SITI UNESCO
I siti patrimonio dell’Umanità della Nigeria sono due:
- Paesaggio culturale di Sukur (1999): situato nel nord-esse della Nigeria è caratterizzato da una collina che domina il sottostante paesaggio terrazzato coi suoi simboli sacri e i resti di un’antica e fiorente civiltà siderurgica.
- Bosco Sacro di Osun-Osogbo (2005): si tratta di una fitta foresta che è la parte restante di un’alta foresta primaria del sud della Nigeria e insieme un luogo sacro per il popolo Yoruba. Il paesaggio è infatti costellato da sculture e santuari eretti in onore della dea della fertilità Oshun.
Quattordici sono invece le candidature a nuove iscrizioni:
- Benin Iya/Eredo di Sungbo: nel sud ovest della Nigeria nella zona della foresta pluviale del Benin, l’eredo di Sungbo è un sistema difensivo costituito da un fossato e da un muro di terra che circonda la città Yoruba di Iebu Ode nello stato di Ogun. Fu capitale di uno dei regni Yoriuba precedenti il periodo coloniale.
- Vecchia Oyo: sito di una città abbandonata nel 1837. Fondato nel XV secolo, l’Impero Oyo crebbe fino a diventare uno dei più vasti stati dell’Africa occidentale incontrati dagli esploratori pre-coloniali.
- Kwiambana e/o Ningi: rovine di un sito costituito da un complesso di strutture di fango circondate da mura e da un fossato.
- Oban Hills/Korup: foresta pluviale che si trova nella parte meridionale del Parco Nazionale di Cross River nel sud-esse della Nigeria.
- Mangrovie del delta del Niger: habitat straordinario per la flora che fa da vera e propria cintura al delta del fiume Niger.
- Parco Nazionale di Gashka-Gumti: si tratta del parco nazionale più ampio e vario della Nigeria dalla vegetazione ussureggiante ed estremamente variegata: foreste a galleria, praterie, savana. Molto varia anche la fauna visto che il parco protegge alcune delle popolazioni più alte di primati dell’Africa occidentale.
- Oke Idanre (collina di Idanre): pianoro intervallato dalla presenza di valli spettacolari e inselberg(montagne isolate).
- Via degli schiavi di Long Juju ad Arochukwu (complesso del tempio rupestre): si tratta di un sito che racconta la storia della popolazione Aro, dalla ricchissima tradizione culturale legata al culto di un oracolo predisposto alla giustizia e in grado di trasformare i colpevoli in proprietà degli idei con il fine di essere venduti come schiavi.
- Antiche mura della città di Kano e siti associati. Kano, in particolare è il più grande, il più ricco e il secondo più antico emirato Hausa della Nigeria. Si tratta attualmente di un metropoli saheliana con 5 milioni di abitanti fondata nel X secolo, in grado di riportare ancora oggi il viaggiatore al medioevo quando questo luogo era uno dei centri commerciali più importanti dell’intero continente. Interessante è il museo di Gidan Dan Hausa, un superbo esempio di architettura Hausa del XX secolo con una collezione di vecchi manufatti al suo interno; il palazzo Gidan Makama, l’ex palazzo dell’emiro del 1440, ora trasformato in un museo; il palazzo Gidan Rumfa dell’attuale Emiro Aminu Ado Bayero, costruito nel 1471; la moschea centrale (esterno); le porte della città vecchia lungo l’antica cinta muraria (quasi completamente distrutta dalla città moderna); la collina panoramica di Dala; il mercato di Kurmi con la sezione per la tintura del pellame, in particolare pelle di pitone e di caimano; e i Dying Dye Pits di Kofar Mata, dove si tramanda la tradizione della tintura indigo.
- Paesaggio culturale di Surame: sito unico nel suo genere che testimonia la storia del regno di Surame (XV-XVI secolo)
- Monoliti di pietra di Alok Iko: sito caratterizzato dalla presenza di monoliti che presenta una forma di scrittura codificata anche ti tipo matematico.
