Non si sentono nominare spesso le Comore, tra i circuiti del turismo balneare internazionale. Men che meno Moheli, la più piccola delle isole dell’arcipelago, nonché la più selvaggia ed inesplorata, dove le sue straordinarie bellezze naturalistiche non sono altrettanto corredate di strutture ricettive. Eppure, proprio questo la rende una delle destinazioni più affascinanti, autentiche e primordiali di tutto l’Oceano Indiano, una meta per veri intenditori, del tutto esclusiva.
Protetta, in gran parte della sua superficie meridionale, all’interno del Parc Marin de Moheli, l’isola è un insieme di spiagge sperdute e baie incontaminate, dove le tartarughe vengono a deporre le uova, i delfini guizzano a largo e i dugonghi o le balene megattere si confondono tra gli isolotti che ne impreziosiscono la costa, in gran parte disabitata.
Distese di sabbia orlate di palme da cocco, acqua cristallina e trasparente come solo l’Oceano Indiano sa regalare, e una natura primordiale, interrotta solo da sporadici villaggi di pescatori e qualche eco-lodge, attrezzato in maniera basica per la ricezione dei viaggiatori più avventurosi ed appassionati. Moheli ha anche una ricca storia, di esotici sultanati tutti al femminile, strettamente connessi con la leggendaria giurisdizione di Zanzibar, che si perdono tra gli echi dell’antico porto commerciale dell’isola, protetto dagli isolotti e dalla Baia di Nioumachoa, che vide sbarcare nel corso dei secoli, una moltitudine di mercanzie e genti di passaggio, bantu, swahili, malgasce, indocinesi, shirazi ed europee, mentre le tartarughe hanno continuato indisturbate a deporre le loro uova sulla spiaggia di Itsamia. Se l’attuale capoluogo Fomboni è attrezzato di qualche struttura ricettiva, il resto dell’isola è ancora praticamente selvaggio ed incontaminato, con alcuni lodge tradizionali, riadattati per il pernottamento e gestiti da una ONG locale che si occupa della salvaguardia del patrimonio naturalistico.
Ma le Comore sono nella loro totalità un vero e proprio Eden inesplorato, o perlomeno molto poco visitato dal turismo internazionale.
L’Isola di Grande Comore ne è la principale, dalle scure rocce vulcaniche che scandiscono una moltitudine di insenature e contrastano con le spiagge bianche e l’acqua turchese che si apre in splendidi angoli di paradiso, tra i panorami da cartolina di Chomoni e Chindini, al sud, e Maloudja, stazione balneare cui fa da cornice il vicino Lac Salé di Niamawi, specchio lacustre incastonato, come uno zaffiro, in un antico cratere.
Anjouan, ricca di storia, piantagioni profumate e natura selvaggia, è invece l’isola ideale per gli amanti dello snorkeling, con la sua splendida scogliera corallina o la magnifica spiaggia di Moya, tra le tante altre. Tanto incantevoli i suoi panorami in superficie, quanto preziosi i suoi variopinti fondali, esuberanti di vita sottomarina.
Quel che è certo, è che tutte e tre le isole che compongono le Comore, sono ancora oggi molto lontane dalle realtà patinate dei dépliant turistici o dei poster fotografici che promuovono destinazioni esotiche più per i loro resort all inclusive, che per la loro paradisiaca natura marina o il loro ambiente primordiale ed incontaminato. Ebbene alle Comore non vi sono ancora strutture ricettive “da mille e una notte”, ma l’esclusività è interamente affidata alla straordinaria bellezza dei luoghi, e al lusso impagabile di ritrovarsi praticamente da soli davanti al Paradiso Terrestre. Spiagge mozzafiato senza turisti, di una bellezza incontaminata commovente, isole abitate da una popolazione locale discreta ed accogliente, fiera di una storia millenaria ed attaccata alle proprie antiche tradizioni che profumano di essenze e di salsedine, di cocco e di caffè, di aromi che si confondono nella bruma umida della natura selvaggia, dove svolazzano pipistrelli endemici e saltano lemuri, guizzano delfini e balene, mentre silenziose tartarughe depongono le uova.
Un lusso che non durerà a lungo, perché di isole e spiagge deserte, oramai non ne esistono più molte.