stili architettonici, visibili al viaggiatore soprattutto all’interno dei grandi centri urbani come Luanda, Benguela, Labango e Huambo.
- In particolare Luanda, al tempo stesso una delle capitali più antiche dell’Africa (fondata nel XVI secolo) e città modernissima, è caratterizzata dalla presenza di tre interessanti stili architettonici: il Modernismo, il Neoclassicismo e l’Art Déco. Esempi di Modernismo sono, in particolare, la chiesa Sagrava Familia, la sede del Museo Nazionale di Storia Naturale e numerosi palazzi pubblici e scuole. Il neoclassicismo di derivazione coloniale si esprime in edifici come la sede dell’assemblea Nazionale (Parlamento), il Palazzo Presidenziale e la maggior parte dei Ministeri. L’art dèco a Luanda è invece lo stile di elezione di alcuni cinema, come il “Cine Tropical”.
- L’arte dèco in Angola è diffusa anche nella città di Lobito, situata nell’area centro-occidentale del paese. Stile molto raro in Africa, è stato importato da un gruppo di architetti portoghesi i quali, non potendo esprimere il proprio estro nel Portogallo salazarista, applicarono ingegno e fantasia nella costruzione di curiosi edifici in Angola.
ARTE TRADIZIONALE
- L’arte tradizionale angolana fa riferimento al Regno del Congo (XIV-XIX secolo) come ben rappresentato da un acquerello tardo seicentesco tratto dalla “Istorica descrizione destre regni del Congo, Matamba et Angola” di Giovanni Antonio Cavazzi da Montecuccolo (Bologna, 1687, Collezione Araldi) raffigurante il primo re mito del Congo. Secondo la leggenda, il fondatore della dinastia sarebbe stato un “re fabbro” ed è infatti raffigurato mentre forgia il ferro di un’ama da parata, appoggiata a un’incudine di pietra. Tiene nella mano destra un martello cilindrico in ferro e indossa una collana e braccialetti dello stesso metallo. La testa è ornata da un copricapo finemente intrecciato, prerogativa dei notabili Kongo. Un aiutante attiva un soffietto fatto di legno e pelle, mentre due musicisti lo accompagnano con il loro pluriarco, uno strumento musicale a corde. Accanto ai musicisti, un altro personaggio osserva la scena, seduto dietro un baule-reliquiario in vimini riccamente decorato. Questa rappresentazione assai dettagliata dice moltissimo dell’arte tradizionale dei Kongo o Bakongo, la popolazione del gruppo etnico dei bantu stanziata lungo la costa atlantica, tra Pointe-Noire (Repubblica del Congo) e la capitale dell’Angola, Luanda. I Bakongo realizzano meravigliose sculture femminili in legno.
- In Angola notevole è anche l’arte tradizionale del popolo Chokwe, conosciuto con molti altri nomi (tra cui Kioko, Bajokwe, Chibokwe, Kibokwe, Ciokwe, Cokwe o Badjok). Si tratta di un gruppo etnico bantu dell’Africa centrale e meridionale che vive in Angola, nelle parti sud-occidentali della Repubblica Democratica del Congo (da Kinshasa a Lualaba) e nelle parti nord-occidentali dello Zambia. I Chokwe realizzano numerosi oggetti artistici come sculture, scettri, pipe, gioielli, pettini in legno e maschere provviste di una capigliatura a treccine, collare di corda lavorata a maglia, decorazioni con perline di vetro e bullette di ottone.
- Nella regione del Kwango-Kasai si trovano i Basuku, le cui opere più conosciute sono le maschere Hemba, utilizzate nelle danze conclusive dei riti di iniziazione. Sono caratterizzate dalla presenza di tratti anatomici molto dettagliati.
- La duratura presenza dei portoghesi in Angola ha determinato nel complesso una significativa influenza su numerose opere artistiche il cui realismo richiama aspetti tipici dell’arte medievale europea.
- Arte in Angola significa però anche arte contemperane e, tra i tanti, un nome su tutti, quello di António Ole (nato nel 1951), artista poliedrico angolano e tra i più conosciuti nel paese che rappresentato l’Angola alla Biennale di Venezia del 2017. Le sue opere hanno spesso staglio polito e, tramite le sue istallazioni, l’artista intende infatti denunciare la violenza del colonialismo in Africa.
CINEMA
In Cinema in Angola è, fin dal suo esordio, il tentativo di comunicare un messaggio politico, in sintonia con il percorso storico del Paese. Il cinema ha dunque rispecchiato le vicissitudini della guarire anticoloniale e di quella civile.
Negli anni Sessanta, durante la guerra di liberazione, i documentari del dipartimento di informazione e propaganda del MPLA costituirono materiali preziosi di controinformazione.
