La regione nord-occidentale del Camerun è tra le più interessanti dal punto di vista culturale ed etnografico e si compone di un piccolo mosaico di popoli, ognuno con le proprie tradizioni.
Storicamente parte della ex Colonia Britannica, venne annessa al territorio francofono di Yaoundé dopo l’Indipendenza. Questa nuova geografia alimentò nel corso degli anni dei vigorosi sentimenti separatisti, fino all’autoproclamazione di uno Stato dell’Ambazonia.
Tutta la regione è disseminata di chefferies, ovvero centri del potere tradizionale, depositari di antiche gerarchie garanti dell’ordine comunitario, sia sul piano spirituale che amministrativo.
Partendo da Bamenda, la “Ring Road”, un circuito rurale concentrico, porta alla scoperta di alcune di queste ricche tradizioni, attraversando piane alluvionali, paesaggi montagnosi, praterie d’altura, una vegetazione lussureggiante e fertili risaie, dove abitano popoli per i quali l’origine coloniale anglofona è in verità un pretesto che cela delle identità ben più profonde e antiche.
Seguendo la Ring Road, non lontano da Bamenda si avrà il privilegio di visitare una delle chefferies più caratteristiche della regione, quella di Bafut, piccolo villaggio rurale circondato di campi di mais e orti, con la sua monumentale casa sacra (Achum), il museo e le numerose sculture totem. Non lontano una chiesa presbiteriana coloniale ci ricorda che siamo in terra di sincretismo religioso, nella quale il monoteismo si sovrappone e confonde con le credenze ancestrali. Un muro di pietra circonda il regno (Fondom), dove ci si tramanda di padre in figlio il titolo di mfor, capo tradizionale. Qui l’attrazione principale è sicuramente l’Achum, con le sue sculture tribali e l’imponente intelaiatura di legno scolpito con tetto spiovente di paglia. Ancora oggi è il sito di riti e cerimonie religiose, in un turbinio di gonnellini di rafia e cavigliere vegetali, al cospetto delle autorità tradizionali riccamente adornate di stoffe variopinte.
Spostandosi a sud della Ring Road, si entra nel cuore del circuito delle chefferies tradizionali dei popoli Bamilenké che hanno conservato la propria identità attorno alle corti tradizionali. Questo spiega la sontuosità dei palazzi reali, al cospetto dei quali si celebrano costantemente delle sfarzose cerimonie partecipative, siano esse celebrazioni simboliche che accompagnano eventi comunitari, che sacrifici rituali o funebri in omaggio agli antenati.
La storia della corte di Baffoussam è una delle più antiche in terra bamilenké. L’ingresso al sito della chefferie è adornato di una scultura sacra, al cospetto della quale il capo spirituale ricevere i sudditi in udienza e risolve i problemi intercomunitari, come una sorta di giudice di pace. I funerali, particolarmente sentiti, si svolgono nella corte in prossimità della monumentale architettura in bambù e all’albero sacro sotto al quale vengono regolarmente effettuati sacrifici animali.
A Bandjoun è una delle cheffeirepiù ricche e potenti del Camerun, con il suo variopinto assembramento del XVII secolo di architetture reali dipinte, e la casa sacra, fulcro del sito, in legno scolpito, pareti in bambù e uno scenografico tetto di paglia circolare. Qui la tradizione vuole che il re erediti dai suoi predecessori non solo i beni materiali, ma anche le mogli, una pratica formale che possa garantire la giusta dignità regale alle vedove. Al cospetto dei sudditi il re, con il suo trono decorato di una pelle di leone, incarna il potere spirituale ed amministrativo, nonché la mediazione attraverso la quale la politica istituzionale arriva al cuore delle popolazioni rurali.
Se ogni villaggio in terra bamilenké ha la propria chefferie, la cui importanza varia a seconda della sua storia, delle sue origini e del numero di sudditi, spostandosi verso nord-est si entra nella regione del popolo Bamoun, storici antagonisti dei Bamilenké.
Qui la corte tradizionale di referenza, nonché una delle più potente e rappresentative del Camerun, è una sola, quella di Foumban, in cui il Re non è solo l’unico capo tradizionale di tutti i Bamoun, ma anche il Sultano, per quella parte di popolazione che aderì alla religione musulmana. Qui il sincretismo tra tradizione e Islam è ancora più evidente. Una sintesi suggestiva di simboli ancestrali e attributi monoteisti, in cui particolarmente interessante è osservare come durante le cerimonie ufficiali si passi con nonchalance dalla preghiera in moschea ai rituali tradizionali nella corte reale. Il Regno si convertì all’Islam nel 1896, ma i suoi sovrani continuarono ad esercitare simbolicamente entrambe le figure, di capo garante della tradizione animista e di capo religioso musulmano, in una coabitazione pacifica di Islam, Animismo, ma anche Cristianesimo. Lo sfarzoso palazzo è di fatto un santuario della storia del regno, che viene ripercorsa tramite affreschi parietali, paramenti e oggetti di culto. Centro artigianale per eccellenza, la città di Foumban è interessante per i suoi numerosi atelier nella lavorazione della terracotta, del bronzo e dell’arte scultorea, oltre che per i tessuti di cotone legati alla tradizione. Sintesi di questo savoir-faire è l’incredibile trono del Sultano, scolpito in figure antropomorfe tradizionali e interamente decorato e ricoperto di perline colorate e conchiglie cauris, sul quale si presenta l’autorità in tutta la sua imponenza, durante la festa dello Ngouon, che viene celebrata ogni due anni.
Risalendo verso le savane del nord, si giunge a Ngaoundere, antico villaggio fondato dai Peulh musulmani nel XIX secolo, in un paesaggio montagnoso particolarmente suggestivo, puntellato di rocce granitiche, piccoli laghi abitati da ippopotami e coccodrilli, una vegetazione di transizione e bellissime cascate. Qui il Palazzo del Lamido rappresenta il tempio del potere tradizionale delle teocrazie peulh e la sua chefferie prende il nome di lamidat. Il sontuoso palazzo con la sala delle udienze, gli affreschi che illustrano la storia del regno, gli oggetti tribali legati al culto, i paramenti, è il riflesso della grandezza e della potenza di cui ancora oggi viene investita la figura del Lamido.
Da non perdere sulla rotta verso il nord, una visita al lamidat di Rey Bouba, uno dei più isolati e caratteristici in terra peulh, immerso in un ambiente rurale di grande fascino, con il palazzo del Lamido che campeggia nelle sue architetture tradizionali plasmate con l’argilla e ricoperte di tetti di paglia e stuoie intrecciate.