Siti UNESCO
Sono dodici i siti UNESCO del Sudafrica che comprendono anche luoghi fondamentali per al comprensione dell’arte rupestre:
- iSimangaliso Wetland Park, istituito nel 1999 e situato nella Provincia del KwaZulu-Natal, questo parco è famoso per la sua incredibile biodiversità ed è una delle aree umide più importanti del mondo. Comprende spiagge incontaminate, dune di sabbia, laghi e barriere coralline. È l’habitat di una vasta gamma di specie, tra cui ippopotami, coccodrilli, tartarughe marine e uccelli migratori.
- Robben Island, istituito nel 1999. Quest’isola si trova al largo di Cape Town ed è celebre per essere stata la prigione dove Nelson Mandela e altri leader anti-apartheid furono incarcerati. Simbolo di resistenza e libertà, oggi è un museo e un luogo di riflessione sulla lotta contro la discriminazione.
- Siti di ominidi fossili del Sudafrica, Mokopane, Municipalità locale di Mogale, Taung, anche noti come la Culla dell’Umanità (Cradle of Humankind), sono un complesso di siti paleontologici e archeologici straordinariamente importanti per la comprensione delle origini umane. Questi siti, dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1999, includono grotte e formazioni situate nella provincia del Gauteng e nel Limpopo, nelle vicinanze di città come Mokopane. L’area contiene elementi fondamentali per definire l’origine e la storia dell’umanità.
- Parco Maloti- Drakensberg, istituito nel 2000, situato al confine tra KwaZulu-Natal e Lesotho. E’ infatti l’estensione del Drakensberg (catena montuosa spettacolare dell’Africa meridionale) al confine con Lesoto. E’ un luogo straordinario per le sue formazioni rocciose e per l’arte rupestre San. Con migliaia di dipinti che risalgono a più di 4.000 anni fa, costituisce infatti il più grande e concentrato gruppo di dipinti dell’Africa sub-sahariana. È anche un’importante riserva naturale caratterizzata dalla presenza di paesaggi mozzafiato e iconici del Paese.
- Mapungubwe Cultural Landscape, istituto nel 2003, situato presso il confine settentrionale del Sudafrica con lo Zimbabwe, è un sito archeologico che risale al XIII secolo, Mapungubwe fu un’importante città precoloniale, abbandonata nel XIV secolo. Qui sono stati rinvenuti oggetti di grande valore, come una statuetta raffigurante un rinoceronte d’oro. Si tratta di manufatti che testimoniano il ricco passato commerciale e culturale dell’Africa meridionale.
- Area protetta della regione floristica del Capo, istituito nel 2004 (e ulteriormente ampliato nel 2015), è un sito importantissimo dal punto di vista della biodiversità terrestre caratterizzato di un numero mi presidente di specie endemiche, aree selvagge, foreste demaniali e bacini idrografici montani.
- Cratere del Vredefort, sito istituito nel 2005, è il più antico e grande cratere da impatto meteorico conosciuto al mondo. Risale a circa 2 miliardi di anni fa ed è una testimonianza unica degli impatti meteoritici sulla Terra, dei suoi impatti destanti anche a livello dei cambiamenti evolutivi.
- Paesaggio culturale e botanico del Richtersveld, sito istituito nel 2007. E’ uno spettacolare deserto montuoso del nord-ovest del Sudafrica. Questo paesaggio unico è abitato dai Nama, una comunità pastorale indigena. È un raro esempio di una cultura che ha preservato uno stile di vita semi-nomade basato sull’allevamento di bestiame e su pratiche tradizionali come la raccolta di piante medicinali. E’ inoltre l’unica area in cui i Nama costituiscono ancora case portatili fatte di stuoie di giunco.
- Paesaggio culturale di Khomani, situato al confine tra Sudafrica, Botswana e Namibia, è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2017. Questo sito celebra il legame profondo tra i San (Boscimani), il più antico popolo indigeno dell’Africa meridionale, e l’ambiente desertico che abitano da millenni.
- Montagne di Barberton Makhonjwa, sito istituito nel 2018. Queste montagne, situate nel nord-est del Paese, contengono alcune tra le rocce più antiche della Terra, risalenti a circa 3,6 miliardi di anni fa. Sono dunque una testimonianza unica della formazione geologica del pianeta.
