Nella regione meridionale del Kenya, tra Nairobi e il confine con la Tanzania, si estendono i parchi nazionali e le riserve naturali più famosi e ricchi di fauna selvatica del paese, il pittoresco e storico Amboseli, il caratteristico Masai Mara e l’immenso Tsavo.
Il parco Amboseli e il Masai Mara, in passato unica riserva, vennero istituiti tra gli anni ’60 e ’70 e si trovano nella regione storicamente abitata dal popolo Masai, pastori semi-nomadi di origine nilotica che qui migrarono verso il XVI e il XVII secolo. Se un vero e proprio mito è stato costruito intorno a questo leggendario popolo di antichi guerrieri (moran), è ben comprensibile, dati gli scenari suggestivi in cui abitano e nei quali hanno mantenuto intatte le proprie affascinanti tradizioni, usi e costumi, che li rendono i veri depositari dei segreti di una natura così selvaggia. Se infatti i turisti devono sottostare a rigidi protocolli di sicurezza e di rispetto dei fragili ecosistemi di un ambiente del tutto sconosciuto, ecco che il popolo masai ci si muove in libertà, perfettamente integrato in una terra apparentemente “feroce”.
La prima cosa che balza agli occhi, visitando un accampamento Masai in prossimità delle aree protette, sono i recinti di rovi che circondano le case e le aree di stallo degli armenti (enkang) per evitare le aggressioni dei predatori carnivori. I Masai, vestiti solo di un panno rosso o nero (a seconda dell’età), una lancia e il caratteristico scudo di pelle decorata, dalle bellissime fogge estetiche, si tramandano di generazione in generazione le credenze ancestrali, attraverso complessi riti iniziatici, che scandiscono il passaggio delle fasce di età e di ruolo all’interno del clan. Le case delle iniziazioni dei guerrieri (manyatta), sono prive di recinti spinosi, dal momento che la prima cosa che viene insegnata con la circoncisione è l’arte della difesa, della caccia e della guerra. Ogni cerimonia tradizionale è accompagnata da canti ipnotici e suggestive danze tradizionali.
Un tribalismo che prevede anche lo sfruttamento delle risorse naturali, in simbiosi e rispetto reciproco, in equilibrio con la natura circostante e con il Dio supremo Enkai, venerato tramite l’intercessione dell’Oibolon (sacerdote). Questo ha fatto sì che, nonostante si siano visti espropriare la maggior parte delle terre fertili delle riserve, gli si sia stato concesso di pascolare all’interno di alcuni settori dei parchi nazionali, per la loro storica “cura” del paesaggio circostante.
I Masai sono considerati ancora oggi, i soli depositari dei segreti e delle ricchezza di una natura imprevedibile ai più e apparentemente ostile.
Una natura di sconfinate savane puntellate di arbusti, acacie ad ombrello e praterie, impreziosite dal monumentale profilo della montagna più alta dell’Africa, il Kilimandjaro, che fa da sfondo alle praterie dell’Amboseli, svettando oltre il confine della Tanzania con le sue cime innevate che si tingono di rosa al tramonto, a rendere ancor più magico lo scenario.
Ogni anno migliaia di visitatori accorrono su queste distese in cerca di emozionanti safari e di incontri con il leggendario popolo Masai, sia per il contesto straordinario “da cartolina” in cui ci si trova, ma soprattutto per l’incredibile quantità e varietà di fauna selvatica che le attraversa.
A parte i grandi primati, quali gli scimpanzé e i gorilla, il campionario faunistico è praticamente al completo. Mandrie di migliaia di bufali, elefanti, gnu, antilopi e gazzelle di tutte le specie, zebre e giraffe masai, leoni, ghepardi e leopardi, rinoceronti, iene e caracal, ippopotami, avvoltoi, ibis e tante altre specie faunistiche e ornitologiche, si muovono indisturbate su una terra perennemente irrorata dai ghiacciai del Kilimandjaro o ricoperta di terre vulcaniche.
Tra gli avvistamenti più emozionanti sono le spettacolari grandi migrazione di gnu, bufali, impala, o dei mitici “Big Five”, per le loro dimensioni e la loro ferocia: rinoceronti, leoni, elefanti, bufali e leopardi; e ancora degli “Special Five”, per la loro rarità e le loro caratteristiche endemiche: la zebra di Grevy, la giraffa reticolata, lo struzzo somalo, la gazzella-giraffa (gerenuk) e l’orice dalle orecchie frangiate.
Tra le immagini più suggestive, gli interminabili branchi di erbivori che attraversano l’Amboseli all’ombra del Kilimanjaro, i piccoli leoncini che giocano all’ombra di una acacia-ombrello nel Masai Mara, gli elefanti e le zebre “rossi”, ricoperti di polvere argillosa, tipica del paesaggio collinare del gigantesco Tsavo, attraversato dalla mitica ferrovia, per la cui costruzione nel XIX secolo persero la vita 135 operai delle popolazione autoctona Akamba, attaccati la notte dalla più famosa coppia di leoni senza criniera, oggi imbalsamati nel museo di Chicago, che, ostacolati dal mal di denti, dovettero modificare la propria dieta.