Foto © A. Pappone
La Regione Orientale dell’Etiopia che si estende fino al confine somalo, è una delle più interessanti e varie del paese.
Qui la morfologia e il paesaggio, vanno dalle piane brulle e calde, storicamente terre del popolo oromo, ai laghi vulcanici di Debre Zeyit, dalle piantagioni di qat di cui è ricca la zona alle savane del Parco Nazionale dell’Awash, dai monti e carteri vulcanici fino a lasciare gradualmente spazio agli altipiani dove sorgono l’ordinata città di Dire Dawa e quella ben più antica di Harar.Il paesaggio che si incontra cominciando a salire di quota, è uno dei più belli dell’Etiopia.
La città di Dire Dawa, venne fondata nei primi anni del 1900, conseguentemente alla costruzione della linea ferroviaria che unisce Addis Abeba al porto di Gibuti. Se la città è quindi di concezione moderna, diventando tra l’altro la seconda città più popolata dell’Etiopia, i suoi dintorni nascondono testimonianze fossili e litiche preistoriche che ne fanno una delle terre più antiche dell’umanità. Non dimentichiamo che fu proprio in questa regione che vennero ritrovati i resti dell’ominide Lucy.
Non distante da Dire Dawa, sorge l’antica città di Harar, roccaforte della penetrazione dell’Islam sul suolo Etiope. Con i suoi innumerevoli vicoli, si distingue dagli altri centri etiopi, ricordando più un suk mediorientale.
Una delle curiosità di Harar consiste in un rituale, antico quanto la città, che si perpetua ogni notte da secoli, durante il quale gli uomini danno da mangiare bocconi di carne alle iene.
Storicamente fu un importante crocevia, un centro commerciale che attirava genti perfino dall’India e sede del più importante e ricco mercato del Corno d’Africa. Il suo apice lo raggiunse sotto il controllo arabo nei secoli XVII e XVIII. Fu solo nel 1854 che un non musulmano mise per la prima volta piede ad Harar, si trattava dell’esploratore britannico Richard Burton. Nel 1887 la città si arrese all’Imperatore Menelik e si aprì definitivamente alle influenze esterne, pur mantenendo sempre una sua forte identità. Ricordiamo che Arthur Rimbaud passò gli ultimi anni della sua vita ad Harar.
La città venne fortificata nel XVI secolo da un emiro arabo, per frenare le minacce degli Oromo e le porte di accesso al centro sono 6, di cui 4 originarie. Nel dedalo di viuzze e vicoli stretti, si trovano suggestivi scorci, caratterizzati da edifici storici, numerosissime moschee antiche (3 delle quali del X secolo), santuari, tombe, botteghe artigiane e le tipiche case harari. Le abitazioni sono generalmente a due piani con il tetto piatto, costruite con l’argilla e travi di legno e dipinte a calce. La facciata non di rado viene decorata da pitture verdi o blu, mentre le pareti interne sono arricchite di arazzi e nicchie. E’ quanto di più suggestivo l’architettura musulmana etiope possa offrire, un unicum di contaminazioni mediorientali e africane, impreziosite di elementi decorativi di derivazione indiana, quali i caratteristici ballatoi verandati.