- Siti di occupazione del pleistocene, Elendsbaai, Mossel Bay o Thongathi. Facenti parte del patrimonio UNESCO dal 2024, sono tra i siti più importanti al mondo per lo studio dell’evoluzione umana, delle prime tecnologie e delle strategie di sussistenza. Questi siti offrono prove cruciali circa le abitudini dei nostri antenati e delle loro interazioni con l’ambiente durante il Pleistocene, un’epoca che si estende da circa 2,5 milioni a 11.700 anni fa. Elendsbaai (Elands Bay) si trova sulla costa occidentale del Sudafrica, nella provincia del Western Cape ed è caratterizzato dalla presenza di ripari rocciosi e depositi di antichi insediamenti, che documentano occupazioni intermittenti da parte di gruppi umani durante il Pleistocene e l’Olocene. Mossel Bay è situato invece lungo la costa meridionale del Paese e ospita siti come “Pinnacle Point,” che sono tra i più celebri al mondo per la comprensione delle prime attività umane come l’utilizzo intenzionale di pigmenti, in primis l’ocra. Questo sito suggerisce l’emergere di una cultura simbolica. Thongathi (Tongaat) si trova nella provincia di KwaZulu-Natal, lungo la costa orientale del Sudafrica. L’area rappresenta un punto interessante perché fu strategico per gli spostamenti umani lungo la costa orientale, specialmente durante i periodi di oscillazione climatica nel Pleistocene.
ARCHITETTURA
L’architettura sudafricana riflette la sua complessa storia e la sua grande eterogeneità culturale, combinando influenze indigene, coloniali e moderne.
- Architettura indigena tradizionale: le comunità indigene sudafricane, come gli Zulu, Xhosa, Sotho, Tswana, e Ndebele, hanno sviluppato stili architettonici unici che riflettono il loro modo di vivere. Le loro scelte architettoniche sono state influenzate dai materiali disponibili e dal clima. Si tratta, per lo più, di capanne circolari (rondavels), ossia strutture in argilla o fango, spesso con un tetto di paglia. Le abitazioni degli Ndebele sono, invece, famose per i loro disegni geometrici dai colori vivaci. Gli insediamenti indigeni sono spesso organizzati in modo circolare o concentrico, con una disposizione che simboleggia l’importanza della famiglia e della comunità.
- Architettura coloniale europea: l’arrivo dei coloni europei nel XVII secolo ha introdotto nuovi stili architettonici: – Stile Cape Dutch (XVII-XVIII secolo), tipico della zona del Western Cape e delle fattorie vinicole. E’ caratterizzato dalla presenza di frontoni decorativi sulla parte anteriore delle case. Molti esempi di questo stile si trovano a Stellenbosch, Paarl e Franschhoek. – Stile vittoriano (XIX secolo), si è diffuso durante la colonizzazione britannica. E’ caratterizzato dalla presenza di elementi decorativi come balconiin ferro battuto, finestre a bovindo (un particolare tipo di finestratura, in cui gli infissi e le ante vetrate non sono allineate al muro, ma risultano seguire un percorso ad arco orizzontale aggettante dalla muratura), e da dettagli ornamentali. – Architettura urbana contemporanea, con l’urbanizzazione del XX secolo, sono stati introdotti nuovi stili modernisti e funzionalisti. Le città come Johannesburg, Pretoria e Cape Town mostrano una grande varietà di stili architettonici. Durante gli anni dell’apartheid, molti edifici pubblici e complessi residenziali riflettevano lo stile brutalista (funzionale e minimalista).
- Molto visitato e interessante a Cape Town è il quartiere Bo-Kaap, fondato nel XVIII secolo e noto anche come “quartiere malese” poiché molti dei suoi abitanti erano discendenti di schiavi provenienti dalla regione del Sud-Est asiatico (soprattutto da Malesia e Indonesia). Gli schiavi erano stati portati a Cape Town dalla Compagnia Olandese delle Indie Orientali (VOC) durante la dominazione coloniale olandese. Dopo l’abolizione della schiavitù nel 1834, molti ex schiavi si stabilirono nel Bo-Kaap, che divenne un centro culturale per la comunità musulmana. Una delle caratteristiche che rende così particolare il Bo-Kaap sono le case dipinte in tonalità vivaci. Inizialmente le case erano dipinte di bianco, ma dopo la liberazione dalla schiavitù, gli abitanti iniziarono a usare i colori per celebrare la loro libertà e la loro identità. La maggior parte degli abitanti del quartiere è di fede musulmana e il quartiere è noto anche per la presenza di moschee storiche come la Auwal Mosque, costruita nel 1794 che è la moschea più antica del Sudafrica.
