SITI UNESCO
- Parco Nazionale di Mana Pools: istituito nel 1984, è situato nel nord del Paese, lungo il fiume Zambesi, dove la pianura alluvionale si trasforma in un’ampia distesa di laghi dopo ogni stagione delle piogge. Man mano che i laghi si prosciugano e si ritirano gradualmente, la regione attira molti grandi animali in cerca di acqua, rendendola una delle regioni africane più rinomate per l’osservazione della fauna selvatica. Il parco offre, infatti, opportunità uniche per avvistare animali selvatici, tra cui elefanti, leoni e oltre 350 specie di uccelli.
- Monumento nazionale “Grande Zimbabwe”: dichiarato Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO nel 1986 grazie al suo immenso valore storico, culturale e architettonico, È considerato uno dei monumenti più importanti dell’Africa e uno dei pochi esempi di grandi costruzioni in pietra realizzate nell’Africa precoloniale. Si tratta di un sito archeologico situato nel sud dello Zimbabwe, vicino alla città di Masvingo. Le rovine del “Grande Zimbabwe”, scoperte dall’esploratore britannico William H. H. McCulloch nel 1867 e luogo di scavi sistematici dagli anni Novanta dell’Ottocento a opera dell’archeologo C. William Thornton, costituiscono la rappresentazione di quello che fu un regno molto potente in epoca medioevale, dal X-XI al XV secolo. Il regno controllava infatti lo sfruttamento dell’aviario e dell’oro e il commercio di metalli, in particolare il rame. Lo sviluppo del commercio ha indubbiamente svolto un ruolo cruciale per l’affermarsi di élite gerarchiche. Proprio come le città mercantili sulla costa, anche il “Grande Zimbabwe” sviluppò un artigianato tessile per uso locale e un commercio con le province e le sue periferie. Lo Zimbabwe è il prototipo delle formazioni politiche all’interno del continente africano in cui le élite esercitavano un’egemonia politica regionale a una certa distanza dalle città costiere. Un secolo prima, Maoungubwe, sulla riva sudafricana del fiume Limpopo, aveva svolto un ruolo analogo.
- Monumento Nazionale delle Rovine di Kami (conosciuto anche come Rovine di Khami) è un importante sito archeologico, istituito nel 1986 e situato vicino alla città di Bulawayo nel sud-ovest dello Zimbabwe. Questo monumento, come il Grande Zimbabwe, è uno dei più significativi esempi di costruzioni in pietra dell’Africa meridionale ed è riconosciuto per la sua importanza storica e culturale. Le Rovine di Khami risalgono al periodo compreso tra il XV e il XVII secolo e rappresentano ciò che rimane della capitale di un regno che fiorì dopo il declino del Grande Zimbabwe. Khami fu la capitale della dinastia Torwa, una delle principali dinastie che ereditò il controllo della regione e mantenne un vivace sistema di commercio, soprattutto per quanto concerna oro, rame e avorio.
- Cascate Vittoria: dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1989 per la loro eccezionale bellezza naturale e per essere una delle cascate più spettacolari del mondo, sono un sito condiviso tra lo Zimbabwe e lo Zambia. Situate sul fiume Zambesi, le cascate segnano infatti il confine naturale tra i due paesi. In Zimbabwe, le Cascate Vittoria si trovano vicino alla città omonima, Victoria Falls, che è una delle principali destinazioni turistiche del paese.
- Parco nazionale di Mana Pools, istituito nel 1984, si trova nella parte settentrionale dello Zimbabwe, lungo le rive del fiume Zambesi, vicino al confine con lo Zambia. Il parco, noto per la sua eccezionale bellezza naturale, la sua biodiversità e le opportunità per l’osservazione della fauna selvatica, è situato nella regione del basso Zambesi dove la pianura alluvionale si trasforma in un’ampia distesa di laghi dopo ogni stagione delle piogge. Man mano che i laghi si prosciugano e si ritirano gradualmente, la regione attira molti grandi animali in cerca di acqua, rendendola una delle regioni africane più rinomate per l’osservazione della fauna selvatica. Il parco è, inoltre, anche un ottimo luogo per il birdwatching, con oltre 350 specie di uccelli.
