Foto © L.F. Paoluzzi
Agadez, parola che in lingua tamasheq significa “luogo di incontro”, non è solo un’antica città carovaniera, ma anche uno dei simboli indiscussi dell’identità e della cultura leggendaria del popolo tuareg. Centro nevralgico per molti secoli nei traffici transahariani tra la Nigeria, il Mali, l’Algeria e la Libia, la sua storia avvincente avvolge ancora oggi di fascino e di mistero questa perla del deserto, nel cuore dell’Air, tra le sue strette vie ricoperte di sabbia e i suoi splendidi monumenti di argilla.
Dichiarata Patrimonio UNESCO nel 2013, Agadez è stata per molti anni una mitica destinazione internazionale, sulle orme di Mano Dayak, leader tuareg, padre del turismo nella regione e tra gli iniziatori del leggendario rally Paris-Dakar. Per tutti gli anni ’80 e ’90, una moltitudine di avventurosi turisti, appassionati di deserto e di antiche culture nomadi del Sahara, hanno raggiunto Agadez, desiderosi di visitare questo affascinante, “ribelle” e misterioso centro carovaniero, cui approdarono fino al XVI secolo le più imponenti carovane di dromedari, stracariche di sale, oro, avorio, manoscritti e, purtroppo, schiavi. E’ qui che Bernardo Bertolucci scelse di girare alcune scene del suo capolavoro “Il tè nel deserto” ed è tra le meravigliose dune nei dintorni della città che nacque la moda di sciare e surfare sulla sabbia.
Fondata nel XIV secolo, raggiunse l’apice del suo splendore nel 1500, epoca a cui risale la costruzione della Grande Mosquée, che svetta con il suo alto minareto nel cuore della città vecchia. Simbolo religioso e identitario, il suo stile è quello tipico sahelo-sudanese, caratterizzato da guglie plasmate con l’argilla (banco) e travi lignee che fuoriescono dalla facciata. Dal suo splendido minareto, vero e proprio “faro nel deserto”, si gode di una vista impareggiabile su tutta la città e sulle maestose dune del Sahara che circondano l’abitato.
Il luogo più animato è invece il Grand Marché, dove si trovano merci di tutti i tipi e manufatti artigianali tuareg in argento di grande raffinatezza, prima tra tutti la bellissima “croce di Agadez”, esattamente come il portamento, le belle tuniche e i turbanti blu (tagelmust) indossati dagli uomini, con la loro proverbiale eleganza e il loro fascino misterioso. All’alba o al tramonto il posto più pittoresco di Agadez diventa la piazza del mercato dei dromedari, dove vengono venduti anche capi bovini e ovini, dopo animate ed estenuanti trattative.
Ma la parte più interessante e ricca di atmosfera è rappresentata dal centro storico, un labirinto di vicoli, botteghe artigianali, edifici antichi in mattoni di fango, spesso sormontati da enormi corna bovine, alcuni dei quali risalgono a svariati secoli fa. Tra questi è la casa dell’esploratore Heinrich Barth, dove costui visse per un breve periodo nel 1850, primo europeo ad assistere alla spettacolare partenza delle carovane del sale. O l’imponente Palazzo del Sultano, visitabile solo nella parte esterna del cortile.
Il momento migliore per visitare Agadez è in coincidenza con la festa del Tabaski in cui si organizza la spettacolare cavalcade, una furiosa corsa di cammelli tra gli stretti vicoli del centro città. Una vera e propria full immersion nell’affascinante cultura del popolo tuareg, nelle loro profonde credenze musulmane, non prive di stretti legami con le tradizioni identitarie più antiche, pre-islamiche.