Da sempre crocevia di popoli e origini differenti, l’incredibile e variegata ricchezza culturale di Mauritius è strettamente connessa alle sue complesse vicissitudini storiche. Conosciuta fin dal X secolo dagli arabi, divenne mèta dei naviganti portoghesi durante il XVI secolo, fino a che non vi si insediò una colonia di marinai olandesi nel 1598, facendone la propria base logistica di rifornimenti sulla via per Java. Nel XVIII secolo se ne impossessarono i francesi prima, e gli inglesi poi, che la colonizzarono definitivamente fino all’indipendenza, ottenuta nel 1968. Snodo cruciale nella tratta negriera proveniente dall’Africa e nel reclutamento dei braccianti cinesi e indiani, dopo l’abolizione della schiavitù, Mauritius divenne nel corso dei secoli quel mosaico variopinto di popoli e culture, così come appare oggi. Africani, creoli, cinesi, indiani, europei, compongono oggi le intricate maglie del tessuto etnografico mauriziano, cui fa eco un campionario variegato di usi e costumi, lingue, gastronomie, sonorità e religioni differenti, che coabitano pacificamente da secoli, o si sono arricchiti tra loro, in sorprendenti contaminazioni o sincretismi. Questo fa di Mauritius una delle destinazioni culturalmente più affascinanti di tutto il Continente Africano, isola in cui se la lingua inglese è quella ufficiale, le più parlate rimangono il creolo e il francese, ma anche il mandarino e l’hindi. Paese dove al richiamo del muezzin si alternano le campane delle chiese e i mormorii dei mantra nei templi, mentre in lontananza su qualche spiaggia si balla la sèga di origine africana al ritmo dei djembé, o dove si può festeggiare senza pregiudizi di alcun tipo, la fine del Ramadan, il Natale e la Pasqua, il Capodanno cinese o il Maha Shivaratri. E’ proprio l’eredità culturale e religiosa induista, l’aspetto predominante di quest’isola paradisiaca, incastonata nell’Oceano Indiano. Tra febbraio e marzo si svolge la festa hindu più importante e sentita, che vede il pellegrinaggio di circa mezzo milione di fedeli mauriziani sulle rive del lago sacro di Grand Bassim (il cratere Ganga Talao), che si vuole formato da qualche goccia d’acqua che cadde dalla testa di Shiva, mentre trasportava il Gange insieme alla moglie Parvati. Le celebrazioni del Maha Shivaratri, tra incensi e offerte di cibo e fiori, durano tre giorni ed è l’evento principale al mondo per tale religione ad essere onorato al di fuori dell’India. Un tripudio di kanavar, ghirlande di fiori ed archi di legno, vengono portati al templio di Ganga Talao in processione, per decine di chilometri, dai fedeli che arrivano da tutta l’isola a piedi sulle rive del lago. Un tripudio di colori e atmosfere festose che arricchiranno senza dubbio il soggiorno a Mauritius e che raggiungeranno l’apice anche durante l’Holi festival, altra ricorrenza molto cara alla religione induista, celebrata all’inizio della primavera, o del Divali, in autunno, che vede l’accensione di una miriadi di lumicini notturni, che simboleggiano la vittoria del bene sul male. E per i meno impressionabili, da non perdere tra dicembre e gennaio, il Teemeedee, festa di purificazione e sacrificio, durante la quale i fedeli camminano sui carboni ardenti o su scarpe chiodate. Insomma, Mauritius non è solo spiagge paradisiache tra le più belle al mondo, resort di lusso e una vegetazione tropicale mozzafiato, ma è anche un mix di culture differenti che coabitano pacificamente, mostrando ognuna il meglio di sé, durante le numerose ricorrenze tradizionali che avvolgono costantemente l’isola di colori, incensi profumati e festosa devozione.