Il primo lungometraggio, tratto da un’opera dello scrittore angolano L. Vieira, è stato Sambizanga (1972) di Sarah Maldoror, una francese con padre della Guadalupa. Il racconto, girato in Congo, è quello della ribellione di un popolo nei confronti della dittatura portoghese di A. Salazar. Proprio per questa ragione fu possibile proiettarlo in Angola soltanto dopo la fine della dominazione coloniale.
Gli anni immediatamente successivi all’indipendenza furono i più significativi per la cinematografia angolana. Tra i film più importanti ci sono diversi documentari:
- “Resistencia popular en Benguela” (1975) di Antonio Ole
- “Retrospectiva” (1976) di Carlos de Sousa e Costa
- Gli episodi “Presente angolano” della serie “Tempo mumuila” (1979-1981) di Rui Duarte de Carvalho
- “Memoria de um dia” (1982) di Orlando Fortunato de Oliveira
- I numerosi documentari realizzati dai fratelli Carlos, Francisco e Vitor Henriques
- Duarte de Carvalho è stato invece il primo a girare un lungometraggio di finzione di produzione locale, Nelisita (1982), film visionario in bianco e nero, basato sulla tradizione orale dei Nyaneka, una popolazione del Sud-Est del Paese.
- La produzione cinematografica è poi entrata in una faticosa crisi a fine anni Ottanta per poi riprendersi, grazie anche all’utilizzo del video, nella seconda metà del decennio successivo. Il dramma della guerra civile, dei campi minati, l’impatto sulla vita della popolazionesono i temi portanti di: “The sun still shines” (1995) di Bartolomeu, il reportage “Dissidencia” (1998) di Gamboa e “Blending emotions” (1999) dell’artista multimediale Fernando Alvim.
- Più recentemente, al Festival di Annecy 2022, “Nayola” ha vinto il premio come miglior film d’animazione. Si tratta del primo lungometraggio di animazione d’iniziativa portoghese, con il debutto di José Miguel Ribeiro, di origine angolana. Il film si basa sulla pièce teatrale “The Black Box” di mia Couto e José Eduardo Angualusa, ed è la narrazione della guerra fratricida che ha dilaniato l’Angola per lunghi anni.
LETTERATURA
La letteratura angolana scritta è prevalentemente in lingua portoghese con un taglio prettamente politico, analogamente al cinema.
Nella fase coloniale predomina la letteratura che fa riferimento unicamente al punto di vista del colonizzatore. Si tratta di testi che accomunano i cinque Paesi Africani denominati congiuntamente P.A.L.O.P (Países Africanos de Língua Oficial Portuguesa che, oltre all’Angola, sono: Capo Verde, Guinea-Bissau, Mozambico e Sao Tomè e Principe) e in cui prevalgono coloni bianchi. Gli autoctoni vengono, invece, descritti secondo lo stereotipo del selvaggio.
I principali esponenti della successiva generazione militante ,dagli anni Sessanta in poi sono, stati anche i maggiori poeti e scrittori dell’Angola.
Un esempio ne è Agostinho Neto (1922-1979) che fu, tra l’altro, il primo presidente del Paese dal 1975 al 1979. Importante per l’Angola è anche la fase “prettamente giornalistica”, conosciuta come fase dell’”Imprensa Livre” (Libera stampa), dalla fine degli anni cinquanta dell’Ottocento fino ai primi anni venti del secolo successivo. Solo nell’ultimo quarto dell’Ottocento sono pubblicati più di cinquanta differenti titoli di periodici.
Dopo l’indipendenza inizia anche in Angola il dibattito sulla lingua da utilizzare in ambito letterario: il portoghese o le lingue angolane? Attualmente si nota come la linea più pragmatica abbia prevalso per la maggior facilità di comunicazione e per una più ampia diffusione di messaggi politici e opere. La tradizione intanto permane e resta l’espressione dei vari idiomi.
MUSICA
La musica dell’Angola è un inno alla tradizione attraverso l’utilizzo di strumenti che ne raccontano la storia come il bongo, la ngoma, un bongo, e il mpwita, un tamburo che si trova anche in Congo.
La musica contemporanea unisce invece le influenze africane alla musica tipicamente caraibica con influenze latine di Cuba e Brasile. La musica dell’Angola è stata quindi, da una parte influenzata da tendenze musicali esterne ma ha, al tempo stesso, rafforzato l’identità nazionale angolana. Il difficile clima politico imprentate per decenni ha però offerto poche opportunità ai musicisti professionisti di farsi conoscere e apprezzare, complice anche il controllo serrato sulla produzione musicale da parte del Ministero della Cultura dopo l’indipendenza.
Tra la musica contemporanee, da segnalare il movimento musicale elettronico, noto come “kuduro” che mette insieme elementi tradizionali e la techno occidentale. Il principale sostenitore del kuduro è il gruppo internazionale “Buraka Som Sistema”
Genere oggi molto popolare oggi in voga è lo “kizomba”, una danza densa di erotismo, non a caso definita spesso la “più sexy del mondo” che significa letteralmente “tocco delle pance”.
Testo a cura di Paola Scaccabarozzi