SITI UNESCO
Tre sono i siti attualmente facenti parte del Patrimonio dell’umanità UNESCO e sono i seguenti (i primi due già descritti nella sezione “ambiente”):
- Parco impenetrabile di Bwindi, istituito nel 1994 per la sua eccezionale biodiversità e per la presenza di specie faunistiche a rischio, in particolare il gorilla di montagna. Vive infatti qui circa la metà della popolazione mondiale di gorilla di montagna. Si tratta di esemplari dalle dimensioni impressionanti e dal pelo argentato (schiena dei maschi) denominati per questa ragione “Silverback”. Questi primati vivono in famiglie di circa 20 o 30 esemplari. Sono animali abitudinari che si spostano continuamente nel raggio di pochi chilometri alla ricerca di foglie, frutti e cortecce. I ranger ne seguono costantemente le tracce durante la notte, in modo da poter prevedere dove si troveranno la mattina seguente per condurvi i visitatori. Situato nella parte occidentale della Rift Valley, il parco ha una superficie di circa 325 chilometri quadrati. Nonostante le sue dimensione esigue, la foresta di Bwindi, oltre all’attrattiva principale dei gorilla, conta oltre 300 specie di uccelli, 350 specie di farfalle, oltre mille di mammiferi, una quantità notevole di insetti, anfibi, serpenti e un numero impressionate di piante.
- Parco nazionale dei Monti Rwenzori, istituito nel 1991, copre una superficie di circa mille chilometri quadrati. Al suo interno si trova la terza vetta più alta dell’Africa. Numerose sono anche i laghi e le cascate. Il parco ospita molte specie endemiche del Rift Albertino. Molto diversificata e interessante è la flora che è ritenuta tra le più straordinarie pianeta. La fauna varia in relazione all’altitudine.
- Tombe dei re del Buganda presso Kasubi, sito istituito nel 2001 e situato sulle colline del distretto di Kampala. Le tombe dei re Buganda si estendono su quasi trenta ettari e, la maggior parte del sito, è costituita da terreni agricoli, coltivati con metodi tradizionali. La parte centrale del sito è invece costituita dall’ex palazzo dei Kabaka di Buganda costruito tra nel 1882 e trasformato, due anni dopo, in uno dei luoghi di sepoltura dei sovrani di Buganda. Le tombe di Kasubi, conosciute anche come tombe dei Ssekabaka, sono il luogo di sepoltura di quattro differenti sovrani. L’edificio centrale, a pianta circolare, è sormontato da una cupola. Questo sito costituisce un esempio di architettura che utilizza materiali organici come legno e paglia. Secondo la tradizione, si ritiene, oltre, che la mascella del sovrano defunto, custodia dell’anima, venisse conservata in una teca separata dal luogo di sepoltura del corpo. Oltre a essere particolarmente interessanti per la loro architettura, queste tombe sono un centro spirituale per il popolo Baganda.
Esistono poi altri siti candidati:
- Kibiro: piccolo villaggio di pescatori che si trova sulla sponda sud-orientale del Lago Alberto. È un luogo unico nel suo genere perché i suoi abitanti si sostengono da novecento anni principalmente attraverso la produzione e il commercio del sale. Per il suo valore culturale, questo sito è stato aggiunto alla “Tentative List” del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO il 10 settembre 1997.
- Bigo bya Mugenyi: area archeologica caratterizzata dalla presenza di antichi terrapieni situati nell’Uganda sud-occidentale. Dai dati archeologici a disposizione è emerso che Bigo sia un’area di più di dieci chilometri quadrati risalente all’incirca al 1300-1500 d.C. E’ stato definito dagli archeologici il “monumento antico più grande e più importante” dell’Uganda.
- Ntusi: sito archeologico della tarda età del ferro situato nel sud-ovest dell’Uganda. Secondo la datazione al radiocarbonio risalirebbe al X secolo al XV secolo d.C e”Ntusi”, nell’idioma locale, significherebbe “tumuli”.
- Nyero: sito di pitture rupestri risalasti probabilmente a un periodo compreso tra i 3mila e i 12mila anni fa. Si trova nella parte orientale del Paese, nel distretto di Kumi. Si tratta di dipinti geometrici dal grande valore estetico e simbolico, realizzati con pigmenti rossi e neri su roccia granitica disegnati dai cacciatori e raccoglitori dell’età della pietra.
- Parco nazionale dei gorilla di Mgahinga (già menzionato nella sezione “ambiente”): il parco ugandese più piccolo (36 chilometri quadrati), ma che offre la possibilità di avvistare gorilla di montagna. Confina a ovest con la Repubblica Democratica del Congo e a sud con il Rwanda dal quale è diviso dalla sommità di tre splendidi vulcani che ne fanno da sfondo: il Muhavura, il Gahinga e il Sabinyo che costituiscono la parte più orientale della catena di vulcani conosciuti come Monti Virunga.
ARCHITETTURA
Molto interessante, dal punto di vista architettonico, è la conformazione dei villaggi tradizionali come quelli dei Karamoja, ancora molto diffusi nel nord-est dell’Uganda. Hanno una forma circolare e sono caratterizzati dalla presenza di recinti di arbusti spinosi.
