Foto © M. Santoro
Su una cinquantina di isole e isolotti, al largo della costa settentrionale del Kenya, si schiude una delle perle più preziose dell’Oceano Indiano, l’arcipelago di Lamu, che prende il nome dalla sua città principale sull’isola omonima, vero e proprio paradiso marino e scrigno di antiche testimonianze storico-architettoniche, tanto che ne hanno valso l’inserimento nella lista del Patrimonio UNESCO dal 2001.
Paesaggi acquatici dalle mille sfumature cromatiche, percorsi da canali di mangrovie e barriere coralline, fondali ricchissimi e spiagge bianchissime, cordoni di dune abbaglianti, piccoli promontori di scogliere e baobab, è tra questi scenari paradisiaci, puntellati di dhow (imbarcazioni tradizionali) che fiorì una delle più autentiche civiltà swahili, sotto l’influsso dei secolari scambi commerciali con le popolazioni arabe, yemenite e persiane.
Fondata nel IX secolo, la città di Lamu conserva ancora oggi le sue affascinanti architetture tradizionali, le “stone houses”, costruite con una particolare roccia corallina e legno di mangrovia. Tra queste bianche abitazioni dalle facciate cieche, movimentate dai soli porticati di ingresso e dalle splendide porte intarsiate, abitano le comunità musulmane più identitarie della costa, nonostante un passato che vide l’alternarsi di antichi sultanati a predomini portoghesi, alleanze zanzibarine e colonizzazione inglese. Le sue venti moschee, tra cui quella di Pwani che risale al XIV secolo, ne fanno oggi una vera e propria meta di pellegrinaggio, centro spirituale per tutto l’Islam orientale africano, con delle festose celebrazioni, processioni e gare di dhow durante il Mawlid (la nascita del Profeta), mentre il suo monumentale forte del XIX secolo, testimonia dell’influsso che il vicino sultanato dell’isola di Pate ebbe su Lamu.
Il piccolo villaggio di Matondoni, non lontano da Lamu, è famoso per il suo cantiere di barche dhow, che vengono ancora fabbricate lavorando il legno secondo le antiche tecniche ancestrali, mentre sul promontorio estremo a sud-est si apre la paradisiaca spiaggia di Shela, dalle immense dune di sabbia finissima. Un piccolo canale la separa dalla vicina Isola di Manda, dal ricco passato, ma oggi pressoché disabitata. Qui sopravvivono le spettacolari rovine di tre cittadelle fortificate, Manda, Kitau e Takwa, di cui quest’ultima è la meglio conservata e ancora frequentata sporadicamente dai discendenti delle comunità swahili che qui abitavano tra il XV e il XVIII secolo. Risalendo l’arcipelago più a nord sono l’Isola di Pate, che condivide con Manda un passato altrettanto prestigioso, di cui sono testimonianza le antiche vestigia, l’Isola di Faza e l’Isola di Kiwayu, che inaugurano una zona di parchi e riserve marine, di una ricchezza naturalistica mozzafiato, autenticamente selvaggia e incontaminata.