Foto © A. Pappone
Visitare la città di Kumasi, la seconda più grande di tutto il Ghana, significa immergersi nella storia di quello che fu uno dei Regni più potenti e antichi dell’Africa Occidentale.
Di origine Akan, il popolo Ashanti fu il detentore dei commerci di materie prime con le grandi potenze europee, facendo la propria fortuna soprattutto con il traffico di oro e schiavi, catturati nel corso di secoli di espansionismo e lotte tribali. Non a caso, il primo sovrano del Regno Ashanti unificato, Osei Tutu I, venne intronizzato nel XVII secolo su uno sgabello d’oro, che la leggenda vuole essere sceso dal cielo.
Popolo che ha mantenuto intatti i propri usi e costumi e la propria fede ancestrale, convive oggi in perfetta armonia tra tradizione e modernità.
A parte le interessanti visite didattiche a musei della città e ai luoghi storici sacri, che ne ripercorrono e ne illustrano le glorie terrene e spirituali, per poter veramente entrare in contatto con questa antica cultura, ancora viva, è imperativo partecipare a una delle cerimonie tradizionali che si perpetuano immutate da secoli.
L’Akwasidae, è generalmente indicata come festival, ma si tratta in realtà della cerimonia religiosa più sentita dal popolo Ashanti. Vero e proprio evento rituale collettivo, rinnova ogni 42 giorni la devozione dei sudditi al proprio re (Asantehene) e la loro gratitudine nella forze soprannaturali spirituali, senza le quali il potere terreno non potrebbe esistere.
Un turbinio di danze sfrenate, ritmo e percussioni, colori, odori e paramenti. I capo-clan arrivano in processione sfarzosa al cospetto della guida suprema e dei sacerdoti tradizionali, ognuno accompagnato dalla propria corte e dai propri servitori. Uno sfoggio vertiginoso di ricche stoffe kente, gioielli d’oro, ombrelli, portantine e canne reali, un tripudio di simboli adinkra, l’antica scrittura metaforica e ornamentale che racconta le glorie degli Ashanti, accompagnano una moltitudine di doni per il re e si concludono con un enorme sacrificio propiziatorio, di riconoscenza agli spiriti ancestrali e alle forze soprannaturali.
L’importanza che gli Ashanti riservano all’ultraterreno e all’aldilà, come in tutte le culture vudù e animiste, è rappresentato anche dalle cerimonie funebri. Più che eventi tristi, sembrano vere e proprie feste, condite da canti e danze sfrenate. Chiunque può parteciparvi, in un momento collettivo di condivisione festosa, che porta conforto ai famigliari e rende omaggio al defunto, non tanto per ciò che ha realizzato in vita, ma soprattutto per ciò che farà nell’aldilà e la protezione che invierà dal potente regno dei morti. I colori di queste vere e proprie parate, sono il rosso e il nero. Di rosso acceso sono vestiti i parenti stretti del defunto, di nero i conoscenti. Più sarà alto il rango sociale della famiglia, più sarà sontuosa la cerimonia. Il capo-clan è obbligato a presenziare, accompagnato dai suoi servitori e immediatamente riconoscibile per l’ombrello e la canna reale, lo sfoggio di gioielli in oro e la preziosa stoffa adinkra, riservata solo ai componenti delle famiglie reali.