Gli ivoriani amano mangiare, tanto e sostanzioso.
Il pasto è un momento di svago e condivisione, un momento di gioia da passare insieme, ma anche una sorta di rito, di vera e propria abbondanza. La cucina tipica ivoriana è quanto di più lontano possa esserci dal concetto di nouvelle cuisine, ma è anche una cucina a km 0, preparata con i prodotti tipici e freschi della tradizione e che la terra di ciascuna regione offre.
Se nelle città principali, gli alberghi o i ristoranti di lusso offrono una carta di piatti internazionali e qualche piatto locale rivisitato, nei piccoli e semplici maquis (e ce ne sono di ottimo livello) il menù (rigorosamente del giorno) sarà 100% ivoriano.
Tra i tanti, il piatto nazionale per eccellenza e che non mancherà da nessuna parte, è l’attieké, un couscous di manioca che richiede nella sua lavorazione un savoir faire tutto particolare. La cooperativa di donne in un piccolo villaggio non lontano da Yamoussoukro lavora l’attieké migliore della Costa d’Avorio, anche se ogni donna ivoriana ne impara fin da bambina i segreti. Generalmente viene servito con una salsa di pomodori freschi e cipolla cruda, come una sorta di panzanella nostrana, e accompagnato da pesce fritto. Benché possa sembrare un piatto completo, nella tradizione dell’abbondanza ivoriana viene piuttosto considerato un contorno.
A seconda della regione, la base è generalmente il riso, il tò, che è una vera e propria polenta di mais, il foufou o il foutou, un grande gnocco colloso a base di igname o banano, bolliti e pestati per ore nei mortai tradizionali di legno, oppure, nelle regioni della savana, il couscous di miglio. La varietà di salse e stufati che li accompagnano meriterebbe la pubblicazione di un libro di cucina. Dalla salsa di arachidi, a quella di melanzane, dalla saga saga (una salsa di foglie di manioca e olio di palma rosso) alla salsa di gombo (simile a una piccola zucchina) e soumbala (il dado tradizionale, ottenuto dalla macerazione dei grani di neré), dal kedjenou, uno stufato di carne generalmente di pollo o faraona, ma anche in infinite varianti con carne di selvaggina (cerbiatto, serpente, scimmia, pipistrello o agouti, una sorta di nutria), fino alla salsa di pesce essiccato, dal sapore molto intenso.
Se si vuol mangiare invece dell’ottimo pesce fresco, lungo la costa c’è solo l’imbarazzo della scelta e tra i crostacei, il granchio è quello decisamente più amato dagli ivoriani.
Ovviamente il tutto servito in dosi luculliane e accompagnato da alloko (banano fritto), manioca fritta, ragù di igname (pezzettoni di igname stufati nella salsa di pomodoro), o insalata, che altro non è se una ricchissima composizione di avocado, mango acerbo, cipolle crude, pomodori, banani fritti e qualche foglia di insalata, il tutto affogato in salsa vinaigrette.
Non preoccupatevi, in Costa d’Avorio esiste anche la possibilità a Grand Bassam, di mangiare una pizza, buona quasi quanto quella italiana, ma vi garantiamo che la cucina ivoriana merita di essere scoperta!
L’acqua in Costa d’Avorio si beve solo in caso di estrema necessità. A tavola si preferiscono i succhi di frutta locali, ricavati dallo zenzero, dai fiori di ibisco (bissap) o dal frutto di baobab, e ovviamente fiumi di birra nazionaleIvoire.
Gli ivoriani sono grandi bevitori di alcolici. Sui tavoli dei maquis è usanza accumulare i vuoti delle bottiglie ordinate e ritirarli solo a fine serata, per poter calcolare senza errore il numero di bottiglie servite, “les bons comptes, font les bons amis!”.
Ma non esistono solo gli alcolici industriali, vi è anche grande consumo e scelta di quelli prodotti artigianalmente dalla notte dei tempi, dal bandji (vino di palma fermentato), al tchapalo (birra di miglio), ai distillati di palma (koutoukou) o di fave di cacao, che possono anche raggiungere gradazioni alcoliche superiori ai 50% vol.
A parte qualche biscotto preparato artigianalmente a base di pasta di arachidi, la Costa d’Avorio non ha una grande tradizione di pasticceria. Certo, nelle città principali vi sono forni che vendono dolci di panna, croissant di crema o torte di compleanno, oltre a qualche gelateria, ma il vero dessert sulla tavola ivoriana è la frutta, dall’ananas “pirogue”, al mango e la papaia, dalle piccole e dolcissime banane locali, alla noce di cocco.
Solo in tempi recenti e su input di ONG internazionali, si è cominciata timidamente la trasformazione del cacao in cioccolato e bisogna dire con ottimi risultati. A Grand Bassam e ad Abidjan se ne può trovare di ottima qualità. Ma ancora oggi il più grande produttore africano di cacao, destina la totalità del prodotto grezzo all’esportazione.