SITI UNESCO
Attualmente in Eritrea è iscritta nella Lista dei Patrimoni dell’Umanità unicamente Asmara (2017), in qualità di città modernista africana.
Si tratta infatti di un esempio stupefacente di architettura, unico al mondo.
Candidato per la una nuova iscrizione è il Paesaggio culturale di Cohaito, situato nell’odierna regione del Sud. Si tratta di un sito caratterizzato dalla presenza di un insediamento rupestre risalente al V millennio a.C..
ARTE RUPESTRE E ARCHEOLOGIA
In Eritrea la presenza umana è attestata fin dall’VIII millennio a.C. Numerosi sono infatti i resti paleontologici, preistorici, protostorici e storici che si addensano nelle sue terre.
Eccone alcuni importanti esempi.
- In particolare, le pitture rupestri in Eritrea risalgono al VI millennio a.C. e rappresentano scene di pastorizia. Come quelle presso Carora, nel Nord del paese, non lontano dalla frontiera con il Sudan, vi è un gruppo di rocce chiamate Abba Ciakat. Su alcune di esse sono dipinti bovini. Si tratta di figure policrome o monocrome. In alcuni casi gli animali sono rossi con il contorno e le corna bianche. Agli animali si associano talvolta figure umane.
- Molto interessante è il sito di Metera, che è al tempo stesso il nome di un piccolo villaggio e quello di un importante sito archeologico, situato 136 chilometri a sudest di Asmara sulla strada che conduce al confine con la regione del Tigray in Etiopia. Si trattava di un antico scalo commerciale tra Axum e il porto di Adulis. Nel sito sono già state trovate tracce di numerosi livelli di occupazione, comprese almeno due grandi città. I livelli più alti sono axumiti (Regno di Axum, 100 a.C-960 d.C), databili grosso modo tra il IV e l’VIII secolo. Al suo interno si trova un obelisco dell’era axumita, Hawulti che costituisce il più antico esempio di scrittura Ge’ez (antico etiope). Il paesaggio intorno è incantevole.
- Cohaito, che sopravvisse fino al VI secolo, è spesso identificata anche come la città Coloe, descritta nel “Periplo del Mare Eritreo”, un documento greco-romano della fine del I secolo d.C. Coloe situata a 2500 di altitudine, su un altipiano ai margini della Rift Valley etiopica, prosperò come importante tappa sulla rotta commerciale tra Adulis e Axum. L’area delle rovine di Kohaito è estesa e comprende rovine del primo millennio a. C., stele, una tomba e la più lunga iscrizione (79 parole) Ge’ez mai trovata. Di quella che leggenda la identificava come “casa della regina di Saba”, sono rimaste solo quattro suggestive colonne. Intorno vi sono le tracce di almeno sei altri tempi, probabilmente precristiani.
- L’antica città portuale di Adulis, porto dell’antico regno di Axum, si trova più a est nella regione del Mar Rosso Settentrionale dell’Eritrea. “Il nome”, come sottolineato da Francois-Xavier Fauvelle, professore di Storia e Archeologia dei mondi africani al College de France in “L’Africa Antica” (2020, Einaudi) è conosciuto dalle fonti classiche. Gli scavi presero avvio in un contesto particolare: nel 1868 i Brittannici avevano inviato una spedizione per liberare alcuni loro espatriati tenuti prigionieri dall’imperatore Teodoro. Il generale inglese Napier intraprese scavi per la costruzione di un porto a Zula, luogo di sbarco vicino all’antico sito. Nel 1097 furono poi avviati i primi scavi scientifici e le campagne successive (1961-629 dell’archeologo francese Francis Anfray che hanno portato alla luce le strutture di grandi edifici, monete e vari oggetti di importazione in grado di testimoniare il ruolo attivo di Adulis nel commercio tra il Mediterraneo e l’Oceano Indiano. Mentre il sito archeologico di Matera (una delle principali città del Regno Axumita) si trova a sud. Maestoso il paesaggio circostante, dominato dalla montagna più alta dell’Eritrea, Emba Soira.
- Keskese, a 125 chilometri da Asmara, vicino a Senafè. Tra i molti resti, interessanti sono alcune stele cadute, cinque pilastri di pietra che riportano scritte Sabee (lingua dell’antica Arabia sud occidentale).