Ci sono altri due siti candidati UNESCO:
- Monumento Nazionale di Ziwa: importante sito archeologico noto per le sue incisioni rupestri e i resti storici che risalgono a diverse epoche preistoriche. È famoso per essere una delle più grandi aree di arte rupestre nello Zimbabwe, con oltre 250 incisioni e pitture rupestri attribuite al popolo San (boscimani), un antico gruppo di cacciatori-raccoglitori. Il sito comprende anche resti archeologici di insediamenti antichi, terrazze agricole e strutture in pietra risalenti a diversi periodi storici, in particolare a partire dal periodo dell’età del ferro. Il sito di Ziwa ha attirato e attira l’interesse di archeologi e antropologi, che continuano a studiare le sue incisioni rupestri e le sue strutture in pietra per comprendere meglio la storia delle popolazioni che vi hanno abitato.
- Il Sito di Naletale è un importante sito archeologico, noto per le sue antiche rovine in pietra e per il loro significato storico e culturale. Le rovine si trovano nella provincia di Midlands, a circa 80 chilometri a sud-est della città di Gweru. Come altri siti di rovine in pietra dello Zimbabwe, come il Grande Zimbabwe e le Rovine di Khami, Naletale testimonia l’abilità ingegneristica e artistica delle antiche civiltà africane.
ARTE RUPESTRE
Come già enunziato nella sezione “Storia”: le tracce più antiche lasciate dall’uomo in Zimbabwe includono manufatti di tipo acheuleano (strumenti di pietra che risalgono al periodo paleolitico medio, da circa 1,76 milioni a 100.000 anni fa) risalenti a circa 1,5 milioni di anni fa. Questi strumenti di pietra sono stati trovati in diverse località del Paese, tra cui: depositi delle Cascate dello Zambesi che indicano la presenza di gruppi di cacciatori-raccoglitori molto antichi e nel sito Lochard, sul fiume Zambesi, che forniscono evidenze di attività umane risalenti a epoche molto remote.
Le aree più famose per l’arte rupestre includono il Parco Nazionale di Matobo, il sito di Chinhoyi e le montagne di Nyanga. Qui si possono trovare numerosi esempi di pitture rupestri. Si tratta di uno stile caratterizzato da immagini di animali, figure umane e simboli astratti, spesso realizzati con pigmenti naturali. I colori predominanti sono rosso, giallo e bianco.
ARCHITETTURA
L’architettura dello Zimbabwe è varia e costituita da una miscela di influenze a partire da quelle indigene a cui si sono sovrapposte le architetture coloniali e moderne.
- Lo Zimbabwe ha mantenuto però in molte zone l’architettura tradizionale. Le case, soprattutto nelle zone rurali, hanno ancora tetti di paglia e muri di fango, simili alle strutture delle capanne del Grande Zimbabwe. Le fattorie sono generalmente composte da due capanne: una per cucinare e l’altra per dormire. La maggior parte delle capanne di stoccaggio è realizzata con rami e bastoni, materiali che le rendono meno robuste delle capanne da cucina o residenziali.
- Molte case sono costruite con mattoni crudi essiccati al sole o muri di cemento e tetti in lamiera ondulata. Le pareti sono occasionalmente decorate con disegni geometrici che hanno un significato religioso e simbolico. Sia per la sicurezza che per la decorazione, le recinzioni in ferro sono sempre più diffuse.
- Durante il periodo coloniale (dal 1890 fino all’indipendenza nel 1980), l’influenza britannica risulta evidente soprattutto nelle città come Harare e Bulawayo. Gli edifici sono spesso in stile vittoriano o neoclassico, con materiali importati dall’Europa, come il mattone e il cemento, in contrasto con le tecniche tradizionali locali.
- Attualmente si percepisce una fase di grande urbanizzazione con lo sviluppo di grattaceli e centri commerciali, soprattutto in città come Harare e Bulawayo. C’è anche un grande interesse nei confronti dell’architettura sostenibile, utilizzando materiali locali e tecniche tradizionali.
ARTE TRADIZIONALE
L’arte tradizionale costituisce per lo Zimbabwe un aspetto centrale dal punto di vista culturale.
Le principali forme d’arte includono scultura in pietra, lavorazione di metalli, tessuti, gioielli e lavori di intaglio. Si tratta di espressioni artistiche principalmente associate al popolo Shona e Ndebele, ma che riflettono anche influenze culturali diverse.