- Negli ultimi decenni, l’architettura sudafricana ha adottato approcci sostenibili e innovativi per adattarsi alle sfide climatiche e sociali. Molti sono gli architetti e i giovani designer che stanno trasformando il volto delle principali città, in particolare a Cape Town. Da quando la città è stata eletta World Design Capital (2014) a oggi, Cape Town ha vissuto, infatti, una grande rinascita, trasformandosi in un laboratorio urbanistico a cielo aperto.
ARTE TRADIZIONALE
L’arte tradizionale sudafricana è una delle più antiche e ricche del mondo, espressione della diversità culturale delle sue popolazioni indigene e delle loro tradizioni millenarie.
Dalle pitture rupestri degli antichi San (menzionate tra i patrimoni UNESCO) alle sculture in legno, dalle perline colorate delle culture Zulu e Xhosa alla decorazione delle abitazioni Ndebele; l’arte tradizionale sudafricana è dunque un insieme di tradizioni millenarie radicate nella spiritualità, nella vita quotidiana e nella celebrazione della comunità.
Ecco dunque una sintesi cronologica degli aspetti principali nel corso:
- L’arte rupestre, che risale a oltre 30mila anni fa, propone scene di caccia, rappresentazioni di animali come antilopi, elefanti e felini, oltre che rituali spirituali. Si tratta sia di in incisioni, sia di dipinti realizzati con pigmenti naturali (ocra, carbone, argilla…). Rappresentano il legame spirituale dei San con la natura e il mondo degli spiriti. Estremamente interessante l’aspetto simbolico, oltre a quello descrittivo.
- Arte Ndebele: caratteristica per le sue case decorate con disegni geometrici dai colori vivaci. L’arte è tramandata dalle donne Ndebele. Sono infatti proprio loro a dipingere le case con motivi complessi che costituiscono simboli di identità e appartenenza. Le decorazioni murali spesso celebrano eventi importanti come matrimoni o cerimonie di iniziazione. I colori vivaci e i motivi geometrici si trovano anche nei gioielli di perline e nei tessuti. L’arte Ndebele ha rappresentato la resilienza culturale e l’orgoglio della comunità Ndebele, anche durante periodi difficili come quelli della colonizzazione e dell’apartheid.
- Scultura e arte in legno delle popolazioni Zulu, Xhosa, Sotho, e Venda: sculture che rappresentano spesso figure umane e animali, con un forte simbolismo legato alla spiritualità e alla connessione con il culto degli antenati.
- Lavorazione delle perline da parte degli Zulu, Xhosa, Tswana, Ndebele e altre comunità indigene: vengono utilizzate per creare gioielli, decorazioni per abiti e oggetti cerimoniali. Ogni combinazione di colori e disegni ha un significato simbolico e può comunicare messaggi sociali, come lo stato civile, il rango sociale o l’appartenenza a un clan.
- Arte tessile e ceramiche: le donne di diverse comunità sudafricane realizzano tappeti e tessuti tradizionali intrecciati a mano. Anche le ceramiche tradizionali vengono realizzate a mano e decorate con motivi geometrici o rappresentazioni simboliche.
- Arte contemporanea: molti artisti sudafricani contemporanei si ispirano all’arte tradizionale, reinterpretandola in chiave moderna. Un esempio sono le opere di artisti come Esther Mahlangu, famosa a livello internazionale per i suoi dipinti Ndebele su tela e auto.
CINEMA
Il cinema in Sudafrica è nato alla fine dell’Ottocento con le prima proiezione a Johannesburg nel 1896, un anno dopo la nascita del “cinematographe” dei fratelli Lumiere. Non si trattava di un lungometraggio, ma di una serie di brevi filmati muti prodotti dai Lumière e da altri pionieri del cinema europeo.
