Terre in origine disabitate, la storia di Sao Tomé e Principe comincia nel XVI secolo ed è indissolubilmente legata alla tratta negriera e alla creazione delle vaste piantagioni portoghesi, dapprima di canna da zucchero, successivamente di caffè e cacao. Ripercorrere la teoria delle numerose roças presenti nell’isola, significa risalire alla storia delle origini stesse del popolo saotomense.
Innestando le prime fave provenienti dal Brasile nel XIX secolo, su una terra vulcanica umida e generosa, i portoghesi ottennero una qualità di cacao estremamente superiore, ricercata ancora oggi dal mercato internazionale e base dell’economia di Sao Tomè. Se inizialmente questo arcipelago era un avamposto militare per il controllo e lo smistamento della tratta negriera, con la creazione delle roças (piantagioni),divenne il secondo approdo mondiale di schiavi provenienti dal Congo e dal Golfo di Guinea, deportati a popolare queste isole disabitate e lavorarne la terra. A questi si unirono i dirigenti stessi e i portoghesi ebrei esiliati dalla madrepatria, o, successivamente all’abolizione della schiavitù, gli immigrati angolani, mozambichesi e capoverdiani in cerca di impiego nelle piantagioni. Ben presto una nuova cultura creola del metissaggio, prese il sopravvento, attorno ai demani agricoli delle roças.
Le roças erano veri e propri villaggi autogestiti, collegati tra loro da sentieri ancora oggi percorribili e unite al porto di Sao Tomè da una linea ferroviaria per il trasporto dei raccolti. Autosufficienti, accoglievano gli alloggi dei dirigenti, gli edifici amministrativi, i dormitori degli schiavi, i magazzini per lo stoccaggio, le fabbriche per la trasformazione e perfino chiese e ospedali. Molte di queste piantagioni sono state frazionate dopo l’Indipendenza, e solo alcune delle lorograndiose architetture coloniali hanno subito un restauro per diventare degli hotel turistici, o rilevate da privati che le hanno riportate all’antico splendore.
La roça di Agua Izé, è una delle più interessanti, ancora attiva nella coltura e trasformazione delle fave di cacao e caffè. Di particolare suggestione sono i suoi decadenti edifici che comprendono i magazzini, la fabbrica di trasformazione e le rovine del vecchio ospedale.
Più a sud, sempre sulla costa orientale è la zona di Sao Joao dos Angolares, puntellata di antiche roças portoghesi. Il nome deriva da un gruppo di 200 angolani che nel XVI secolo sopravvissero al naufragio della nave che li stava deportando, riuscendo a raggiungere l’isola. Qui passarono decine di anni nascosti, per evitare di essere ridotti ai lavori forzati nei campi. Vivendo di pesca fondarono un piccolo regno sotto il Re Amadoir, che nel 1596 decise di attaccare il governo portoghese. Oggi i discendenti degli Angolares vivono ancora a sud di Sao Tomé, parlano la propria lingua di origine bantu e costituiscono un gruppo ben distinto dai discendenti diretti degli schiavi, chiamati invece i Forro Saotomensi.
Un esempio magnificente a pochi chilometri dalla capitale è la roça Agostinho Neto (Rio do Ouro), la più imponente e spietata in epoca coloniale. Concepita come un vero e proprio avamposto di lavori forzati, la concessione era composta da varie zone, tra cui gli alloggi degli schiavi, che venivano separati in due quartieri differenti, uno per gli angolani e uno per i capoverdiani, al fine di poterli meglio controllare. Con l’abolizione della schiavitù la piantagione continuò a funzionare, mettendo i lavoratori sotto un contratto di facciata che tuttavia non assicurava loro alcun diritto. Dopo l’indipendenza, i braccianti divenuti a tutti gli effetti saotomensi, hanno continuato a vivere da liberi nella roças che oggi produce oltre al cacao, anche pepe e vaniglia.
Claudio Corallo, agronomo italiano, è oggi una figura centrale nel settore agricolo di Sao Tomé. Appassionato di caffè, ha rilevato da ormai trent’anni una vasta piantagione sul Monte Café (620 m). Porta di ingresso verso la zona centrale dell’isola, la più selvaggia e verde, non lontano dai giardini botanici di Bom Sucesso, dalla vetta del Pico Sao Tomè (2200 m), dal Parco Nazionale Obo e dalla verdissima roça di Bombaim, la piantagione di Nova Moca è inserita in un paesaggio idilliaco. Ma a Sao Tomé Claudio Corallo ha scoperto anche il cacao, scovando una delle varietà più antiche, che arrivò direttamente dal Brasile nel XIX secolo. Ridando vita a questa preziosa varietà nella roça di Terreiro Velho, si dedica oggi alla trasformazione artigianale in cioccolato superiore e aromatizzato fantasiosamente, con tecniche sperimentali sempre nuove. Con una visita didattica alla sua cioccolateria, verranno svelati tutti i processi della coltivazione e trasformazione del cacao…o quasi tutti.