Una Tanzania al di là delle nuvole, il tetto dell’Africa, il mitico Kilimanjaro che raggiunge quota 5.895 metri sul livello del mare, da conquistare con un trekking impegnativo, tanta forza di volontà e un pizzico di allenamento che verranno ampiamente ripagati da emozioni e sensazioni uniche, dall’alto del picco di Uhuru, con i suoi panorami magici e sconfinati.
Il Kilimanjaro, Patrimonio UNESCO, è un antichissimo vulcano quiescente che regala tra i paesaggi e i panorami più sorprendenti del mondo. La sua forma conica e imponente, che svetta isolata tra le sconfinate terre e le savane circostanti, si offre in un’ampia visuale, nello spettacolo straordinario della sua sagoma regolare, anche da grandi distanze. Un gigante nel cuore dell’Africa più selvaggia.
Da Moshi, cittadina ordinata e pulita, adagiata a 1.800 metri di altitudine, partono la maggior parte dei trekking, in particolare su uno dei percorsi più frequentati perché il più accessibile e servito da rifugi dove poter fare base la notte, la Marangu Route. Una costante salita per 5 giorni, tra sentieri facilmente percorribili in apparenza, perché il vero “avversario” nell’ascesa del Kilimanjaro è rappresentato dall’altitudine e non dal percorso o dalle distanze in sé. Attraversando in tappe intermedie le varie fasce climatiche e la sorprendente variazione di vegetazione che cambia in base all’altitudine, diradandosi progressivamente fino al cosiddetto “deserto di montagna” in alta quota, è prevista a metà percorso una piccola ridiscesa intermedia a 3.800 metri, dopo averli superati nella giornata della terza tappa alla Zebra Rock, un “dietro front” tecnico che permette di acclimatarsi prima della salita finale, in due tappe, fino ai quasi 6.000 metri del cratere di Uhuru.
Un’esperienza dalle molteplici sfaccettature, dalle mille emozioni, legate alla sfida dell’impresa e alla incredibile varietà di paesaggi naturalistici, panorami e climi, tutto in un solo viaggio. Si attraversano zone umide e zone secche, fasce climatiche calde o temperate e geli polari, ci si sveste sotto i raggi caldi del sole più a valle, o ci si protegge di molteplici strati dal freddo o da un acquazzone improvviso. Si ammirano foreste pluviali abitate da scimmie e leopardi, boscaglie, praterie e brughiere di groundsel, senecio e lobelie e si contempla l’emozionante desolazione del deserto d’altitudine, avvolti infine dal gelo perenne del ghiacciaio e delle nevi, dominando il mondo da altezze vertiginose al di sopra delle nubi, e sotto, a perdita d’occhio, la savana, gli animali selvatici, l’Africa per antonomasia.
Meno battuto dai viaggiatori internazionali ma altrettanto stimolante per i cinque sensi, è invece il trekking che porta sulle vette del Monte Meru, a 4.566 metri di altitudine, tra gli splendidi ecosistemi dell’Arusha National Park. Un vulcano non del tutto inattivo, che ha fatto sentire la propria voce anche nel corso della prima metà del XX secolo, si apre ad est su un’imponente scultura di antica lava, a formare un cratere lunare a ferro di cavallo con contrafforti che raggiungono i 2.000 metri di altezza. Uno spettacolo naturalistico, un paesaggio incantevole e suggestivo, percorribile tramite sentieri accessibili e alla portata di tutti, che, a differenza del trekking sul Kilimanjaro, non richiedono alcuna particolare preparazione, se non una buona forma fisica. Anche in questo caso la vegetazione e gli scenari variano a seconda dell’altitudine, in una full immersion di circa 4 giorni tra foreste rigogliose, brughiere e praterie di infiorescenze alpine, fino a perdersi tra la sconfinata desolazione in altitudine, a toccare le nuvole.