- La scultura in pietra è la forma d’arte tradizionale più conosciuta dello Zimbabwe e ha una lunga storia che risale a secoli fa. Gli artisti lavorano principalmente con pietre locali come la serpentina e la pietra di lepidolite, spesso chiamata “pietra del serpente”. Le sculture rappresentano figure umane, animali e spiriti ancestrali, legati alle credenze religiose e alle storie mitologiche Shona. Queste opere sono profondamente simboliche e riflettono la connessione con la natura e il mondo degli spiriti. Artisti moderni come Nicholas Mukomberanwa, Henry Munyaradzi e Bernard Matemera hanno dato vita a un movimento internazionale della scultura Shona nel XX secolo, mantenendo vive le tradizioni antiche ma introducendo anche nuovi stili e temi.
- L’arte dell’intaglio del legno viene utilizzata soprattutto per creare maschere rituali, strumenti musicali (come il mbira, uno strumento tradizionale a lamelle) e oggetti di uso quotidiano come utensili e mobili. Le maschere vengono indossate durante le cerimonie religiose e i riti di passaggio, e rappresentano antenati e figure in grado di proteggere la comunità.
- L’artigianato in metallo ha una lunga tradizione, soprattutto per quanto riguarda la creazione di strumenti, armi e ornamenti. Gli Shona erano noti per le loro abilità nella fusione del ferro e del rame. L’arte dei metalli viene utilizzata anche per creare gioielli, braccialetti e collane, spesso indossati durante cerimonie.
- I tessuti tradizionali vengono realizzati con materiali naturali come il cotone e sono caratterizzati dalla presenza di motivi geometrici.
- La lavorazione di cesti in fibre naturali, come il vimini o il sisal (fibra naturale ricavata dall’agave) costituisce un’altra forma d’arte, diffusa soprattutto tra le donne delle comunità rurali. I cesti vengono intrecciati con grande abilità e utilizzati per scopi pratici o decorativi, come in occasione di matrimoni.
- L’arte del popolo Ndebele è famosa per le decorazioni murali colorate. Le case Ndebele sono, infatti, spesso dipinte con vivaci motivi geometrici che hanno anche un valore simbolico legato alla cultura e alla vita quotidiana. Le donne Ndebele sono le principali artefici di queste decorazioni, che rappresentano un’espressione del loro status nella società e della loro creatività.
CINEMA
La storia del cinema nello Zimbabwe riflette le dinamiche politiche, sociali e culturali che il paese ha attraversato, dall’epoca coloniale fino all’indipendenza e ai periodi successivi.
Sebbene l’industria cinematografica zimbabwana non sia vasta, ha prodotto opere di grande significato, soprattutto per le modalità con cui ha affrontato temi come la lotta per l’indipendenza, le questioni di identità nazionale e le disuguaglianze sociali.
- Periodo coloniale: lo Zimbabwe era conosciuto come Rodesia del Sud e, come in molte altre colonie, l’industria cinematografica era dominata dalle narrazioni eurocentriche dei coloni bianchi.Molti film erano, infatti, prodotti con l’unico obiettivo di alimentare la propaganda circa la superiorità dei coloni europei. Le popolazioni indigene erano spesso rappresentate in maniera stereotipata, se non del tutto escluse dalle storie.
- Durante la guerra di liberazione (1964-1979): alcuni cineasti indipendenti e attivisti iniziarono a usare il cinema come strumento di resistenza. Negli anni Sessanta e Settanta vennero realizzati documentari che raccontavano la guerra di liberazione e le ingiustizie del regime coloniale. Questi film non erano prodotti all’interno del paese, ma venivano diffusi attraverso reti alternative.
