Foto © L.F. Paoluzzi Oasi del deserto libico e antica città carovaniera, conservata splendidamente nel cuore del Sahara, Ghadames incanta ancora oggi con i suoi stretti vicoli porticati e le dimore tradizionali di gesso e argilla essiccata, scrigno di epoche e culture berbere del passato, ed immersa in atmosfere sospese in una dimensione fuori dal tempo. Inserita nella lista del Patrimonio dell’Umanità UNESCO, Ghadames fu uno dei più importanti snodi commerciali tra le rotte transahariane, nonostante l’unico prodotto che offrisse al mercato fossero le bellissime babbucce artigianali ricamate. Era la sua posizione strategica, la ricchezza di acqua e la proverbiale capacità dei suoi ricchi mercanti che controllavano una fitta rete di impresari, a renderla tappa obbligata per le infinite carovane di dromedari, carichi di mercanzie che qui venivano barattate e smistate lungo ulteriori rotte. Questo ne fece le glorie e le fortune, di una città che prosperò in barba al proprio isolamento desertico. L’antica oasi che una leggenda vuole fondata attorno al pozzo Ain al-Faras, sgorgato per caso al passaggio dello zoccolo di una cavalla, fu sotto il controllo romano con il nome di Cidamus, avamposto bizantino e infine nel VII secolo conquistata dagli arabi che ne convertirono la popolazione berbera all’Islam, alla quale si aggiunse successivamente una cospicua rappresentanza di genti tuareg. Oggi il suo centro storico è interamente spopolato, ma conserva in modo esemplare le antiche glorie tra gli stretti vicoli e le architetture tradizionali delle dimore private, in parte ristrutturate o tenute vive stagionalmente dai proprietari. Tante sono le caratteristiche eccezionali di Ghadames, che hanno contribuito a formarne il mito e a renderla un piccolo gioiello architettonico ed urbanistico berbero. Dagli stretti vicoli a porticato, per preservarne il fresco dalla calura desertica, illuminati di tanto in tanto solo da un incredibile sistema di lucernai, alle piccole piazze pubbliche, dalle splendide moschee alle caratteristiche case a più piani, interamente costruite in gesso ed argilla e decorate di arabeschi dipinti, in cui il mondo femminile era relegato ai piani alti e ai terrazzi, collegati tra di loro da passaggi che permettevano di spostarsi da una casa all’altra, senza scendere in strada ed essere viste dagli uomini. Ghadames era famosa anche per l’arte della distribuzione equa dell’acqua, tramite il sistema dell’al-kadus, una grande bottiglia forata che fungeva da unità di misura e scandiva anche il tempo. Un guardiano era addetto a contare costantemente quante bottiglie venivano distribuite ai 7 quartieri della città, spartiti tra i due clan principali degli Ait Welid e degli Ait Waziten, quante ai giardini e quante alle moschee per le abluzioni e il fabbisogno dei viandanti. Passeggiare oggi tra gli stretti accessi coperti del centro storico è un’esperienza che riporta indietro nel tempo: la penombra dei lucernai e le facciate delle case dipinte a calce, con i loro bei portali di legno di palma, impreziositi di borchie rosse, verdi e gialle che indicano il compimento del pellegrinaggio alla Mecca da parte del proprietario; le antiche moschee e la teoria di nicchie che ne movimentano il profilo; le mura perimetrali e i meravigliosi giardini che ne circondano l’abitato. Ghadames è senza dubbio una delle città carovaniere meglio conservate di tutto il deserto, che rivive i propri antichi splendori soprattutto durante l’estate o in occasione delle feste e cerimonie tradizionali, quando gli abitanti tornano ad occupare le loro storiche case di famiglia, per momenti di gioia collettiva, in un tripudio festoso di colorati costumi berberi. © L.F. Paoluzzi © L.F. Paoluzzi