Tra i paesaggi vulcanici più spettacolari della Tanzania settentrionale, a nord di Ngorongoro e nella regione della Grande Rift Valley, è la meravigliosa area ambientale del Lago Natron e dello stratovulcano di Ol Doinyo Lengai, “la Montagna di Dio” in lingua masai, ancora oggi attivo e che svetta a sfiorare i 3.000 metri. Il vulcano e i suoi dintorni conservano un ecosistema unico al mondo, di cui il Lago Natron ne è un’appendice, formato dalle acque che colano a valle, fortemente alcaline e cariche di sodio.
60 km di lunghezza per 22 km di larghezza, il Lago Natron ha una profondità massima di appena 3 metri, soggetto a forte evaporazione, e una temperatura che può raggiungere i 60 gradi centigradi. Estremamente salato e alcalino, per la presenza del natron, un carbonato decaidrato di sodio, simile alla ammoniaca, è l’habitat naturale dei cianobatteri,dai quali deriva l’intensa colorazione rosa dell’acqua e del piumaggio dei due milioni di fenicotteri nani che ogni anno migrano ai margini del lago per la riproduzione, rendendo questo luogo straordinario, il principale ritrovo dell’intero Continente Africano per la conservazione della specie.
Solo alcune alghe tra cui la spirulina, tre specie endemiche di pesce e i fenicotteri, riescono ad adattarsi in un ambiente così particolare, mentre per gli altri animali le acque caustiche del lago risultano fatali, trasformando spesso i malcapitati in vere e proprie statue di sale calcificate, per effetto della reazione chimica che ha un potere imbalsamatore. Avvicinarsi alle sue rive non è cosa semplice neanche per l’uomo, per via del terreno fangoso, e necessario sarà seguire i passi di una guida esperta masai, che abbia familiarità con le insidie di questo luogo, altresì magico.
Inondato di luce, lo specchio della sua superficie meridionale riflette la sagoma del vicino stratovulcano Ol Doinyo Lengai, che domina il paesaggio circostante dall’alto dei sui 3.000 metri, raggiungibili con una marcia di circa 5 ore, attraverso stretti passaggi che si inerpicano sui suoi fianchi, fino ad arrivare sul muro finale lavico che porta sui sottili e vertiginosi bordi del suo cratere. Uno spettacolo incredibile, tra viste e paesaggi mozzafiato, brulli di cenere, scuri di lava rappresa e dall’aspetto lunare.
Per via delle alte temperature si scala preferibilmente la notte, soprattutto nell’ultimo tratto, quello più impegnativo è molto scivoloso, in cui i piedi franano continuamente in uno spesso strato di cenere e sabbia scura, con una pendenza che sfiora i 40 gradi.
Decisamente un’ascesa che richiede una buona forma fisica, ma che ripagherà pienamente della fatica, con una vista spettacolare su un paesaggio surreale, sia verso le vallate circostanti che sull’interno del cratere. Una delle sue particolarità è che in lontananza sembrerebbe ammantato di neve, circondato da un alone bianco, risultato della lava natro-carbonata che raffreddandosi velocemente vira di colore, dal nero al bianco.