Foto © I. Fornasiero
La leggenda narra che quando il potente impero del Mali minacciò di muovere guerra al popolo Senoufo, che da sempre abitava la regione delle savane nel nord dell’attuale Costa d’Avorio, si trovò a fronteggiare una popolazione estremamente pacifica e del tutto disinteressata al conflitto. I Senoufo, infatti, ieri come oggi, si dedicano principalmente all’agricoltura e sono dei mirabili cultori dell’arte: tessitori, danzatori, scultori, pittori e valenti artigiani, i cui manufatti sono apprezzati in tutto il Paese.
I simboli Senoufo sono tra i più iconici e riconoscibili di tutta l’Africa occidentale e vengono replicati in tutte le manifestazioni artistiche.
Maschere bicefale dagli inconfondibili lineamenti, granai affusolati, uccelli, antilopi e danzatori, sono i principali soggetti che popolano le celebri tele di Fakaha (o di Korhogo), drappi di cotone ivoriano dipinti a mano con strumenti tradizionali e colori naturali, che hanno addirittura conquistato l’interesse di Pablo Picasso, che si dice ne abbia tratto ispirazione per la composizione di alcune delle sue opere più celebri.
Gli stessi simboli compaiono sul legno scuro delle maschere e delle sculture prodotte dagli abili intagliatori del quartiere di Koko, nel centro di Korhogo, capoluogo della regione. Le maschere vengono realizzate in città ma è nel bosco sacro che prendono vita, custodite ed onorate dai membri iniziati della società segreta del Poro, che nella zona è la più importante e conta il maggior numero di affiliati. Per evitare infatti lo stigma sociale, tutti i giovani Senoufo sono tenuti a compiere un percorso iniziatico strutturato in più tappe, in un lasso di tempo di circa 7 anni in cui i novizi vengono sottoposti a svariate prove che consentono loro di comprendere e apprendere i segreti della tradizione.
Condurre un’esistenza retta e compiacere gli antenati significa, per i Senoufo, attenersi ad una serie di dettami codificati nel tempo, dalla nascita, fino al temine dell’esistenza terrena, quando, con un elaborato rito funebre, il defunto viene accompagnato a ricongiungersi con gli spiriti ancestrali. A questo rituale, di grande rilevanza nella cultura Senoufo, possono partecipare solo i membri del Poro, che onorano il defunto con un corteo lungo le direttrici principali dei villaggi, a cui si aggregano grandi maschere piumate, al cospetto delle quali le donne e non iniziati devono distogliere lo sguardo, per ossequio e riverenza.
Nata come danza di celebrazione per i funerali ma oggi eseguita anche in contesti più festosi pur conservando la propria aura di sacralità, la danza Boloye, o danza degli uomini-pantera, è un’esibizione acrobatica messa in atto da membri del Poro o da giovani che stanno portando avanti il percorso iniziatico, a cui è possibile assistere anche come spettatori esterni. Al suono di tamburi e strumenti a corda, danzatori abbigliati con tute maculate che coprono anche il volto, eseguono una movimentata coreografia che rimanda alle movenze feline e richiede innegabili doti fisiche e corpi forgiati da lunghi allenamenti.
E se il Boloye rimane di pertinenza maschile, alle ragazze Senoufo è riservata invece la danza Ngoron, una performance coreutica in cui le giovani donne, a seno nudo, danzano in cerchio, accompagnate dai canti delle anziane del villaggio e dai ritmi marcati dei balafon e dei tamburi. Tradizionalmente eseguita in chiusura delle cerimonie iniziatiche femminili, per celebrare il definitivo passaggio dall’infanzia all’età adulta e il momento del reinserimento delle giovani nella comunità, attualmente viene proposta anche in ossequio alle personalità più illustri in visita al villaggio, come festoso momento di accoglienza ed affermazione della coesione sociale.
Ma le attività connesse alla società segreta del Poro non sono le uniche attrattive della regione delle savane.
Sempre Korhogo, a poca distanza dal centro città, le rocce sacre di Sihenlow, grossi massi tondeggianti, che si dice siano discesi dal cielo, sono divenuti luogo votivo in cui si recano persone provenienti da tutto il Paese a cercare soluzione alle proprie problematiche. E poco distante si trovano anche centri di produzione di ceramiche e di burro di karitè, gestiti da cooperative di donne, una fucina per la lavorazione artigianale del ferro, a Koni, e il villaggio di Kapele, famoso per l’arte della lavorazione delle perle.
Allontanandosi di qualche decina di chilometri si giunge infine a Niofoin, piccolo agglomerato di capanne e granai, in mezzo alle quali troneggiano maestose case sacre dalle particolari coperture a cono. Dimore centenarie in cui si conservano i feticci del villaggio e nelle quali solo gli iniziati hanno diritto d’accesso.