Uno dei gioielli indiscussi dell’Etiopia è la cittadina di Lalibela e le sue antiche chiese rupestri, impregnate di storia millenaria che riporta alla dinastia degli Zagwe, i quali fondarono, tra il XII e il XIII secolo, la Nuova Gerusalemme d’Africa.
Le chiese rupestri sono quanto di più eccezionale e suggestivo l’architettura etiope ci abbia tramandato, denotando un unicum straordinario che ha contribuito al diffondersi di leggende, secondo cui furono impegnate « maestranze celesti » nella realizzazione. Il complesso si sviluppa su un’area relativamente ridotta, in cui si concentrano ben 11 chiese, di cui le 6 costruite nella parte nord-occidentale sono sicuramente le più imponenti. Una delle loro caratteristica principali è quella di essere concepite, come degli enormi blocchi monolitici, scavati nella roccia in profondità verticale e completamente staccati dalle pareti rocciose che li circondano sui lati.
La più imponente è la Bet Medhane Alem, più simile a un tempio greco. Circondata da 34 grandi pilastri rettangolari e sostenuta da 38 colonne. La parte centrale presenta una volta a botte e intorno sono disposte 4 navate laterali. Le finestre in pietra sono decorate ognuna da una croce centrale e nella chiesa è conservata la croce d’oro che pesa 7 kg che venne rubata nel 1997 e in seguito ritrovata.
Una galleria collega Bet Medhane Alem a un cortile dove sorgono altre tre chiese, di cui una dedicata alla Vergine, concepita con forme architettoniche cariche di simbologie e decorata di splendidi affreschi e intagli, oltre a conservare un bassorilievo raffinatissimo, raffigurante San Giorgio e il Drago. Nella parte nord-occidentale, quella più venerata di tutte è sicuramente la Bet Golgotha, il cui ingresso è proibito alle donne. Qui sono conservati tra gli esempi più alti di arte cristiana dell’Etiopia, come le sculture dei santi nelle nicchie di pietra, la tomba del re Lalibela e alcuni oggetti ad esso appartenuti.
Nella zona sud-orientale sono conservate le chiese monolitiche più belle e raffinate di Lalibela. I capolavori indiscussi sono i monoliti di Bet Amanuel e Bet Giyorgis, di cui la prima presenta alcuni influssi axumiti. La seconda si dice venne edificata dal re Lalibela a seguito della visita di San Giorgio in persona. Si presenta isolata dal resto delle chiese e presenta una forma a croce greca. Qui sono conservate ancora due scatole in legno dell’epoca, di cui una conserva un crocefisso il cui oro si dice provenga dal tempio di re Salomone a Gerusalemme.
Visitare l’area delle chiese rupestri e la città di Lalibela diventa ancor più suggestivo durante una delle importanti festività della chiesa copta, come il Natale ortodosso (Leddet o Genna) e la Pasqua ortodossa (Fasika), in cui migliaia di pellegrini vestiti con le tuniche bianche giungono da tutto il paese al cospetto dei sacerdoti vestiti dei paramenti più ricchi.Atmosfere mistiche e mitiche senza tempo, vecchie leggende di santi guerrieri, echi lontani di templi salomonici, antiche epopee che riportano alla Regina di Saba e all’Arca dell’Alleanza. Tutto si impregna di spiritualità a Lalibela, al suono ipnotico dei canti ortodossi.
Se il Genna e il Fasika meritano di essere vissuti, altrettanto si può dire del Timkat (Epifania ortodossa). Ci si sposta nella regione di Gondar, altro luogo carico di storia ed echi lontani moresco-portoghesi, dove l’Imperatore Fasilide costruì nel XVII secolo sontuosi e fiabeschi palazzi merlati. Qui si trovano i bagni dell’Imperatore, che ogni anno vengono riempiti di acqua benedetta dal sacerdote. Se il momento della benedizione è avvolto di una spiritualità raccolta e suggestiva, ben più movimentato è quello in cui migliaia e migliaia di fedeli accorrono per rivivere e celebrare il Battesimo di Cristo, in un bagno collettivo purificatore.