- Post-indipendenza e nascita del cinema nazionale (1980-1990): con l’indipendenza raggiunta nel 1980, sotto la leadership di Robert Mugabe, si aprì una nuova era per il cinema zimbabwano. C’era un rinnovato interesse per raccontare finalmente le storie dal punto di vista africano, cercando di riscrivere le narrazioni coloniali precedenti. La fondazione del Servizio Nazionale di Film e Video (National Film and Video Trust – NFVT) cercò di promuovere lo sviluppo di una vera e propria industria cinematografica nazionale. Il governo incoraggiava la produzione di film locali che riflettessero le nuove identità post-coloniali e la lotta per l’indipendenza. “Neria” (1993) di Godwin Mawuru è uno dei film più celebri prodotti durante questo periodo. Questo film drammatico, con colonna sonora di Oliver Mtukudzi, racconta la storia di una donna che lotta per i suoi diritti dopo la morte del marito. “Flame” (1996) di Ingrid Sinclair racconta la storia di due donne combattenti durante la guerra di liberazione. È stato uno dei primi film del Paese a ottenere un riconoscimento internazionale e fu proiettato al Festival di Cannes.
- Il cinema zimbabwano nel XXI secolo ha affrontato nuove sfide e opportunità. L’industria ha subito un forte rallentamento a causa delle crisi economiche e politiche. Numerosi cineasti locali sono stati costretti a lasciare lo Zimbabwe o hanno avuto difficoltà a finanziare i propri progetti. Tuttavia, alcuni registi sono riusciti a emergere sulla scena internazionale. Al centro del loro interesse: temi politici e sociali. Il cinema contemporaneo zimbabwano si concentra infatti molto spesso su temi legati alla povertà, alla corruzione, alla crisi politica e alla diaspora. Alcuni registi indipendenti hanno usato il cinema per criticare il regime di Mugabe, nonostante i rischi di censura o persecuzione.
- Il primo cinema distrutto su Netflix è stato “Cook Off” (2017) di Tomas Brickhill. Si tratta di una commedia romantica ambientata in uno show di cucina televisivo.
LETTERATURA
- Durante il periodo coloniale, così come era accaduto per il cinema, la letteratura prodotta nello Zimbabwe era dominata da autori bianchi, spesso con una prospettiva coloniale. Tuttavia, in questa fase iniziarono a emergere alcuni importanti autori neri che misero in discussione il regime coloniale.
- Tra i primi a scrivere in lingua Shona, Solomon Mutswairo che, con il suo romanzo “Feso” (1956) trattò il tema della resistenza contro la dominazione coloniale e della ricerca dell’identità africana. Stanlake Samkange fu uno dei primi scrittori neri a scrivere in inglese esplorando la tematica della lotta per l’indipendenza attraverso la narrativa storica. Il suo romanzo “On Trial for My Country” (1966) riflette sui conflitti tra i capi tradizionali africani e i colonizzatori bianchi. A tutto ciò si accompagnava una tradizione di letteratura tramandate oralmente sia in poesia, sia in prosa.
- Con l’indipendenza nel 1980, gli scrittori zimbabwiani esplorarono il trauma della guerra di liberazione e le difficoltà del periodo post-indipendenza. Tra gli autori principali ci fu Dambudzo Marechera. Il suo romanzo più celebre, “The House of Hunger” (1978), è un’opera sperimentale e provocatoria che esplora la disillusione della gioventù urbana durante la guerra e le prime fasi dell’indipendenza. Marechera era noto per il suo stile ribelle e anticonformista. Charles Mungoshi scriveva sia in inglese, sia in shona. Il suo romanzo “Waiting for the Rain” (1975) trattava del conflitto intergenerazionale e della perdita di valori tradizionali. Chenjerai Hove fu un importante poeta e romanziere, Hove si distinse per la sua capacità di dare voce alle esperienze rurali e alla vita dei contadini.
- Negli anni successivi si è distinta Yvonne Vera, una delle voci più importanti della letteratura femminista zimbabwana, che ha esplorato con grande sensibilità le esperienze delle donne in contesti storici e sociali oppressivi attraverso romanzi come “Nehanda” (1993), “Butterfly Burning” (1998) e “The Stone Virgins” (2002), una delle sue opere più potenti, ambientata durante la guerra civile interna degli anni Ottanta. Tsitsi Dangarembga racconta in “Nervous Conditions” (1988), uno dei romanzi africani più acclamati, la storia di una ragazza che lotta per ricevere un’istruzione in un contesto patriarcale e coloniale. Il libro affronta temi come l’educazione, l’oppressione femminile e la tensione tra tradizione e modernità. “Nervous Conditions” è il primo di una trilogia, seguito da “The Book of Not” (2006) e “This Mournable Body” (2018), finalista al Booker Prize nel 2020.