Il 1910 è l’anno del primo lungometraggio a soggetto, prodotto dalla Springbook Films: “The Kimberly Diamond Robbery”, cui seguono, dal 1916 all’inizio degli anni trenta, una cinquantina di realizzazioni. Negli anni Trenta, furono realizzati film locali come Sarie Marais (1931), uno dei primi film sonori sudafricani, basato su una canzone popolare afrikaner.
Durante il periodo dell’Apartheid (1948-1994), il cinema divenne uno strumento di propaganda per promuovere i valori del nazionalismo afrikaner. Le produzioni sudafricane raramente includevano attori o storie della maggioranza nera del paese. Il cinema era accessibile solo a una minoranza privilegiata bianca.
Alcuni cineasti all’estero, come l’americano Lionel Rogosin, produssero film critici nei confronti del sistema, come Come Back, Africa (1959), che mostrava le difficoltà della popolazione nera durante l’apartheid.
Con la fine dell’apartheid nel 1994, il cinema sudafricano iniziò a riflettere una società più inclusiva e multietnica. Molti film affrontavano le conseguenze del sistema dell’apartheid, esplorando temi di riconciliazione, memoria e giustizia.
“Cry, the Beloved Country” (1995), adattamento del romanzo di Alan Paton, esplorava, ad esempio, le divisioni razziali e la speranza di riconciliazione.
“Forgiveness” (2004) era una storia ambientata dopo l’apartheid.
Numerosi erano anche i film di storie di vita quotidiana in grado di mettere in evidenza la diversità culturale del Sudafrica.
Nel corso del tempo il cinema sudafricano ha iniziato a sperimentare generi come l’horror, la commedia e la fantascienza.
“District 9″ (2009), diretto da Neill Blomkamp, è un film di fantascienza che esplora temi di discriminazione e xenofobia. È stato acclamato a livello internazionale ed è stato candidato a diversi premi Oscar.
Il Sudafrica ha, inoltre, una forte tradizione documentaristica che esplora questioni sociali e politiche.
“My Octopus Teacher” (2020), è un documentario naturalistico sudafricano che ha vinto l’Oscar al Miglior Documentario.
LETTERATURA
La letteratura sudafricana è una delle più ricche e diversificate dell’Africa, riflettendo la complessità culturale, linguistica e storica del paese. È stata profondamente influenzata dalla storia del Sudafrica, dal colonialismo e dall’apartheid.
Si esprime in diverse lingue, tra cui inglese, afrikaans, zulu, xhosa e altre lingue indigene.
- Prima dell’arrivo dei coloni europei, i popoli indigeni sudafricani avevano una ricca tradizione orale. Miti, leggende, poesie e storie tramandate oralmente riflettevano la cultura, la spiritualità e la connessione con la natura delle comunità Zulu, Xhosa, Sotho e altre.
- Con l’arrivo dei coloni olandesi (1652) e britannici (dal XIX secolo), emersero opere scritte, inizialmente in afrikaans e inglese. Si trattava di scritti che riflettevano spesso il punto di vista dei coloni e includevano descrizioni di esplorazioni, storie di vita rurale e conflitti con i popoli indigeni.
- L’afrikaans emerse come lingua letteraria nel XIX secolo. Gli scrittori più importanti della letteratura Afrikaans furono: C.J. Langenhoven, considerato uno dei padri della letteratura afrikaans e autore dell’inno nazionale sudafricano dell’epoca; N.P. van Wyk Louw e Elisabeth Eybers, poeti che esplorarono temi come l’identità culturale e la modernità; Etienne Leroux, un autore moderno che affrontò temi complessi attraverso romanzi simbolici.
- Letteratura inglese e anti-apartheid. Con il tempo, l’inglese divenne la lingua dominante per gli scrittori sudafricani che cercavano di raggiungere un pubblico internazionale e spesso di denunciare il razzismo. Tra gli autori più importanti e conosciuti: Alan Paton, autore di “Cry, the Beloved Country” (1948), uno dei romanzi più celebri della letteratura sudafricana. La storia racconta le disuguaglianze razziali e la devastazione sociale dell’apartheid attraverso il viaggio di un prete Zulu; Nadine Gordimer, vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura nel 1991. I suoi romanzi, come “Burger’s Daughter” (1979) e “July’s People” (1981), esplorano le tensioni sociali e razziali del Sudafrica. Famosissimo è infine J.M. Coetzee, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 2003. I suoi romanzi, come “Disgrace” (1999) e “Waiting for the Barbarians” (1980), affrontano la colpa, la violenza e le conseguenze del colonialismo e dell’apartheid. J.M. Coetzee è uno dei maggiori esponenti del postmodernismo e del postcolonialismo del XX secolo. I suoi numerosi romanzi, noti a livello internazionale, sono stati tradotti in italiano.
