Foto © I. Fornasiero
Se tutte le isole di Capo Verde sono vulcaniche, una sola è ancora attiva, tanto da essersi meritata il nome di Ilha do Fogo. Decisamente affascinante nella sua morfologia, surreale nei suoi colori, miracolosa nella sua fertile terra nera, misteriosa nella discendenza di un popolo dagli occhi chiari e i capelli biondi, ammirevole nella gratitudine, nel rispetto e nella venerazione che questi coraggiosi abitanti riservano al grande “Signore di Fuoco”, il vulcano di Pico do Fogo, la vetta più alta di tutto il paese.
In 150 anni, ben 30 eruzioni si sono susseguite a Fogo, di cui le ultime due nel 1995 e nel 2014, particolarmente devastatrici, aprendo una nuova caldera e seppellendo interi villaggi e coltivazioni. Ma anche purificando, fertilizzando e rinnovando un terreno che è stato prontamente ricostruito e portato a nuova linfa.
L’ascensione al Pico do Fogo (2823 mt.), permette di vedere chiaramente le linee marcate delle antiche colate di lava rappresa, che formano ondulazioni e sculture morfologiche spontanee, surreali. Tutto è nero come la pece a Fogo, compresa l’immensa distesa litoranea di sabbia che incornicia l’isola, e le case, costruite con la pietra e l’argilla locale. Se intorno alla caldera fiumi di lava hanno disegnato un paesaggio spettrale e lunare, dove non cresce nulla, il verde dei vigneti, delle piantagioni di caffè, dei giardini e dei frutteti, nel versante nord-est, contrasta con la terra scurissima, creando panorami e paesaggi veramente suggestivi.
Sul vulcano, alla base del cratere, solo la resilienza di 1000 anime ha permesso che il villaggio di Cha das Caldeiras, risorgesse come la Fenice dalle sue stesse ceneri, puntualmente ricostruito dopo ogni eruzione, in religiosa venerazione verso un vulcano che è la loro stessa identità, la loro economia, la loro ragione di vita.
Qui sono i capelli biondi e gli occhi chiari degli abitanti a contrastare con il paesaggio circostante e con la pelle scura di un’origine che rimane ancora in parte leggendaria. Sono i discendenti diretti del conte francese Armand de Montrond, in esilio nel 1860 da un duello finito male, che si rifugiò a Fogo in attesa di una nave che lo portasse in Brasile. La tradizione vuole che invece trovasse sull’isola dodici mogli e generasse cento figli, rimanendovi. Si narra che fu proprio lui a importare la viticoltura tra le vallate vulcaniche, che ancora oggi producono un vino di altissima qualità, conosciuto in tutto il mondo, il Manecom, facilmente degustabile a Cha o sulla costa, a Sao Felipe, il capoluogo dalle affascinanti architetture coloniali, le sobrados, dimore dei notabili portoghesi, dai caratteristici colori pastello e i balconcini in ferro battuto, che ne ingentiliscono le facciate.