Tra leggende salomoniche sulla Regina di Saba e ipotesi archeologiche che riportano al popolo Bantu degli Shona, le mitiche rovine di pietra della città di Great Zimbabwe, Patrimonio UNESCO dal 1986, rappresentano uno dei siti più antichi, imponenti, complessi e meglio conservati di tutta l’Africa Australe pre-coloniale, ma in parte ancora avvolti dal mistero.
E’ qui che sono state rinvenute le sculture votive in steatite del cosiddetto “Uccello di Zimbabwe”, raffiguranti un rapace dalle forme stilizzate che è diventato l’emblema dello stato moderno, eleggendo Great Zimbabwe al simbolo di identità culturale e culla delle origini di tutto il paese, che ha deciso quindi di ereditarne anche il nome.
Le radici della parola “zimbabwe” sono da rintracciare nella lingua shona e nei sui dialetti, legate al significato di “casa di pietra” o “casa sacra”, entrambe pertinenti a quella che fu una città interamente edificata in pietra granitica, senza leganti, e ad alcuni dei suoi edifici principali adibiti a corte reale e santuari religiosi.
All’arrivo dei portoghesi nel tardo XV secolo, Great Zimbabwe era già stata misteriosamente abbondonata, mentre le sue origini vengono oggi fatte risalire al XI secolo, in una zona già abitata precedentemente da piccole tribù locali.
Inizialmente la politica coloniale inglese aveva tutto l’interesse a non riconoscere un simile capolavoro architettonico come frutto del genio africano, perpetuando un’antica ipotesi/leggenda dei primi archeologi, esploratori e studiosi europei, che vollero intravedere nelle rovine di Great Zimbabwe un’origine biblica dal tempio salomonico.
Se affascinante è quindi la storia, in parte misteriosa, di questo vasto complesso di pietra e le congetture che nacquero attorno alle sue origini, innegabile è la raffinatezza delle sue architetture e la complessità della sua realizzazione che ne fanno un unicum in tutta l’Africa, emblematico di una cultura africana, bantu, di epoca medievale.
La sua importanza quale snodo commerciale strategico è testimoniata dai numerosi ritrovamenti di monete arabe, ceramiche e porcellane orientali, e oro che veniva estratto dalle miniere della zona, ed era la materia prima commercializzata e scambiata.
Oggi il sito, esteso su 80 ettari è interamente visitabile nelle sue tre zone principali, la parte considerata sacra e dove era la corte reale, sulla sommità della collina rocciosa, la parte dei contrafforti della cinta muraria, eretta nel XIV secolo, con le abitazioni all’interno, infine la parte nella vallata che comprende architetture sparse, edificate posteriormente, nel XIX secolo, con una tecnica simile alla città antica, da popolazioni locali successive che continuarono ad investire Great Zimbabwe di sacralità e utilizzarla nell’ambito di ritualità ancestrali.
Le imponenti mura interamente edificate in granito intagliato e la torre a forma di cono, perfettamente regolare e che svetta a 20 metri di altezza, sono oggi i capolavori principali e splendidamente conservati, nella complessità architettonica della città, e testimoniano dell’elaborata concezione di questa centro, che probabilmente ospitò al suo interno fino a 18.000 abitanti, nel momento dell’apice del suo splendore.
Great Zimbabwe, svetta con le sue ciclopiche rovine a 1100 metri di altitudine, non lontana dalla città di Masvigo, ed è oggi considerata monumento nazionale, grandiosa testimonianza dell’alto livello di civiltà che raggiunsero le popolazioni Shona, e sul quale tutto lo Zimbabwe, oggi, simbolicamente si identifica.