- Nel XXI secolo, molti autori zimbabwiani hanno vissuto l’esilio a causa della crisi politica ed economica del paese sotto il regime di Robert Mugabe. La diaspora ha dato vita a una nuova ondata di scrittori che riflettono sulle esperienze della migrazione e sulla propria identità.
MUSICA
La musica dello Zimbabwe è una parte integrante della cultura del Paese ed è profondamente radicata nelle tradizioni storiche e nelle pratiche spirituali. Numerose però sono anche le influenze moderne e internazionali.
- La musica tradizionale è spesso utilizzata in cerimonie religiose, matrimoni, funerali e celebrazioni comunitarie. L’mbira è lo strumento tradizionale più iconico dello Zimbabwe. Conosciuto anche come “piano a dita” o “thumb piano”, l’mbira è uno strumento a lamelle che produce un suono caratteristico, ripetitivo e ipnotico. Lo strumento è strettamente legato alla cultura del popolo Shona e viene utilizzato in cerimonie religiose chiamate bira, dove la musica è usata per invocare gli spiriti ancestrali. Il tamburo ngoma è invece uno strumento essenziale nella musica tradizionale zimbabwana, usato sia dagli Shona che dai Ndebele. Viene suonato in vari contesti cerimoniali e comunitari, come matrimoni, funerali e riti di passaggio. Il ritmo del tamburo è importante per il ballo, che è strettamente legato alla musica tradizionale. Jiti è uno stile musicale tradizionale caratterizzato da ritmi veloci e balli energetici. È popolare nelle aree rurali dello Zimbabwe, soprattutto tra i contadini, e viene suonato durante feste e celebrazioni. Questo genere musicale utilizza tamburi e strumenti a fiato, creando un’atmosfera vivace e festosa.
- La musica contemporanea ha guadagnato popolarità su scala globale grazie ad artisti che hanno sapientemente fuso stili locali con generi moderni. Nel corso del XX secolo, la musica zimbabwana ha subito, infatti, numerose influenze esterne ed è stata plasmata dalla fusione tra tradizione e musica contemporanea come il jazz, il rock, il reggae e l’afrobeat. Tra i generi popolari emergenti vi sono: la sungura che è uno dei generi musicali più popolari dello Zimbabwe e ha radici nella rumba congolese e nella musica popolare dell’Africa orientale; il Chimurenga che è uno stile musicale creato dal leggendario Thomas Mapfumo, conosciuto anche come “The Lion of Zimbabwe”. Il termine “Chimurenga” significa “lotta” in Shona e si riferisce alla guerra di liberazione contro il dominio coloniale. La musica Chimurenga combina strumenti tradizionali come l’mbira con chitarre elettriche, basso e batteria, creando un suono unico che trasmette messaggi politici e sociali. C’è inoltre lo Zimdancehall che è una versione zimbabwana del reggae e del dancehall giamaicano. Artisti come Winky D, Soul Jah Love e Freeman HKD sono tra i più noti esponenti del genere. Zimdancehall affronta temi che vanno dalla vita quotidiana, alla povertà, alla politica. E’ diventato popolare tra i giovani delle aree urbane dello Zimbabwe.
- Negli anni 2000, lo Zimbabwe ha visto l’emergere del movimento musicale noto come Urban Grooves, che combina influenze internazionali come hip-hop, R&B, soul e reggae con elementi della musica tradizionale locale. Questo genere ha guadagnato popolarità tra i giovani e ha dato vita a una nuova generazione di artisti, tra cui Stunner, Roki e Ammara Brown.
- L’Afro-jazz zimbabwano è un genere che mescola jazz, funk, soul e musica tradizionale. Artisti come Oliver Mtukudzi, una delle figure più leggendarie della musica dello Zimbabwe, hanno portato l’Afro-jazz zimbabwano a una visibilità internazionale. Mtukudzi, noto affettuosamente come “Tuku”, ha utilizzato la sua musica per parlare di problemi sociali, con brani che toccano temi come l’HIV/AIDS, i diritti umani e l’unità sociale. Il suo stile, noto come Tuku Music, ha influenzato molte generazioni di musicisti.
Testo a cura di Paola Scaccabarozzi