- Museo Nazionale dell’Eritrea ad Asmara: ospita un’esposizione suddivisa in diverse sezioni: paleontologia e preistoria, archeologia e storia medioevale, etnografia e storia naturale dell’Eritrea. Nella parte etnografica è presente una collezione proveniente dalle nove diverse etnie che abitano il paese. All’interno del museo si trovano anche dipinti che raccontano la storia dell’Eritrea, dal periodo tribale all’epoca coloniale, fino alla guerra e all’indipendenza.
ARCHITETTURA
Per gli appassionati di architettura, Asmara costituisce un luogo, a dir poco, straordinario.
È art decò, modernismo, futurismo e razionalismo insieme. E’ un tuffo nell’Italia che fu. Il patrimonio architettonico (UNESCO, 2017) è apprezzabile ovunque per le vie della città che sono estremamente sicure sia durante le ore diurne, sia di notte.
Numerosi sono gli edifici degli di nota, a cominciare dalla celeberrima stazione di servizio Fiat Tagliero. In stile futurista, fu progettata dall’ingegnere italiano Giuseppe Pettazzi. Le forme avveniristiche ricordano, non a caso, quelle di un aeroplano in linea con il valore supremo della velocità, emblematico di questo movimento culturale. È un’opera unica.
Per proseguire poi con il Cinema Impero, ideato dall’architetto Mario Messina e molto simile all’omonimo romano situato nel quartiere di Tor Pignattara. Quello di Asmara era inizialmente un progetto molto ambizioso, comprendente un cinema a tre piani in grado di ospitare 1.800 persone, una sala biliardo, un ristorante, una caffetteria, un bar e dei negozi, appartamenti e uffici. L’edificio attuale incorpora invece un cinema a due piani, un bar e negozi a livello della strada e uffici ai piani superiori. La facciata del cinema si affaccia su Harnet Avenue, un tempo Corso Italia, e rimane uno degli elementi più caratteristici e interessanti di Asmara. Si tratta infatti di un esempio eccezionale di design razionalista degli anni Trenta. All’interno dell’auditorium, sedili in legno sono disposti su un pavimento leggermente inclinato. Le pareti, adornate con interessanti motivi decorativi motivi a stucco di immagini africane (ballerini, palme alberi e antilopi), rimandano a uno stile vagamente Art Decò.
Meno scenografico, ma esemplificativo di quello che fu l’architettura degli anni Trenta, è anche il Cinema Odeon. Così come il cinema Roma, con tanto di gigantesca iscrizione. C’è poi il teatro di Asmara, uno degli edifici più grandi della città e probabilmente l’ultimo lavoro dell’architetto Odoardo Cavagnari. Ci sono il Ministero della Salute con la sua facciata concava; la Grande Moschea che è una fusione di elementi romani e musulmani; la Cattedrale Ortodossa di Enda Mariam; la stazione di servizio Shell; la cattedrale cattolica del 1922; il Salam Hotel, esempio di architettura modernista … Insomma, un susseguirsi di luoghi che si prestano a un’attenta osservazione. Per non parlare degli interni dei caffè, degli hotel, dei ristoranti… Dal bar Zilly all’albergo Italia. Esterni e interni in cui perdersi a lungo.
- Massaua: A 115 chilometri da Asmara, Massaua è una città portuale, situata sulla costa africana del mar Rosso, che fu capitale dell’Eritrea italiana dal 1890 al 1897. Il suo centro storico è un connubio di architettura italiana, egiziana e ottomana, che riflette la storia complessa e multiculturale della città. Percorrendo il dedalo di viuzze che la caratterizza, si giunge fino al vecchio bazar coperto, con le case dei mercanti ornate da terrazze in legno e mashrabiyya, ossia balconate in stile moresco. Si arriva quindi al palazzo in rovina della Banca d’Italia risalente al 1920. Massaua era infatti uno dei più importanti porti della regione e, in tempi successivi, scenario di dolorosi eventi bellici che, pur avendone minato lo splendore, non ne hanno però però il fascino po’ decadente. Poco lontano un monumento rappresentante tre carri armati commemora i caduti della guerra civile in Eritrea.