- Grotte di Ogbunike: grotte in passato abitate e che hanno mantenuto il proprio carattere storico e spirituale.
- Paesaggio culturale del lago Ciad: simbolo della convivenza tra uomo e natura, lago con centinaia di isole abitate da diverse comunità etniche. La presenza umana intorno al lago risale al Paleolitico.
- Parchi nazionali di Cross River-Korup- Takamanda (CRIKOT): diversi ecosistemi coesistono in questo parco straordinario nella parte meridionale della Nigeria dove esistono foreste pluviali tropicali impressionanti e uniche sul pianeta.
ARTE RUPESTRE E MEDIOEVALE
- Arte Nok (X sec. A.C.- III sec. d.C.): conosciuta dai musei e dai collezionisti di tutto il mondo, soprattutto per le sue teste di ceramica. Tuttavia il riconoscimento del suo valore estetico ha dato vita a un traffico illecito basato sul saccheggio dei siti e messa in circolazione di numerosi falsi. Le teste erano modellate a mano e scolpite tramite la rimozione del materiale, poi cotte al forno, lucidate e patinate. I Nok erano un popolo nomade che si stanziò nel X secolo a.C. nel bacino del bacino del Niger, nell’odierna Nigeria.
- Dal sud della Nigeria provengono i pezzi di rame e bronzo più pregiati della fine del I millennio a.C. Provenienti da tre siti, raggruppati sotto il nome di Igbo-Ukwu, rivelano che nel VIII sec. gli artigiani della regione padroneggiavano la produzione di leghe particolari come bronzo e bronzo al piombo, oltre la tecnica della fusione a cera persa. Nel caso di pezzi particolarmente voluminosi, molte parti venivano fabbricate in maniera indipendente e successivamente assemblate. La raffinatezza degli oggetti di Igbo-Ukwu continua tuttavia a suscitare stupore perché hanno fatto la loro straordinaria apparizione senza una fase propedeutica di sviluppo. Inoltre, ad oggi, non è stato scoperto nessun atelier o reperto metallurgico. L’analisi degli isotopi di piombo sembra comunque confermare una produzione locale. Nel corso di due campagne archeologiche britanniche intraprese nel 1959 e nel 1964 sono stati rivenuti più di 700 oggetti in rame, bronzo, ferro e più di 100mila perline in pietra e di vetro, appartenenti a un contesto archeologico risalente al IX secolo. La presenza a Igbo-Ukwu di perle di vetro di fabbricazione locale suggerisce che questa tradizione andava oltre la mera lavorazione dei metalli e si estendeva ad altre arti del fuoco. La presenza di perle in corniola fa presupporre un legame commerciale con il subcontinente indiano.
- Nel sud-ovest della Nigeria, nell’antica città di Ife si trova il sito di Igbo Olokun, oggetto del maggior numero di scavi di tutta l’Africa Occidentale e in grado di portare alla luce meravigliosi oggetti in bronzo o in terracotta. Ife, la più antica delle città Yoruba, probabilmente fondata prima dell’anno Mille (ma la fase più antica è ancora poco documentata dal punto di vista archeologico), intensificherà la sua influenza nel periodo compreso tra il 1250 e il 1350. Il carattere dell’assoluta originalità dei suoi manufatti artistici potrebbe essere dovuto al fatto che le conoscenze tecniche fossero appannaggio di un ristrettissimo gruppo di specialisti e addirittura probabilmente di una sola famiglia. Gli specialisti del metallo furono verosimilmente preceduti da maestri vetrai che portarono a Ife quella tecnologia che permise alla città di diventare un famoso centro di produzione di perline di vetro in Africa occidentale. Queste perline presentano una vasta gamma di colori e presentano disegni così innovativi da essere probabilmente fonte di ispirazione per i vetrai italiani che cercavano di appropriarsi nei secoli successivi dell’immenso mercato africano delle perle di vetro. Recenti ricerche sulla particolare composizione chimica delle perle di Ife suggeriscono che l’Africa occidentale sia stata il centro di invenzione di una “particolare ricetta”. Accanto ai bronzisti e ai vetrai, anche altri artisti e artigiani di talento si riunirono a Ife testimoniato anche dai ritrovamenti di cocci di pavimenti del XIII-XIV secolo. Tra i diciotto oggetti che furono trovati nel 1938 a Ife, speciale è una testa che si crede rappresenti un re. Fu realizzata, insieme ad altre teste in lega di rame a cera persa: tutti i dettagli del viso e il copricapo sono stati scolpiti dall’artista in uno strato di cera posto su un’anima di argilla. Risale probabilmente al XII secolo d.C, non ne è nota la funzione, anche se potrebbe essere stata realizzata nel contesto di culti resi agli antenati regali. Un anno dopo la sua scoperta, la Testa di Ife fu portata al British Museum. Nel museo nazionale nigeriano di Lagos si trovano altre meravigliosi busti e maschere in bronzo risalenti a mille anni fa.