All’interno del villaggio ogni famiglia vive in un cortile indipendente in cui si trovano edifici cilindrici con coperture a cono. Le costruzioni più piccole vengono utilizzate come magazzini o granai.
La grande piazza circolare centrale, che è anche il luogo più protetto del villaggio, è accessibile tramite percorsi molto stretti ed è adibita al bestiame. Il bestiame rappresenta la ricchezza di questo popolo ed è spesso causa di conflitti etnici e di clan anche, ma non solo, con i vicini Turkana (nord-ovest del Kenya) a cui i Karamoja sono imparentati dal punto di vista etnico, visto che entrambe le popolazioni derivano dalla migrazione dei Teso (o Iteso) dall’Abissinia (Etiopia).
Anche gli Ik, un piccolo popolo ancora poco conosciuto, vive in piccoli villaggi tradizionali. Ogni villaggio è circondato da un muro esterno, quindi suddiviso in “quartieri” familiari (o di amici), denominati “Odok”, ciascuno circondato da un muro. Ogni Odok è suddiviso a sua volta in famiglie, chiamate “Asak”. Le costruzioni sono provviste di cortili anteriori e, in alcuni casi, di
Originariamente cacciatori, gli Ik dovettero abbandonare le proprie terre a causa della creazione del Parco Nazionale di Kidepo. Si insediarono così nei dintorni del Monte Morungole, dove si dedicano tuttora all’allevamento.
ARTE TRADIZIONALE E CONTEMPORANEA
L’artigianato e la produzione di oggetti artistici non sono praticati in Uganda. Anche le maschere rituali che si possono trovare nel Paese, provengono dal Congo.
Diverso è invece il discorso per quanto riguarda l’arte contemporanea.
Ci sono infatti diversi artisti ugandesi contemporanei noti oltre i confini nazionali.
A cominciare da Acaye Kerunen (1981), artista visuale, attrice e poetessa che è stata la prima artista ugandese a esporre le sue opere nel primo padiglione ugandese alla 59a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (2022).
Sanaa Gateja è un artista nato nel 1950 a Kisoro che, per la Biennale di Venezia 2024, ha realizzato opere con carta già utilizzata e cucite su supporti in tessuto di corteccia in assemblaggi a forma di arazzo. Le sue opere nascondono, tra le pieghe, pezzi di storia passata e rappresentano, al tempo stesso, un atto di riparazione ecologica e spirituale.
Taga Nuwagaba, nota per le sue esposizioni a Londra, è un’artista ugandese del 1968 famosa nei circuiti delle gallerie britannici e nelle istituzioni culturali.
Xenson Ssenkaaba è un’artista, stilista e poeta al centro di un giovane rinascimento artistico africano. Profondamente influenzato dalle culture africane, condivide la sua passione attraverso l’insegnamento e la promozione dell’arte.
Josè Hendo è una designer britannica di origine ugandese, che vuole sfidare la cultura del consumismo nella moda, utilizzando tessuti organici e materiali riciclati per creare pezzi unici e d’avanguardia.
Odur Ronald è un artista che impiega piastre di stampa in alluminio per indagare temi quali quelli dell’identità e della migrazione, creando così sculture e installazioni attraverso tecniche diverse.
CINEMA (E TEATRO)
La nascita del cinema in Uganda ha a che fare, in senso stretto, con la colonizzazione, tanto che negli anni Trenta venne lanciato in Africa orientale, il Bantu Educational Kinema Experiment (BEKE).
Era un progetto del Consiglio Missionario Internazionale in coordinamento con la Carnegie Corporation di New York e i governi coloniali britannici di Tanganica, Kenya, Uganda, Rhodesia del Nord e Nyasaland. L’obiettivo, quello di proiettare film da cinema mobili per educare i neri (“bantu”). Sono stati così prodotti, tra il 1935 e il 1937, circa trentacinque film muti realizzati in 16mm e dedicati a tematiche sanitarie, veterinarie, agronomiche. I film venivano proiettati all’aperto, nei villaggi, con l’ausilio di schermi e furgoni attrezzati. Ovviamente, si trattava di film di propaganda coloniale, in grado di instillare persino negli africani il senso della propria inferiorità. Il progetto era guidato da J. Merle Davis, direttore del Dipartimento di ricerca sociale e industriale del Consiglio missionario internazionale; George Chitty Latham, ex capo del Dipartimento dell’Istruzione della Rhodesia del Nord; e il maggiore Leslie Allen Notcutt, ex manager di piantagioni in Kenya.
In Uganda l’idea di creare un cinema indipendente nasce, non a caso, proprio all’invio degli anni Sessanta (l’Uganda diventa indipendente nel 1962). Nel settembre del 1961 il documentarista Alexander Shaw venne incaricato circa la realizzazione di un progetto nell’ambito del programma EPTA (United Nations Extended Program of Technical Assistance), cui parteciparono anche esperti Unesco (Shaw 1965; Wright 1966). Temi erano filmati che raccontavano avvenimenti locali. La distribuzione era garantita da un furgone cinematografico che cercava di soddisfare la domanda di proiezioni.
