Gli scenari naturalistici che sfilano lungo il corso del fiume Congo, non sono molto cambiati dall’epoca in cui Conrad scrisse il suo capolavoro “Cuore di Tenebra”. Paesaggi fluviali maestosi e selvaggi, di una natura prorompente, di quinte arboree impenetrabili e gallerie di mangrovie che ne bordano le rive, sporadicamente interrotte da banchi di sabbia e radure che accolgono sperduti villaggi di pescatori, la cui sopravvivenza dipende dallo scorrere impetuoso dell’acqua e dai ritmi della natura.
Il suo corso, primo dell’Africa per portata d’acqua e secondo in lunghezza dopo il Nilo, nonché il più profondo al mondo, trova origine sotto il nome di fiume Lualaba a sud della Repubblica Democratica del Congo, da dove scorre verso nord attraversando la linea dell’Equatore, per poi ripiegare verso ovest e sud, a delimitare la quasi totalità della frontiera con la Repubblica del Congo, sfociando infine nell’Oceano Atlantico, ma continuando ad essere collegato al nord, al cuore dell’Africa, tramite gli affluenti Oubangui e Sangha. Con i suoi 4.500 km, potrebbe essere uno dei fiumi più lunghi al mondo interamente navigabile, se solo a sud di Brazzaville e Kinshasa non fosse interrotto fino alla foce dalle Cateratte di Livingston, e a nord, in RDC, da quelle di Boyoma (Cascate di Stanley, a nord delle quali cambia il suo nome in fiume Congo) e di Puerta del Inferno. Nonostante queste barriere naturali, il fiume Congo è “un’immensa autostrada fluviale”, fondamentale via di comunicazione che si disperde a sua volta in innumerevoli ramificazioni ed affluenti. Un’interminabile vena d’acqua e relativi capillari, che allargandosi e restringendosi, contraendosi e dilatandosi, accelerando e precipitando improvvisamente o scorrendo lentamente, attraversa uno dei territori più impenetrabili dell’Africa, rappresentando la principale via di accesso verso l’oscurità della foresta equatoriale, e qualche sporadica città dei territori settentrionali.
Risalendo il suo corso a nord di Brazzaville e Kinshasa, che si affacciano sulla Stanley Pool (Palude di Malebo) e la magnifica Isola di Mbamou, i villaggi che si incontrano sono numerosi su entrambe le sponde e sul mosaico di isolette, ben collegati da un continuo viavai di imbarcazioni, dai più grandi battelli o piroghe a motore, ai tradizionali mokoro a remi (tronchi di alberi scavati), ma man mano che ci si allontana dal loro hinterland e dal raggio di azione delle escursioni turistiche giornaliere, si penetra sempre più in un territorio misterioso e primordiale, dove è solo la natura ad inghiottirne gli argini, aprendosi sporadicamente in piccoli agglomerati di qualche capanna di paglia.
Una flora e fauna eccezionali caratterizzano l’intero ed immenso bacino del fiume Congo, con un campionario di migliaia di piante equatoriali e specie di uccelli, 700 famiglie differenti di pesci e una moltitudine di animali selvatici, come i bonobo, gli scimpanzé, i gorilla di pianura, gli elefanti e i bufali di foresta.
Una natura che diventa la protagonista di notti in bivacco, per i viaggiatori più avventurosi, su qualche isolotto sperduto o lingua di sabbia, sotto milioni di stelle e tra gli angoli più selvaggi descritti da Conrad.
Navigare il fiume Congo rimane oggi un’avventura degna delle più grandi imprese degli esploratori ottocenteschi, che ne ripercorre in toto le esperienze, nel cuore dell’Africa più misteriosa ed impenetrabile, dove ancora risuonano, come un’eco che si perde nella foresta e si mescola ai versi dei primati e degli uccelli, i nomi di Stanley, De Brazza e Livingston.