Foto © L.F. Paoluzzi
Asmara è una “Piccola Roma” del Novecento, un angolo della provincia italiana, catturata come in un’immagine “vintage”, nelle architetture, nelle piazze, nelle insegne e nelle usanze di un popolo, gli Asmarini, che hanno fatto proprie le consuetudini di una realtà italiana in parte dimenticata in madrepatria, ma che si conserva intatta in terra africana.
Questo è valso ad Asmara l’inserimento nella lista Patrimonio Unesco nel 2017, in quanto bene culturale eritreo, ma anche in quanto testimonianza di un’Italia ormai sparita.
Asmara, è un trattato di architettura del Novecento a cielo aperto, in una città che accolse tutte le più importanti correnti avanguardiste: Cubismo, Futurismo, Modernismo, Razionalismo, Art Deco, ma anche reminiscenze del Liberty, neoclassiche o neogotiche. Una mescolanza di stili diversi, che furono la sintesi dell’estro creativo, del genio italiano, libero dai vincoli urbanistici e architettonici della madrepatria e che in Eritrea ebbe “carta bianca” nella ricerca di una “città dell’utopia”.
Passeggiare per Asmara con un cono gelato, è un po’ come ritrovarsi tra i palazzi della Garbatella o nel centro di Sabaudia, tra le ville residenziali del litorale pontino o tra i villini di Monteverde Vecchio. Con la differenza che ad Asmara non sono solo le scenografie architettoniche che ci riportano indietro nel tempo, ma anche le atmosfere.
Una full immersion in un passato che sembra essersi cristallizzato in terra africana, nella purezza delle linee futuriste dell’edificio a forma di aereo della Fiat Tagliero, stazione di servizio simbolo di Asmara, progettata nel 1938 dall’architetto Giuseppe Petazzi, o nel vecchio Cinematografo Impero dalla facciata art deco, con ancora le vecchie locandine anni ’50 e ’60 che riportano nomi quali Fellini, Totò, Sordi e Mastroianni.
O il Teatro dell’Opera, vero capolavoro del 1919, in una commistione stilistica che va dal Risorgimento, al Neoromanico, al Neoclassicismo, con un’elegante espressione del Liberty nei decori interni.
Ad Asmara si può gustare un cappuccino con cornetto al Bar Zilli o sorseggiare un caffè macchiato in vetro al Bar Tre Stelle, giocando a biliardo “all’italiana” e ammirando il monumentale Cinema Roma. Si può dormire all’Albergo Italia, il più antico della città,o inviare una cartolina dalla Posta Centrale, dove veramente il tempo sembra essersi fermato, negli arredi art nouveau, che verrebbe quasi voglia di dimenticare l’esistenza di internet e inviare un telegramma a casa con il telegrafo. Senza tralasciare la Chiesa Ortodossa di Enda Maryam, dell’architetto Gallo, progettata negli anni ’20 in stile modernista, ma ispirandosi alle tecniche e ai materiali dell’architettura tradizionale abissina.
Estremamente suggestivo è ripercorrere la teoria di arredi urbani, insegne e manifesti pubblicitari vintage, scovando le indicazioni di un “Tabacchi di Stato”, “Mobili Cappa”, “Caravanserraglio” (oggi Medebar, caotico mercato del riciclo), “Casa degli Italiani”, o un “Cinema Odeon”, “Bar Rosina”, “Club Bocciofilo” e un “Municipio di Asmara-Fognature” sbalzato su un chiusino di ghisa; e ancora le cassette delle lettere “Postino Box”, i gabbiotti in metallo per i lustrascarpe, dei vecchi manifesti del “Campari” o i distributori di caramelle sul bancone originale in legno della “Farmacia Centrale”. Tutte reminiscenze di un’epoca perduta, ma che continua a vivere, gelosamente custodita, in una sorta di ri-contestualizzazione temporale e geografica, tutta africana, anzi tutta tigrina.
E non stupisce affatto che ci si possa ancora imbattere in vecchie Fiat 500, Alfa Romeo e perfino Topolino, puntualmente riportate a nuova vita da meccanici esperti che si tramandano i segreti (e i vocaboli meccanici italiani) di questi vecchi modelli, di generazione in generazione.
Così come non sorprende ad Asmara poter comperare dello stracchino e della ricotta da un “pizzicagnolo”, ordinare “pomidori” dal fruttivendolo e festeggiare in settembre il Capodanno Copto con il panettone e l’araki, il liquore all’anice simile alla sambuca. Ma niente paura, una gustosa injeraè sempre pronta in tavola, a ricordarci che siamo in Eritrea, nel cuore della regione tigrina.
Dall’arrivo degli italiani, alla fine del XIX secolo, Asmara sembra essere rimasta sospesa nel tempo, dalla mite frescura dei suoi 2347 metri, cristallizzata in atmosfere d’altri tempi, mantenendo lo stesso tessuto urbano, le stesse architetture e decori, le stesse consuetudini quotidiane, invariate per quasi un secolo.
Ma non dimentichiamo mai che il segregazionismo fascista dell’Italia, produsse anche le bidonville periferiche, ancora oggi abitate da migliaia di Tigrini.