ARCHITETTURA
In Nigeria si trova un patrimonio architettonico di grande interesse, frutto della stratificazione di elementi tradizionali, del periodo coloniale e degli influssi di altri stili architettonici, come quello sudanese.
La varietà dell’architettura tradizionale nigeriana riflette dunque la grande varietà culturale del paese. Caratteristica è l’architettura in terra cruda, diffusa in diversi paesi del continente.
Peculiare è l’architettura del nord del paese di cultura hausa che ha dato luogo ad antichissime città-stato.
Come già descritto nella parte relativa alla storia della Nigeria, la regione hausa inizia a emergere dal XV secolo, all’interno dello spazio del Sahal centrale. Oggi il paese hausa si estende dal fiume Niger al Bornu e abbraccia l’attuale Niger meridionale e il nord della Nigeria. Il quadro politico del paese hausa, prima del jihad Seul dell’inizio del XIX secolo, si rivela come un insieme di città-stato che esistevano da molti secoli. Kafan Kanawa, che probabilmente risale al periodo in cui gli Hausa emergono come identità sociale, nel XV secolo, è considerato il possibile predecessore di Kano, oggi la principale metropoli del nord della Nigeria. Kano è caratterizzata da un’architettura molto particolare con muri di adobe, intagli intricati e motivi geometrici, visibile nella progettazione di moschee, palazzi ed edifici residenziali.
Estremamente interessante è anche Zaria, uno dei più antichi emirati della Nigeria, conosciuto dai locali come Zazzau. Fa parte dello stato federale di Kaduna e appartiene tradizionalmente al Califfato di Sokoto. Si tratta di una città fondata intorno all’anno 1000 che ha assunto il ruolo di uno tra gli epicentri del traffico trans-sahariano, dove le carovane di dromedari che provenivano da nord scambiavano il sale con schiavi, pellame e noci di cola.
Il centro storico di Zaria conserva alcuni edifici di paglia e fango riccamente decorati, tra cui una delle moschee più antiche del paese (le cui volte possono essere ancora ammirate all’interno della moderna Moschea Centrale, costruita nello stesso sito), alcune madrase (scuole coraniche), il mercato che sorge nel luogo esatto dove sostavano le carovane, e quel che resta dei 16 chilometri di cinta muraria della regina Amina.
Ma l’architettura nigeriana non è “solamente” costruzioni tradizionali e che raccontano storie del passato facendo rivivere ancora oggi al viaggiatore un vero e proprio medioevo; è anche nuova progettualità che coinvolge artisti, architetti e designer, in particolare della vibrante città di Lagos. Si tratta anche della proposta di soluzioni abitative che rispondono a situazioni di crisi come il concorso di progettazione per disegnare una soluzione abitativa economica per le popolazioni affette dalla violenza delle aree del nord est nigeriano, indetto da Young Architects Competitions e IOM, l’Agenzia delle migrazioni delle Nazioni Unite dal titolo “Nigeria: home after crisis”. L’obiettivo, quello di disegnare una soluzione abitativa economica per le popolazioni flagellate dalla violenza nelle aree rurali del nord est nigeriano, ma al tempo stesso esteticamente piacevole.