ARTE TRADIZIONALE
- La tessitura del cotone con telaio tradizionale costituisce un elemento importantissimo dell’arte tradizionale e dell’artigianato eritreo. Sciarpe, scialli,… E la storia del cotone arriva dritta da un capitolo della storia italiana. Tra 1907 e 1912 si iniziò infatti, a opera di un gruppo di industriali del Nord Italia, la produzione cotoniera. Ma l’attacco di cavallette e siccità nel 1913 e la Guerra Mondiale bloccarono successivamente la produzione a scopo industriale e, per diversi anni, il cotone rimase limitato alle piccole coltivazioni sperimentali di alcuni agronomi. Nel 1924 grazie l’accordo di Khartoum tra governo eritreo e governo del Sudan anglo- egiziano sbloccò la situazione: le acque del fiume Gash (detto Marèb nell’Hamasièn) affluirono a irrigare quindicimila ettari di bonifica nella zona di Tessenei, dove, attirate dalle nuove possibilità economiche, si trasferirono famiglie di diverse etnie (Bileni, Mària, Atmariam, At Tacles, Baria, Cunama, Amara, Tacruri, Sudanesi, Yemeniti, elenca Giannino Marescalchi). Nel 1926 le opere cotoniere vennero titolate al Principe di Piemonte Umberto. Come varietà, venne scelto il cotone Sakellaridis (o più semplicemente Sakel) di origine egiziana, a fibra lunga, di minore produttività rispetto al tipo americano, ma assai più pregiato e resistente alle malattie; malattie, tuttavia, che quando insorgevano erano spesso devastanti e difficilmente contrastabili, almeno con i mezzi di allora. Presso Tessenei, a Alighidìr (talvolta trascritta come Aligider) nacque, nel secondo dopoguerra, una delle più felici imprese italiane: quella di Roberto Barattolo. Ed è proprio ad Alighidìr, nel laboratorio artigianale Alkemya, fondato da Nadia Biasiolo che ancora si coltiva il cotone destinato alla produzione di sciarpe e sciamma, ossia la tela bianca di cotone, di fattura locale molto soffice che indica la toga ugualmente indossata da uomini e donne.
- La Carta Aromatica d’Eritrea è un prodotto realizzato con 35 resine e oli essenziali e fabbricato con procedure manuali per purificare e profumare l’aria degli ambienti. E’ al 100% naturale ed ecologico. A differenza della maggior parte dei semplici deodoranti esistenti in commercio, in formato spray, questo prodotto contribuisce alla salvaguardia dello strato di ozono, costantemente aggredito dai propellenti chimici. La Carta Aromatica d’Eritrea, che ha quasi ottant’anni, ha sempre il medesimo formato, ossia i famosi “libretti” da 24 listelli da bruciare lentamente per sprigionare quell’incredibile profumo che dall’inizio del secolo scorso è apprezzato e ricercato in tutto il mondo.
- L’Arte contemporanea eritrea è soprattutto figurativa, dai colori sgargianti e offre quadri figurativi in cui domina l’amore per le proprie secolari tradizioni e il religioso rispetto per le figure patriarcali.
CINEMA
- “Africa sotto i mari”, Film girato nel 1952 a Massaua in Eritrea per la regia di Giovanni Roccardi, aiuto regista Nanni Loy (per vedere il film su RaiPlay clicca qui). Pellicola forse inizialmente nata come documentario marino, bellissime infatti le riprese subacque di Giovanni Roccardi e di Gerd Beyzer su Ferraniacolor. Protagonista una giovanissima Sophia Loren che ha appena adottato il suo nome d’arte (nome vero Sofia Villani Scicolone), inventato, secondo la leggenda, dal produttore e distributore Goffredo Lombardo della Titanus. La pellicola è stata restaurata nel 2019, su richiesta di Rai Movie alla Titanus.
- “Aulò”, 2012, regia di Simone Brioni, Graziano Chiscuzzu ed Ermanno Guida. La scrittrice e saggista italiana di origine eritrea Ribka Sibhatu presenta la storia del suo paese d’origine nella città in cui vive, Roma. Ad ascoltare il racconto di Ribka e accompagnarla nel suo viaggio a ritroso nella memoria è un ragazzo che, come lei, s’interroga sul rapporto tra identità e territorio. La storia di migrazione di Ribka si interseca alle storie collettiva della diaspora del popolo eritreo, e mostra non solo il colpevole lascito del colonialismo italiano nel suo paese natale, ma di come la mancata decolonizzazione della memoria influenzi la percezione che gli italiani hanno dell’immigrazione. Aulò mette in discussione il concetto stesso di confine non soltanto inteso non solo in senso geografico, ma anche in termini culturali, politici e identitari.
