Foto © I. Fornasiero
Una storia particolare attraversa la Liberia, non riscontrabile in nessun altro paese dell’Africa. Visitare la decadente Monrovia, equivale oggi a immergersi in atmosfere caotiche autenticamente africane, di una città “diversamente” ordinata e affascinante, ma significa anche ripercorrere la triste memoria di un’oppressione che ha generato a sua volta oppressione.
Fu nel 1822 che la prima spedizione di schiavi affrancati afro-americani, sotto concessione dell’American Colonization Society, sbarcò a Providence Island, cuore fluviale dell’attuale Monrovia, avviando di fatto la prima colonizzazione ad opera di ex-schiavi di origine africana sui propri stessi fratelli, popolazioni indigene che abitavano da secoli su queste verdi terre e che vennero a loro volta ridotte in schiavitù.
Un mosaico di popoli ancestrali Malinké, Kru, Bassa, Kpelle, Krahn, che sfuggirono nei secoli passati alle incursioni dell’Impero del Mali a nord e alle rotte commerciali portoghesi ed europee a sud, ritrovandosi improvvisamente oppressi dall’imposizione di un governo liberiano-americano.
Simbolo di questa storia coloniale tutta africana è il Masonic Temple di Monrovia, loggia ancora oggi attiva, porta di ingresso della massoneria afro-americana sul continente.
Il Waterside Market è il cuore pulsante della città, quartiere commerciale dalla tipica economia informale. Un tripudio caotico di venditori ambulanti, banchi improvvisati e negozi di lamiera, un concentrato di vita e atmosfere tutte africane. Merci e stoffe di tutti i tipi, via-vai di moto-taxi e trasporti collettivi, un brulicare di attività quotidiane in cui ormai il passato sembra solo un triste ricordo.
Monrovia sorge su una suggestiva e strategica penisola portuale, circondata dall’acqua, l’Oceano Atlantico a ovest e la foce del fiume Mesurado a est, nome donatogli dai primi esploratori portoghesi che si spinsero su queste lande in cerca dei grani di pepe, tra il XV e il XVI secolo. Oggi la fonte principale di economia della Liberia è l’esportazione del caucciù, di cui la piantagione di Firestone, fondata nel 1926, non lontano dalla capitale, appare la più estesa del mondo.
Alcuni eleganti edifici di Monrovia mostrano ancora oggi i segni della storia e le ferite della guerra civile che flagellò il paese per tutti gli anni ’90. Il National Museum, il Monumento a Joseph Roberts, il Ducor Palace Hotel, il Broken Bridge, gli edifici amministrativi del Capitol Hill, la Chiesa Metodista, sono i punti di riferimento di una capitale movimentata e disordinata, dal fascino decadente del tutto particolare, ma con una grande voglia di ricominciare. Non si può prescindere da una visita alla capitale, se si vuole entrare nella complessa realtà storica liberiana e nel suo sorprendente territorio selvaggio.