ARTE TRADIZIONALE E… CONTEMPORANEA
Nella foresta pluviale della Nigeria meridionale, sorge una città famosa in tutto il mondo: Benin City. Si tratta di un luogo particolarmente caro agli appassionati di arte e collezionisti di tutto il mondo. Benin City , nata circa un millennio fa, sorge tra la zona occidentale del delta del fiume Niger e la costa. Proprio grazie alla sua particolare ubicazione, facilmente difendibile, Benin City divenne in passato un centro urbano molto potente. Ciò che maggiormente colpisce nella storia di Benin City è in primis la qualità dei prodotti realizzati dai suoi artigiani realizzati fondendo l’ottone, lavorando il ferro, intagliando l’avorio e creando meravigliosi oggetti in terracotta.
Si trattava di “specialisti” che conoscevano infatti la tecnica della fusione in lega di rame. La ricchezza di Benin City fu raccontata, non a caso, anche dai primi esploratori e colonizzatori. La sua affermazione e la sua potenza fu possibile grazie alla presenza di un’autorità rappresentata da un re chiamato Oba che era dotato di poteri militari, civili e religiosi.
Sono tantissime le opere di pregio, in particolare sculture conservate ancora oggi in vari e importanti Musei del mondo.
E il potere dell’Oba, seppur ridimensionato, rimane ancora vivo all’interno della comunità nigeriana di Edo, come dimostrato dalla presenza a Benin City del progetto Museum of West African Art, pensato come un importante sostegno culturale per giovani artisti e con la finalità di creare collaborazioni con altre istituzioni dell’Africa Occidentale.
Come ha dichiarato Godwin Obaseki, governatore dello Stato di Edo, “le antiche tradizioni dell’artigianato artistico sono ancora vive nello Stato di Edo e dovrebbero diventare parte ancor più integrante della nostra economia. Lo sviluppo del Distretto Creativo è fondamentale all’interno del grande progetto di riportare Benin City al suo ruolo capitale delle arti e della cultura dell’Africa Occidentale, diversificando l’economia e offrendo opportunità di lavoro ai giovani”. Il Padiglione ha lo scopo di diventare un ricerca e di conservazione, e insieme uno spazio adibito a mostre temporanee con apertura prevista nel corso del 2024.
Numerosi sono gli artisti che si ispirano alla tradizione. Taiye Idahor crea collage con perline di corallo, che raccontano la regalità in Benin. In questo modo viene evidenziato anche il ruolo fondamentale delle donne nigeriane. Olatunji reliazza opere che indagano i segni tribali come incisioni sul viso, simboli di protezione e identità. William Chechet ha un taglio più politico e “utilizza” la tradizione per commentare le strutture sociali odierne.
Insomma sono moltissime le dedicazioni che permettono ai giovani di realizzare un percorso artistico che parta dal passato e renda l’arte e l’artigianato locali centrali nella loro poetica.
CINEMA e… TEATRO
Il presupposto di partenza è il potere del cinema di Nigeria. L’industria cinematografica nigeriana Nollywood, (da Nigeria e Hollywood) è, infatti, la terza al mondo dopo Hollywood e l’indiana Bollywood. Si tratta di una produzione straordinaria in termini quantitativi che un impatto importantissimo sul piano economico.
Ciò non deve affatto stupire visto che in Nigeria si producono opere cinematografiche sin dagli anni Cinquanta e negli anni Quaranta esisteva anche una straordinaria cultura teatrale che, come spesso accade, ha s connessioni con quelle cinematografica.