Nella seconda metà degli anni Sessanta in Uganda si diffondono film stranieri in diverse sale cinematografiche che erano nate nel frattempo. Oggi, la maggior parte di questi cinema si sono trasformati in luoghi di culto di chiese pentecostali. C’erano il “Delight” (o “Plaza”), l’”Anita”, in seguito “Bonita night club”, il “Norman” (noto anche come “Odeon”), il “CineAfrique”. Oltre alla capitale i cinema erano diffusi anche in altri capoluoghi come l’”Odeon” a Jinja, il “Tropical” a Masaka e il Regonia e l’Ashock a Mbale.
Sempre negli anni Sessanta diventa molto popolare anche il teatro che era stato introdotto nelle scuole missionarie come materia di insegnamento. Anche le scuole di recitazione, come la scuola femminile di Gayaza e il Kings College di Buddo avevano un intento didascalico nei confronti dei nativi, ritenuti inferiori. Il teatro utilizzava la lingua inglese. Il luganda era invece la lingua prescelta per spettacoli teatrali più semplici dal sapore folkoristico e locale.
Durante gli anni delle dittature di Amin e Obote qualunque forma espressiva fu vietata, eccetto gli spettacoli teatrali in luanda, seppur non scevri delle pressioni del regime. Drammatica testimonianza ne è l’assassinio del drammaturgo Byron Kawada che aveva proposto uno spettacolo velatamente critico nei confronti della dittatura. I film stranieri erano invece tassativamente proibiti perché filoccidentali.
Dalla fine degli anni Ottanta, con colui che è ancora il presidente dell’Uganda, ossia Yoweri Kaguta Museveni, alcuni artisti ugandesi avevano iniziato a realizzare produzioni cinematografiche indipendenti. La diffusione televisiva di queste prime realizzazioni locali riscosse un enorme successo. E proprio negli anni Ottanta fu realizzato il primo film in Uganda da ugandesi, dal titolo “Adopted Twins”. E’ la storia di una ragazza che rimane incinta e il suo ragazzo non vuole assumersi alcuna responsabilità. Il taglio verte sul dramma psicologico.
Nel 2005 viene realizzato il primo lungometraggio ugandese, dal titolo “Feeling Struggle”. Il film si ispira alla società ugandese e alle profonde contraddizioni provocate dal sopraggiungere della modernità. Da questo momento in poi il cinema ugandese diventa sempre più interessante.Significativo è stato anche l’impatto del cinema di nigeriano “Nollywood”, distribuito e apprezzato in tutta l’Africa sub-sahariana.
LETTERATURA
La letteratura ugandese si afferma solo nel XX secolo. Indubbiamente l’autore più famoso e conosciuto a livello internazionale è Moses Isegawa (ugandese con cittadinanza olandese). I suoi romanzi raccontano la storia politica del Paese attraverso una denuncia attenta e coraggiosa della corruzione imperante. Il suo primo romanzo, “Abyssinian Chronicles” è stato pubblicato nel 1998 ed è ambientato in Uganda negli anni Settanta e Ottanta. E’ la narrazione di una storia individuale sotto il brutale regime di Amin. Il libro, scritto in inglese, vendette più di 100mila copie.
Tra gli scrittori noti: Milton Allimadi, scrittore, giornalista e autore conosciuto per la sua critica agli scritti razzisti di autori bianchi sull’Africa e sugli africani; Monica Arac de Nyeko, scrittrice ugandese che vive in Nigeria e che nel 2007 fu la prima ugandese a vincere il “Caine Prize for African Writing (un premio letterario annuale per racconti brevi in Africa); Grace Akello, poeta , oltre che ambasciatore dell’Uganda in India… insomma, la letteratura ugandese sta diventando sempre più una fucina di scrittori, impegnati spesso a livello sociale.
MUSICA
La musica ugandese è, al tempo stesso, tradizione e contemporaneità.
Ogni etnia dell’Uganda ha una propria tradizione musicale che ha però tratti comuni come la prevalenza di scale pentatoniche.
Troveremo così la musica Buganda che utilizza strumenti tradizionali come il tamburo, una specie di arpa (l’ennanga), lo xilofono e altri strumenti che affondano il loro uso nel passato remoto; la musica Acholi caratterizzata dalla presenza di cori e percussioni; la musica langi che ha avuto influenze congolesi. Ogni gruppo etnico ha poi le propri declinazioni particolari.
Per quanto riguarda la musica moderna, ciò è emerge è il pop di provenienza perlopiù starnerà (USA, Europa, Kenya, Congo).
Famoso negli anni Ottanta fu Jimmy Katumba con il suo gruppo “The Ebonies”.
Dobbiamo però ricordare che spesso i musicisti e, più in generale gli artisti, sono stati perseguitati dal potere. Grande successo ebbe a questo proposito, negli anni Novanta, l’album “Born in Africa”, realizzato appunto da artisti fuggiti all’estero a causa delle persecuzioni di Amin. Tra gli artisti e gruppi più famosi: “Afrigo Band”; Bebe Cool, Ragga Dee e Bobi Wine.
Testo a cura di Paola Scaccabarozzi