- “Looking for Kadija”, 2014, regia di Francesco G. Raganato. Una troupe italiana parte a fine 2013 per L’Eritrea: ha due settimane per la cercare le location e la protagonista di un film ispirato alla vera storia d’amore, durante la Seconda Guerra Mondiale, tra Kadija, 16enne figlia del capo di un villaggio locale, e Amedeo Guillet, aristocratico piemontese, ufficiale dell’Esercito Italiano alla guida di uno speciale battaglione di guerrieri eritrei a cavallo e poi unitosi alla resistenza nazionale contro l’esercito britannico. Il regista Andrea Patierno, lo sceneggiatore Alessandro Caruso e il regista Francesco Raganato, con l’aiuto di Francesco Sardello, pianificano i provini per trovare l’attrice principale, esplorano i possibili set. In questo lavoro si spostano tra le città di Asmara, Massaua e i villaggi di Agada, Cheren, Cheru, ricostruendo questa vicenda poco nota e molto avventurosa (raccontata da Vittorio Dan Segre in “La guerra privata del tenente Guillet. La resistenza italiana in Eritrea durante la seconda guerra mondiale”, Corbaccio 2008). La chiamata ai casting presso i vecchi cinema riscuote successo e le candidate che si presentano fanno emergere, in modi diversi, la storia recente della prima colonia italiana in Africa.
Sono giovani donne che raccontano del servizio militare obbligatorio, o civile, di congiunti emigrati o in cerca di un posto su un barcone verso le coste italiane, di amori finiti, di famiglie divise dall’emigrazione in Sudan o negli Stati Uniti. - “Asmarina”, 2014 di Alan Maglio e Medhin Paolos. Documentario che, a partire dal materiale fotografico e audiovisivo presente in archivi istituzionali e privati, raccoglie l’eredità delle storie personali e indaga le sfumature dell’identità e della migrazione della comunità eritrea/etiope, presente in Italia da almeno mezzo secolo.
- “Eritrea. Una stella nella notte dell’Africa”, 2017, è un docufilm d’inchiesta realizzato dal giornalista Fulvio Grimaldi che racconta la liberazione del popolo eritreo dal dominio etiopico e la storia del Paese a cominciare dall’Ottocento.
- “Alganesh”, 2021, documentario Netflix delle registe Lia e Marianna Beltrami. Una testimonianza che offre una voce alla sopravvivenza dei profughi ai confini tra Etiopia ed Eritrea. Il film ha già vinto 14 premi nei festival internazionali.
LETTERATURA
Pressoché impossibile reperire notizie precise sulla letteratura dell’Eritrea. Da anni l’Eritrea, come riposato da Africa Rivista, è una sorta di prigione a cielo aperto. Ogni dissenso è duramente represso. Non esistono partiti di opposizione. I media, fatta eccezione per quelli statali controllati dal regime, sono stati chiusi. Alle diverse religioni è impedito o fortemente limitata la possibilità di effettuare qualsiasi azione sociale sul territorio (scuole, ospedali, ambulatori, ecc.). Neanche la pace con l’Etiopia ha permesso si cambiare la situazione. Fatta eccezione per una maggiore libertà economica, la presa del regime è ancora forte su tutte le attività sociali.
MUSICA
La tradizione musicale non religiosa è legata alla danza. Tra le popolazioni tigrino si danza in cerchio (gwailà). E, sempre tra i tigrini, il più famoso genere musicale tradizionale è la guaila. Tra gli strumenti tradizionali della musica popolare Eritrea figurano i krar a corde, una lira a forma di ciotola, kebero (antico strumento della famiglia dei liuti), la begena (strumento a lira a dieci corde), il masenqo (strumento ad arco) e il wata (parente rudimentale del violino). Un artista popolare è la cantante Helen Meles. Altri musicisti locali sono: Kunama Dehab Faytinga, Ruth Abraha, Bereket Mengisteab, Yemane Baria e Abraham Afewerki.
Testo a cura di Paola Scaccabarozzi