Il gruppo teatrale del drammaturgo, attore, regista e cineasta nigeriano di lingua yoruba, Ogunde Hubert, (Ijebu Ode 1916 – 1990) con la sua compagnia itinerante ha proposto infatti più di cinquanta opere e melodrammi. Si trattava di spettacoli che, passando attraverso la tradizione del teatro yoruba alarinjo, davano vita a drammi biblici e religiosi intrisi di politica e specchio dei principali eventi sociali della storia recente del suo paese. Dal 1946 è stato attivamente impegnato nella lotta politica per l’indipendenza, creando opere di teatro di agitazione che furono bandite dalle autorità coloniali (Tiger’s empire, 1946; Strike and hunger, 1946; Bread and bullet, 1950). Nel 1960 ha composto Song of unity, per la celebrazione dell’indipendenza.
Nel frattempo usciva il primo film nigeriano a colori, “Fincho” (1957). Negli anni Sessanta poi, durante un breve boom petrolifero, i cinema fioriscono: un piccolo gruppo di cineasti inizia Ada vere successo e Hubert Ogunde realizza i primi lungometraggi in celluloide. I film vengono ben accolti e incassano relativamente bene, ma la crescita economica dura poco, seguita da colpi di stato e dittature. E’ la televisione a dominare il pubblico nigeriano. Le vere star degli anni Settanta e Ottanta diventano così i conduttori televisivi e gli attori di soap opera locale. I cinema iniziano così a estinguersi, con la stessa rapidità con cui erano nati. Finiti i brevi anni di espansione economica, le vita notturna diventa precaria e insicura. La gente non esce la sera e si procura videoregistratori e rimane a casa. Chi non può permetterselo si accontenta di guardare la televisione messicana e le telenovele messicane. In questo clima nasce Nollywwod che inizia a sognare la forma home video. Si tratta di film molto economici, girati a basso costo con aspirazioni romantiche, noir e ritratti idealistici (Rattlesnake, 1995 di Amaka Igwe; Silent night 1996 e Diìomitilla 1996 dei fratelli Ejiro, Coivo e Zeb). Nollywood diventa poi sempre più kitsch nell’ottica: “più è meglio”. I registi erano sostanzialmente pronti a tutto pur di aumentare gli incassi, accompagnando film con fiaba e voodoo, infiscandosi letteralmente di ricerca e accuratezza. L’industria del cinema diventa comunque sempre più dinamica e in questo panorama ha sempre più successo la commedia demenziale incentrata su personaggi buffi, attori improvvisati e regia minima. Spesso era un mero intrattenimento a base di drammi ed eccessi. Dall’inizio degli anni Novanta sono stati realizzati così migliaia di film per il cinema e per la televisione. Uno dei primi a raggiungere fama e riconoscimenti anche all’estero è “Osuofia in London” (2003), con il noto attore comico Nkem Owoh. Tra gli autori più prolifici, Chico Ejiro che ha diretto ben più di ottanta filmin soli otto anni. Il fratello di Ejiro, Zeb, è il regista nigeriano di videoclip più famoso all’estero.
Intanto, nel 2011, un’iniziativa governativa per rivitalizzare il settore, il Project Nollywood, ha iniziato a offrire ai registi migliaia di naira (valuta della Nigeria) in sovvenzioni. Nel 2012 un film basato sul romanzo storico “Metà di un sole giallo” di Chiamamanda Negozi Adichie, è stato realizzato con un budget quasi interamente raccolto da investitori locali. Nel fatmepo Nollywood è maturata e i registi nigeriani si stanno facendo strada sempre più nei festival internazionali in cui riscuotono anche successo. Tra le nuove leve i più promettenti sono: Mildred Okwo e i fratelli Arie e Chuko Esiri. In una delle sue opere più notevoli “The meeting”, Okwo cerca di descrivere il funzionamento di un ufficio governativo nigeriano.
LETTERATURA
La moderna letteratura nigeriana, in lingua inglese, si sviluppa nella seconda metà del Novecento che sono poi gli anni dell’indipendenza e del post colonialismo.