- Letteratura post-apartheid (1994 – oggi). Dopo la fine dell’apartheid, la letteratura sudafricana ha affrontato temi diversi, come la memoria e la riconciliazione, l’identità e la cultura, le esperienze femministe,… Tra gli scrittori contemporanei più noti: Zakes Mda, Mohale Mashigo, Mandla Langa.
MUSICA
Anche la musica rispecchia la ricchezza culturale del Paese e la sua straordinaria stratificazione.
Ecco gli aspetti principali:
- Musica Tradizionale: legata alle pratiche rituali, sociali e culturali delle varie etnie, come gli Zulu, Xhosa, Sotho, Venda e Tswana, la musica tradizionale spesso include elementi come danza, canto corale e strumenti tradizionali (Djembe e altri tamburi, Mbira, Uhadi). Molte comunità utilizzano il canto collettivo per narrare storie, celebrare eventi o accompagnare cerimonie.
- Influenza coloniale e missionaria: durante il periodo coloniale, i missionari europei introdussero la musica occidentale, come gli inni cristiani. Questo portò alla nascita di generi che combinavano la polifonia europea con le melodie indigene. “Nkosi Sikelel’ iAfrika”, scritto nel 1897 da Enoch Sontonga, è un inno che divenne simbolo della lotta contro l’apartheid e parte dell’attuale inno nazionale sudafricano.
- Musica Marabi e l’epoca dell’urbanizzazione. Con l’urbanizzazione e l’emergere delle township nei primi decenni del XX secolo, nacquero nuovi generi musicali come il Marabi, simile al Jazz e il Kwela, anch’esso influenzato dal jazz americano e caratterizzato dai ritmi vivaci.
- Jazz sudafricano: mix di influenze locali e internazionali. Durante l’apartheid, divenne anche una forma di resistenza culturale. Tra i principali artisti: Hugh Masekela, trombettista e compositore, famoso per brani come Grazing in the Grass. Fu un ambasciatore del jazz sudafricano nel mondo; Miriam Makeba, conosciuta come “Mama Africa”, la sua musica mescolava jazz, soul e canti tradizionali africani. Fu anche una potente voce contro l’apartheid; Abdullah Ibrahim (noto anche come Dollar Brand), pianista e compositore, autore di brani come Mannenberg, spesso considerato un inno della lotta contro l’apartheid.
- Musica durante l’Apartheid: durante il regime dell’apartheid (1948-1994), la musica svolse un ruolo cruciale nella resistenza contro la segregazione razziale. Alcuni artisti si opposero al regime, così come alcuni generi musicali (Reggae e Afrobeat). Noti sono brani come “Bring Him Back Home” di Hugh Masekela, che chiedeva la liberazione di Nelson Mandela. “Soweto Blues” di Miriam Makeba commemorava invece la rivolta di Soweto del 1976.
- Generi moderni e cointemporanei: dopo la fine dell’apartheid, la musica sudafricana è esplosa in una varietà di stili: dal Kwaito all’Afropop e Afrohouse (entrambi fusione tra pop e ritmi africani) al Gqom e all’Amapiano. Il Kwaito è nato negli anni Novanta nelle township di Johannesburg ed è un genere simile alla house music, ma con testi in lingue locali come Zulu, Sotho e Tsotsitaal. Il Gqom è un genere di musica elettronica nato a Durban, noto per i suoi ritmi ipnotici e minimali. L’Amapiano è genere di musica elettronica e house, caratterizzato da bassi profondi e melodie rilassanti. È diventato estremamente popolare negli ultimi anni. Molto popolari sono anche il canto corale e il gospel.
Testo a cura di Paola Scaccabarozzi