Nella capitale N’Djamena la ristorazione offre sicuramente la più ampia scelta del paese, con una gamma di ristoranti dai più lussuosi con cucina internazionale, ai piccoli ristorantini locali, decisamente più economici, che offrono i piatti tipici della cucina ciadiana.
Ci auguriamo che la curiosità dei viaggiatori spinga verso esperienze culinarie autoctone piuttosto che verso un ristorante di cucina cinese.
In tal caso c’è veramente l’imbarazzo della scelta per le papille gustative, in una tradizione che combina sapientemente cibi della cultura araba con sapori tipicamente subsahariani.
La cucina ciadiana come tutta la cucina africana è caratterizzata prevalentemente dalle infinite combinazioni di condimenti, spezie e odori.
Se le basi principali dei piatti nazionali rimangono il riso, il couscous, il miglio, il sorgo o il fonio, le salse che li accompagnano sono una vera scoperta per il palato e ne esistono in numerose varianti, di verdure, carne o pesce capitaine (il pesce persico di acqua dolce).
Una delle verdure utilizzate nella preparazione di una salsa particolare, molto collosa, è il gombo (chiamata okra nei paesi anglosassoni), una sorta di piccola zucchina che viene fatta stufare e insaporire con del pesce secco o con una sorta di dado tradizionale ricavato dai semi del baccello della pianta del neré.
Un’altra salsa tipica di tutta la cucina subsahariana è quella a base di pasta di arachidi, molto nutriente e molto amata in tutta l’Africa Occidentale e Centrale.
La carne di montone, di zebù, di dromedario o di capra è molto consumata in Ciad. La vera prelibatezza è il mechui che viene preparato generalmente per le occasioni speciali. Si tratta di un piatto tipico importato dalla tradizione musulmana e consiste nella lenta cottura, in appositi forni di argilla, dell’animale intero o a grandi pezzi e, nella versione più tradizionale, ripieno di couscous e verdura. Molto facile è trovare le piccole rosticcerie a bordo strada, che arrostiscono a tutte le ore dei piccoli spiedini (brochettes) o bocconi di carne.
A nord del paese la carne è meno consumata, sia per motivi economici, sia perché difficilmente le popolazioni nomadi o semi-nomadi dispongono di frigoriferi dove conservarla. Per questo motivo nelle regioni desertiche è tradizione mangiarla soprattutto secca, il kilish, insaporita spesso con una polvere di peperoncino o di arachidi, una vera prelibatezza! Uno spuntino delizioso che non mancherà mai sulla tavola al tramonto durante i bivacchi nel deserto.
Il Ciad è un paese laico e anche se a prevalenza di fede musulmana, vi è anche un’alta percentuale di cristiani e animisti, pertanto l’alcool è molto diffuso. La birra nazionale è la Gala, prodotta a Moundou, molto leggera e dissetante. Ma sono anche molto consumate le bevande alcoliche artigianali, quali la birra di miglio o quella di sorgo (bili-bili), preparate e fermentate secondo metodi tradizionali nel sud del paese.
A nord si preferiscono decisamente le bevande tipiche analcoliche. Primo fra tutti, come in tutti i paesi che hanno subito l’influenza culturale araba, è il tè alla menta (chai), servito in piccoli bicchierini di vetro, dopo un vero e proprio rito nella preparazione, che può durare ore intere. Consigliamo di sorseggiarlo accompagnato dai buonissimi datteri del palmeto di Faya Largeau.
Un’altra bevanda tipica è il bissap o karkadé, un infuso di fiori di una varietà particolare di ibiscus, dall’intenso colore vermiglio, che può essere bevuto sia freddo, sia caldo, durante le serate invernali nel deserto; un vero toccasana, ricco di vitamine e anti-ossidanti.
Anche il latte di dromedario viene trasformato in una bibita molto apprezzata dai locali, facendolo leggermente cagliare, zuccherato e allungato con acqua.