Se la tratta negriera cominciava nella Regione di Kumasi, tramite l’espansionismo secolare del Regno Ashanti che procurava la “materia prima”, Cape Coast ne rappresentava la meta conclusiva prima della traversata atlantica, triste retaggio oggi di quello che fu uno dei più importanti centri di smistamento e vendita di schiavi alle potenze europee.
Il Castello risalente al XVII secolo, che sorge in posizione strategica sul promontorio, servì da quartier generale e centro di stoccaggio, per svedesi, olandesi e danesi, in ultimo sotto gli inglesi che ne consolidarono il monopolio definitivo.
Oggi Patrimonio UNESCO, al di là del suo valore architettonico di ingegneria militare europea, rappresenta la testimonianza storica di tre secoli di rivalità europee in terra d’Africa per lo sfruttamento delle materie prime, e il simbolo di guerre e di equilibri inter-europei e di partenariati con i regni locali per il controllo della tratta negriera.
Questa imponente fortezza militare, bianca di calce, è oggi visitabile in tutte le sue parti: dalla stanza del governatore che affacciava sulle segrete femminili, alle prigioni di isolamento per i più ribelli, dalla teoria di botole e passaggi sotterranei che permettevano l’imbarco degli schiavi direttamente dalla grande Porta del Non Ritorno, affacciata direttamente a mare, senza che questi abbandonassero mai il sottosuolo. Tutto a Cape Coast è concepito in senso utilitarista all’alienazione e controllo totale degli schiavi e la loro “manipolazione”, senza il pericolo che questi avessero le forze e la possibilità di ribellarsi, esattamente come una qualsiasi merce inerme.
Oggi queste tristi vicende storiche non impediscono a Cape Coast di essere una piacevole cittadina dedita alla pesca del popolo fanti, dall’atmosfera rilassata e pacifica.