Considerato il deserto più antico e arido del mondo, il Namib è certamente anche uno dei più sorprendenti, con le sue dune monumentali, le foreste di acacie pietrificate, un microclima straordinario che permette la sopravvivenza di una flora e fauna endemiche, le scenografiche cittadine fantasma, inghiottite tra le sabbie diamantifere che si tingono di rosso, rosa, arancione e ocra. Un deserto di roccia e sabbia unico al mondo che si getta direttamente in un altro deserto fatto di acqua, l’Oceano Atlantico, popolato di balene e otarie. Il Namib con le sue sorprese naturalistiche e le sue gamme cromatiche, saprà incantare e stupire anche il viaggiatore più esperto. Le prime immagini che vengono alla mente quando si pensa al Namib, sono gli incredibili paesaggi desertici di Sossusvlei, incastonati tra le dune più alte e colorate del mondo. Siamo nel cuore del Namib-Naukluft National Park, un’immensa eco-regione che si estende parallelamente alla costa atlantica, tra le cittadine coloniali di Luderitz a sud e di Swakopmud e Walvis Bay a nord, ampliando la sua corsa attraverso le radure più interne sassose del Namib e i canyon rocciosi della Moon Valley, risalendo a settentrione verso i confini del Damaraland, e gettandosi a ovest direttamente nell’Oceano, oltre gli alti cordoni di dune della spettacolare Sandwich Harbour, fino alla Skeleton Coast con i suoi impressionanti relitti navali dei primi del ‘900. Veri e propri monumenti naturalistici, a ciascuna duna del Sossusvlei viene dato un nome. La Duna 45, la più scenografica da scalare, la Big Daddy e la Duna 7, le più alte del mondo (oltre i 300 metri), e la Dead Vlei, famosa piana salata ormai prosciugata, dalle tonalità chiare del suolo che contrastano con il grigio dei tronchi pietrificati di acacia, e con le dune circostanti che virano continuamente di colore a seconda del momento della giornata. Sfumature surreali di bianco, ocra, rosa, rosso, arancione e il blu del cielo, per uno degli spettacoli della natura tra i più fotografati al mondo. Con meno di 20 millimetri di pioggia annuale, le giornate canicolari e le notti glaciali, il deserto del Namib ha un particolare microclima che permette la miracolosa sopravvivenza di numerose specie endemiche di flora e di fauna, grazie all’umidità termica che si forma nello scontro con la corrente fredda oceanica del Benguela, e che avvolge tutto di nebbia e di condensa fino a 60 km nell’entroterra. Camaleonti, coleotteri, vipere e lucertole, ma anche struzzi, iene e sciacalli, si nutrono ed idratano di termiti e di condensa della nebbia che permette anche a una sporadica vegetazione di crescere al limitare dei cordoni di dune, nutrendo gli orici, animali simbolo della Namibia, che hanno qui sviluppato la capacità di innalzare durante le ore più calde la propria temperatura corporea oltre i 40 °C, per evitare la dispersione d’acqua. Un ecosistema straordinario che si riflette nella bellezza del paesaggio circostante, desolato e magico allo stesso tempo. E’ proprio il fenomeno delle nebbie che ha causato il più alto numero di naufragi di imbarcazioni al mondo, popolando le coste del Namib, la cosiddetta Skeleton Coast, di scheletri umani di marinai e di scheletri di navi che si sono incagliate nei secoli scorsi tra i banchi affioranti dall’acqua e che oggi, con l’avanzata delle sabbie, sono in parte completamente spiaggiate. Uno spettacolo affascinante, che ormai è parte integrante del paesaggio costiero, dove vivono tra le più popolose colonie di otarie al mondo, ma anche balene, squali, delfini, pellicani e fenicotteri rosa. Una costa popolata di fauna acquatica, e abitata dall’uomo solo in sporadici insediamenti fondati in epoca coloniale. Cittadine dove si istallarono i primi coloni tedeschi, con l’intento di sviluppare l’industria mineraria, del ferro e soprattutto dei diamanti, e la pesca d’altura. Piccole succursali del Reno in pieno deserto costiero, le città di Luderitz, Swakopmud e Walvis Bay. Da Luderitz, facilmente raggiungibili sono i primi insediamenti diamantiferi di Kolmanskop, di Elisabeth Bay o di Pomona, oggi abbandonati e inghiottiti dalle dune del Namib, abitazioni fantasma che come i relitti navali, o le macchine abbandonate di Solitaire, fanno ormai parte di questa terra desertica che le ha inesorabilmente fagocitate, per sempre. © C. Zingale