Foto © Alte Vedute
A circa 150/200 km a nord di Khartoum, si trovano le rovine archeologiche più interessanti e famose del Sudan.
La prima tappa obbligata è a Musawwarat-es-Sufra, un sito tanto misterioso quanto interessante. Ancora oggi non si sa esattamente la funzione al quale era destinato, ma probabilmente venne costruito per ordine di un re meroitico, quale centro spirituale e per l’allevamento di elefanti, ampiamente rappresentati nei bassorilievi e graffiti che ornano il luogo.
Dai resti della cinta muraria, si intuisce che l’insediamento era uno dei più grandi dell’epoca meroitica, all’interno del quale era presente un tempio di Amon, divinità cara agli Egizi, immediatamente riconoscibile nelle sculture granitiche a forma di ariete che scandiscono il viale di accesso, e, novità rispetto alla cultura napatese, un tempio dedicato al dio Leone, divinità interamente autoctona, chiamata Apademak, splendidamente decorato di motivi zoomorfi e antropomorfi.
La particolarità di questo sito è che le cinta murarie sono state utilizzate nel corso dei secoli quale supporto dove sovrapporre iscrizioni, incisioni, graffiti, disegni con scene erotiche e profane, illustrazioni di tutti i tipi.
A Naqa, non lontano da Musawwarat, un altro gruppo di edifici di cultura meroitica, meritano una visita. Qui un tempio di Amon, ha conservato meglio di tutti le due sale principali e una stele che permette di datare il complesso al I secolo. Ma sicuramente la particolarità di questo sito è nella mescolanza incredibile di influenze culturali, ove alla divinità egizia si affianca un tempio di Apademak, e non lontano, un chiosco con colonnato di evidente influenza greco-romana.
Il luogo è veramente suggestivo, con un particolare mélange di capitelli corinzi, sculture di leoni, bassorilievi egizi e una statua del dio Apademak a tre teste e quattro braccia, che potrebbe quasi sembrare di ispirazione indiana.
Proseguendo verso nord, si arriva al gioiello della cultura tardo-kushita, di epoca meroitica, in quella che fu la capitale più importante subito dopo il rientro in Nubia dei Faraoni Neri. La città di Meroé
Qui si trovano decine di piramidi (in origine 200), le più celebri del Sudan, più piccole e più appuntite di quelle egiziane, ma non meno interessanti e spettacolari. Innanzitutto, non sono presenti né botteghini né venditori ambulanti (a parte qualche cammelliere), e la libertà di gironzolare indisturbati tra queste meraviglie architettoniche ne fanno veramente un posto dall’atmosfera unica e dalla scenografia magica.
Il complesso si accende di colori indescrivibili alla luce del tramonto e dell’alba, pertanto vale veramente la pena posare il campo tendato in prossimità, per passarvi la notte. Con le loro anticamere, sorta di cappelle a piloni orientate ad est e una finta porta, costituivano il luogo di sepoltura dei mitici Re e Regine Madri (le Candace) di Meroé, di cui la più antica risale probabilmente al III o IV secolo a.C. E’ qui che venne (purtroppo) ritrovato l’incredibile tesoro della Regina Amanishakheto, quanto di più prezioso ci abbia trasmesso la cultura meroitica, ma che comportò la distruzione e la profanazione della sua sacra sepoltura. Oggi alcune piramidi sono state restaurate e intonacate secondo l’antica tecnica tradizionale, offrendo un’idea dello splendore e incanto apparso agli occhi dei primi esploratori europei. Ci si chiede ancora oggi come sia stato possibile profanare una tale bellezza.