È in quel periodo infatti che si ha una proliferazione di opere narrative, poetiche e teatrali.
In particolare sono due i i romanzieri ritenuti i padri della letteratura nigeriana moderna: Amos Tutuola e Chinua Achebe.
Tutuola, noto anche a livello internazionale, fu uno dei fondatori dello Mbari Club, un’organizzazione di scrittori ed editori destinata a diventare un importantissimo polo culturale della Nigeria. Tenne anche lezioni all’Università di Ife (oggi Obafemi Awolowo University) e all’University of Iowa.
Achebe è noto soprattutto per il suo capolavoro,”Il crollo” (Things Fall Apart, 1958), il romanzo più letto nel continente africano, che viene persino studiato nelle scuole di numerosi paesi del continente ed è stato tradotto in oltre 50 lingue. Gran parte dell’opera di Achebe è incentrata sulla denuncia della catastrofe culturale determinata in Nigeria dal colonialismo e dai regimi corrotti succedutisi dopo l’indipendenza.
A Wole Soyinka, affermatosi in Occidente per il teatro e la poesia, è stato assegnato nel 1986 il premio Nobel per la letteratura. Nigeriano, di etnia Yoruba, ma da sempre pervaso da un profondo senso di appartenenza all’intero continente africano, Soyinka si è sempre battuto con coraggio, denunciando apertamente gli orrori del suo Paese, dal genocidio del Biafra al terrorismo odierno di Boko Haram. Grande figura di intellettuale, attivista sociale e politico, dagli anni ’60 è stato protagonista delle lotte contro i soprusi e le violenze delle dittature africane: durante la guerra civile nigeriana fu accusato di cospirazione con i ribelli del Biafra per aver pubblicato un articolo che invitava a cessare il fuoco e finì in cella di isolamento per 22 mesi.
MUSICA
La musica nigeriana sta vivendo un vero e proprio boom grazie alle “hit afrobetas” (un genere di musica pop nato in Africa occidentale nella seconda metà degli anni sessanta e divenuto particolarmente popolare negli anni ottanta) dove gli artisti locali riescono a produrre la propria musica in studi casalinghi facendo numeri che permettono loro di competere con le star internazionali.
Il 2021 è stato un anno senza precedenti per il pop africano e gli artisti nigeriani non avevano mai sperimentato una simile popolarità. “Essence” del cantante nigeriano Wizkid dall’album “Made in Laos” ha scalato le classifiche mondiali. Anche Ckay con il suo “Love Nwantiti” è diventato popolare su piattaforme come Tiktok.
L’atmosfera in Nigeria e in particolare a Lagos è di pura esaltazione per le giovani generazioni. La storia della cultura pop sta diventando la frontiera della nuova musica globale e la Nigeria è in vetta alle classifiche con la sua produzione dinamica.
Ma la storia della musica Nigeria non è certo solo dei nostri giorni. Le sue radici sono antiche e per la Nigeria la musica costituisce un tratto endemico.
La musica nigeriana comprende diversi generi di musica folk e popolare, appartenenti alle tradizioni delle diverse etnie del paese e la Nigeria è stata definita “il cuore della musica africana”. La Nigeria è stata il luogo di massimo sviluppo, di moltissimi generi di musica africana come la Palm wine music, risalente agli anni Venti, la highlife (degli anni Cinquanta e di origine ghanese) il juju (anni Sessanta-Ottanta), l’afrobeat e le varianti nigeriane del reggae e dell’hip hop. Il suono e la melodia in Nigeria, inoltre, sono intessuti in ogni frammento della vita quotiamo, dalle mamme ai conducenti degli autobus che regolarmente canticchiano. La musica è cultura ancestrale, invocazione alla benevolenza degli avi e insieme un modo per divertirsi, per alleggerire un’esistenza spesso complicata. La musica fa stare bene e i nigeriani lo sanno.
Testo a cura di Paola Scaccabarozzi