Foto © L.F. Paoluzzi
In Niger, nel cuore del Sahel, non lontano dalla animata capitale Niamey, esiste l’ultimo sorprendente santuario di giraffe della sottospecie camelopardalis peralta, animale altrimenti completamente estintosi nell’Africa centro-occidentale.
Un tempo numerose non solo in Niger ma in tutto il Sahel, loro patria di origine, sopravvivono oggi in circa 600 esemplari, concentrate nella sola zona di Kouré e dell’altipiano del Dallol Bosso, loro ultima roccaforte a circa 60 km da Niamey. Considerate quindi estremamente vulnerabili e in via di estinzione, si è cominciato a proteggerle sistematicamente a partire dai primi anni 2000, tramite gli sforzi ambientalisti del governo nigerino, coadiuvato da alcune organizzazioni internazionali. Sforzi che hanno dato i loro frutti se si pensa che alla fine degli anni ’90 non se ne contavano ormai che più di una cinquantina, sterminate da guerre, disboscamento e bracconaggio. A partire dal 2018, si è inaugurato un piano di trasferimento di alcune decine di esemplari nella Riserva di Gadabédji, più a sud, per evitare che la sovrappopolazione di questi animali causasse danni alle coltivazioni nella zona di Kouré, scongiurando quindi il bracconaggio di difesa da parte dei contadini.
La loro principale caratteristica è data dalle macchie di forma rettangolare e dalla tonalità molto chiara del manto, tanto che vengono soprannominate le “giraffe bianche”. Considerate come una della principali attrazioni turistiche del Niger, l’emozionante avventura che porta alla scoperta di questi splendidi e docili animali è in realtà quanto di più lontano da un’attività turistica propriamente detta. L’habitat che le accoglie è estremamente arido e selvaggio, in cui cresce solo una rada vegetazione arbustiva e alberi di acacia, che si risvegliano stagionalmente in estate, con l’arrivo delle piogge. Solo alcune zone limitrofe sono coltivate dalla popolazione locale, mentre gran parte della savana è rimasta integra nel suo aspetto originario di ambiente tipicamente saheliano, ed è stata scelta spontaneamente dalle prime famiglie di giraffe che vi migrarono intorno agli anni ’80, muovendosi per centinaia di chilometri dalla Regione di Gao, in Mali, scappando dagli scontri bellici.
Visitando Niamey, tipica capitale africana, caotica, colorata e disordinata, agglomerato urbano che è andato a formarsi in poche decadi senza un piano urbanistico ben preciso, ma proprio per questo estremamente affascinante e tutta da scoprire, ha dell’incredibile pensare che questi animali furono in grado di superarla indenni, passando a soli pochi chilometri dal suo centro abitato, spinti dalla necessità alla sopravvivenza.
Sono i due volti del Niger moderno, le contraddizioni principali di un paese e di un continente intero, diviso tra urbanizzazione, pressione demografica, sfruttamento delle risorse ambientali e un patrimonio naturalistico unico, da salvaguardare. Aspetti che si tenta di conciliare da svariati anni, creando un equilibrio in cui riescano a trovare sopravvivenza entrambi.
E’ da queste esigenze che è nato il Parco Regionale W nel 1996, un’immensa riserva naturale che il Niger si spartisce con gli stati del Benin e del Burkina Faso, inserito nella lista UNESCO nel 2017 quale Complesso Transfrontaliero di W-Arly-Pendjari, per il suo enorme valore ambientale e il suo ecosistema tipicamente sahelo-sudanese, pressoché intatto. Il curioso nome di “W” deriva dalla forma che il fiume Niger disegna attraversandone il territorio e ad oggi è probabilmente il parco nazionale che offre le migliori opportunità di avvistamenti di tutta l’Africa Occidentale. Iene, bufali, ippopotami, leoni, antilopi, elefanti, leoni, leopardi, ghepardi, babbuini, coccodrilli, sciacalli, facoceri e ben 300 specie di uccelli, abitano questa zona intermedia tra la savana e le zone umide del sud.
Uno degli ultimi santuari selvaggi e primordiali di tutto il Sahel.