Il Sud Sudan è un paese estremamente povero in cui parlare di cibo e bevande significa inevitabilmente toccare il grosso problema della malnutrizione.
Ogni anno, secondo dati stimati dalle Organizzazioni Umanitarie, ben 99 bambini su 1000 non superano i 5 anni (In Italia, giusto per avere un termine di paragone, 3 su 1000).
La situazione è molto critica nelle aree rurali, dove la popolazione è quasi del tutto tagliata fuori dall’assistenza sanitaria.
A ciò si aggiungono inondazioni, siccità e conflitti interni, quindi accade che mettere insieme un pasto sia estremamente complicato.
La cucina del Sudan del Sud è comunque costituita prevalentemente da cereali e in particolare da mais e sorgo. Alimenti che vengono consumati sono i legumi (fagioli, lenticchie), le patate, e l’igname.
La carne, qualora disponibile, viene generalmente bollita, essiccata o grigliata e prevede il consumo di capra, montone, pollo e pesce, in prossimità di fiumi e laghi. Il pane fermentato tradizionale si chiama Kisra ed è a base di sorgo e spesso viene accompagnato dalle lenticchie.
Significativa è l’influenza della cucina araba.
L’alimentazione di alcune etnie, precedentemente descritte e dallo stile di vita ancora autentico, è caratterizzata anche dal consumo di latte e persino sangue estratto dalla giugulare dei propri animali. Si tratta infatti di preziosi alimenti proteici.
Tra le bevande tipiche del Sud Sudan: il carcadè, un infuso prodotto utilizzando l’Hibiscus e il caffè.
Nel Paese esisteva anche un birrificio, il Southern Sudan Limited che però è andato in bancarotta nel 2016.
I viaggi, che prevedono pernottamenti in tenda, sono a pensione completa con cuoco e cucina da campo.
Testo a cura di Paola Scaccabarozzi